Gesellschaft | Intercultura

La cooperativa che parla 54 lingue

Savera in urdu significa aurora: ecco la realtà che festeggia i 10 anni di mediazione interculturale in Alto Adige. Gaye: siamo un ponte con il mondo. Tutti gli incontri.
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Foto: Savera

salto.bz: Mamadou Gaye, vicepresidente di Savera, la cooperativa attiva nella mediazione interculturale a Bolzano che quest’anno compie 10 anni. Com’è nata quest’esperienza che fin da subito ha messo a contatto le culture?

Mamadou Gaye: Savera è nata nell’estate del 2009, ma è importante ricordare che la cooperativa proviene dall’esperienza dell’associazione Porte Aperte, fondata nel 2001. A sua volta un’esperienza che ha riunito assieme i mediatori interculturali qualificati. Abbiamo voluto continuare il lavoro iniziato da Porte Aperte perfezionandolo e sviluppandolo di più. Con chi ha creduto a questa sfida abbiamo fondato la cooperativa che ha come mission favorire i processi di integrazione degli immigrati attraverso la conoscenza reciproca.

In poche parole, a cosa serve la mediazione interculturale?

Semplice, è lo strumento migliore per favorire un legame più intenso tra la popolazione locale e i cittadini stranieri nel territorio della provincia di Bolzano.

 


Il vostro lavoro avviene in tantissime lingue, è vero?

Allo stato attuale abbiamo 54 lingue, nelle quali possiamo offrire il servizio di mediazione interculturale. Si va dall’arabo al wolof che si parla in Senegal, se andiamo in ordine alfabetico. Gli idiomi sono tanti: abbiamo inglese, le lingue europee, gli idiomi dell’area balcanica, ad esempio sloveno, serbo-croato, albanese, e quelle dell’Europa orientale, armeno, ceco, ungherese, georgiano, russo. Ancora, ci sono tantissime lingue africane e quelle le asiatiche, vedi bangla, cinese, filippino. Insomma, si tratta di una grande rappresentanza del mondo.

Di quante persone è fatta Savera?

È composta da dieci soci fisici più uno giuridico che è l’associazione Porte Aperte, di cui sono presidente. Sono sette donne e tre uomini e in tutto abbiamo 115 collaboratori, tra dipendenti, collaboratori con contratti a progetto e con contratti occasionali.

E il bacino di utenti, quanto è grande?

Non abbiamo il numero esatto degli studenti, ma il dato interessante è che dal 2013 siamo l’unica cooperativa che fornisce il servizio di mediazione interculturale nelle scuole di ogni ordine e grado della provincia di Bolzano. Di lingua italiana, tedesca e ladina.

Siete attivi in tutte le scuole dell’Alto Adige.

Esatto. Noi siamo presenti ovunque, dalla val Pusteria alla val Venosta, passando per Bolzano e la Bassa Atesina. È un servizio che la Provincia mette a bando e la nostra esperienza è nata nel 2001, proprio partendo dalla scuola ancora con l’associazione Porte aperte. La mediazione è insomma il nostro “core business”. Ciò però non vuol dire che non lavoriamo anche negli altri ambiti della mediazione interculturale, come il sociale, la formazione, l’ambito giuridico.

Come si attua la mediazione quando un alunno proveniente dall’estero arriva in una delle classi altoatesine?

In ambito scolastico lavoriamo sia per inserire i bambini alunni stranieri nel tessuto scolastico che per accompagnare le famiglie straniere, in modo che possano interagire con il mondo scolastico. Allo stesso tempo facciamo formazione per il corpo docente, in modo che gli insegnanti possano acquisire elementi per seguire meglio gli scolari stranieri a scuola. Faccio un esempio: per un insegnante diventa interessante ricostruire il background scolastico dell’alunno nel Paese d’origine e questo avviene esclusivamente con il supporto di un mediatore culturale. Un operatore che conosce sia il sistema di accoglienza di destinazione, quindi della provincia di Bolzano, ma anche quello di provenienza dell’alunno, oltre che la lingua o alle lingue locali. Il mediatore diventa un ponte tra i due mondi.

Lei conosce bene sia l’Alto Adige che il lavoro di mediatore. Che esperienza ha?

Io vengo dal Senegal e vivo in Alto Adige da poco meno di trent’anni. Sono finito in questo settore perché negli anni Novanta facevo in modo informale il lavoro di mediatore culturale. Conoscendo il francese, l’inglese, l’italiano e la mia madrelingua ho potuto dedicarmi da subito al mondo dell’associazionismo e in più ho fatto anche del volontariato a livello locale con realtà che si occupano di immigrazione. Nel 2000 ho svolto il corso di formazione professionale per mediatori culturali, durato un anno e organizzato dalla Provincia di Bolzano. Successivamente abbiamo fondato Porte Aperte, di cui sono presidente. Il mio percorso quindi mi ha portato a dedicarmi sempre di più in questo ambito. Sono più di venti anni che faccio questo lavoro. E nella cooperativa mi occupo principalmente di amministrazione e progettazione.

Lei ha uno sguardo su tutte le attività e i progetti della cooperativa: che sono tanti, giusto?

Oltre al nostro lavoro a scuola la cooperativa si occupa del settore socio-sanitario, con la mediazione per i distretti sociali, le comunità comprensoriali, gli SPRAR, i consultori familiari in Alto Adige. Praticamente nell’ambito della formazione e dell’orientamento a lavoro aiutiamo i cittadini stranieri a potersi inserire nel mondo del lavoro e a professionalizzarsi meglio. Facciamo formazione anche al personale delle aziende per acquisire le competenze interculturali, che permette ai dipendenti di interagire in modo proficuo con i colleghi che hanno un background migratorio. Lavoriamo anche nella formazione per gli adulti, in collaborazione con l’Ufficio educazione permanente della Ripartizione cultura tedesca, e in più facciamo consulenze ai cittadini, ad esempio sul soggiorno in Italia o a Bolzano o su come regolarizzare un cittadino straniero. Siamo anche un punto di riferimento per chi viene dall’estero e facciamo coaching attraverso i nostri collaboratori. A volte ci sono situazioni difficili, lavorando con i richiedenti protezione internazionale, ci sono casi che richiedono accompagnamento e supervisione ai nostri collaboratori. Infine a Savera abbiamo un centro di documentazione culturale dotato di libri e dvd.

Cosa significa il nome Savera?

È una parola urdu che significa aurora, alba. Indica un buon auspicio, la freschezza del mattino.

I dieci anni portano qualche riflessione sul presente e le prossime sfide?

Abbiamo pensato di fare una serie di eventi per i dieci anni sul territorio. “Le giornate dell’intercultura” cominciano martedì 19 novembre con una mattinata presso il centro Trevi nella quale si offrirà una riflessione incentrata sul mondo della scuola. “Parole per imparare, mediazione culturale a scuola” è il titolo dell’incontro nel quale faremo un excursus storico sulla mediazione a Bolzano e poi presenteremo Savera con la nostra presidente Beatrice Tedeschi. In più abbiamo invitato un esperto che lavora nelle zone di conflitto, Davide Berruti di Intersos di Roma, che ci possa aiutare a capire meglio com’è cambiata la situazione in tanti Paesi di origine e cosa comporta per gli alunni stranieri che si trovano oggi nelle scuole altoatesine. Va considerato infatti che l’utenza di vent’anni, trent’anni fa non è più quella di adesso. Chi lavora a scuola ha bisogno di elementi che lo possano mettere in sintonia con i suoi alunni con background migratorio.

Le tre “Giornate dell’intercultura” hanno un’agenda ricca di appuntamenti. Quali sono gli altri incontri?

Sempre per il 19 novembre abbiamo invitato le intendenze scolastiche di tutte e tre le lingue, tedesco, italiano e ladino, per parlare di mediazione a scuola. Inoltre, un’insegnante della scuola primaria Gandhi di Laives parlerà delle best practice del loro istituto. Mentre il 20 per l’evento presso la sala di rappresentanza del Comune abbiamo scelto il titolo “Parole per ascoltare”. Ci saranno dialoghi sui linguaggi con esperti a livello nazionale, in collaborazione con la fondazione Alexander Langer. L’ultimo giorno, giovedì 21, in collaborazione con la Biblioteca culture nel mondo, c’è “Parole tra mondi”: Ndeye Fatou Faye, italiana di origini senegalesi, parlerà del suo libro, “Allergica al pesce. Hakuna matata”. Poi ci sarà un tavolo di discussione sui poveri dimenticati nel mondo e le generazioni dell’immigrazione.

Come cambia la mediazione in base agli ultimi sviluppi sociali dei flussi tra i Paesi?

Se una volta, vent’anni fa, si limitava all’aspetto linguistico oggi coniuga diversi aspetti. L’aspetto interculturale rimarrà per sempre, ma occorre sempre più rilevare i bisogni dell’utenza straniera, ma anche il fabbisogno degli operatori dei servizi coinvolti sul territorio e poi questo va trasformato in una progettazione che avrà anche una lunga durata. Non ci si limita all’una o due ore di mediazione, ma necessita di una supervisione, in ambito anche sociale, sanitario, lavorativo e formativo. Perché tante persone continuano a pensare che la mediazione sia solo traduzione, ma non è così.

 

Anche perché il mondo è sempre più interconnesso.

È così. I nostri mediatori sono in formazione e aggiornamento continuo. Se non ti aggiorni finisce che perdi alcuni pezzi riguardo soprattutto ai Paesi di origine. Il mondo scolastico che io ho lasciato in Senegal non è più così, è cambiato. Se non mi informo finisce che non riesco più a fare la connessione con il background scolastico e culturale delle persone che arrivano adesso. Le cose cambiano anche nei Paesi del sud del mondo, e velocemente.