Politik | La memoria

Giù la maschera!

Come nella commedia dell'arte. In scena un quarto di secolo di approcci tra la Lega Nord e il mondo politico sudtirolese.

Per il piccolo universo politico altoatesino è l'argomento del giorno. Dopo la trionfale visita a Bolzano del leader leghista Salvini, dopo che le cronache hanno svelato i suoi contatti con il mondo politico sudtirolese, dai Freihetlichen al sempreverde Durnwalder, in molti si chiedono quale sia la partita che gli indipendentisti padani stanno giocando in vista delle comunali di primavera e forse anche di traguardi più lontani e ambiziosi. Considerato che il tutto è avvolto ancora da un alone di mistero, la risposta non è facile, ma forse può aiutare uno sguardo al passato.

Per capire questa storia, infatti, può essere di una certa utilità il paragone con la commedia dell'arte, quella imperante sui palcoscenici italiani prima della rivoluzione di Carlo Goldoni. Cambiavano i titoli e le trame delle commedie ma a recitare erano sempre le stesse maschere.

Alziamo dunque il sipario, articolando la nostra storia con alcune date particolarmente significative.

15 settembre 1991

In una luminosa domenica di fine estate, sui prati che, in territorio austriaco, sovrastano il passo del Brennero, si raccolgono le falangi di coloro che sognano di abbatterlo definitivamente, quel confine. Il raduno, dal chiaro carattere secessionista, non è stato indetto però dai tradizionali personaggi che agitano da sempre l'irredentismo sudtirolese, ma da un personaggio Christian Waldner, che si fregia all'epoca di ricoprire la carica di leader del movimento giovanile della Suedtiroler Volkspartei. È lui ad aver messo in serio imbarazzo i vertici del partito, impegnati nella difficile trattativa con Roma per la definizione delle ultime norme necessarie per la chiusura del "Pacchetto", chiamando a manifestare tutte le anime di un indipendentismo che, al di qua e al di là del Brennero, è spesso venato di pangermanesimo. Messi con le spalle al muro i vertici della Stella Alpina non possono che abbozzare. Al Brennero va solo il neo-presidente della giunta provinciale Luis Durnwalder che invita alla moderazione e viene sonoramente fischiato. Non dimenticherà e non perdonerà. Sui prati, quel giorno, assieme a tirolesi e bavaresi ci sono anche parecchi esponenti arrivati da sud. Sono gli attivisti della Lega Nord che ai giornalisti, tra un insulto all'altro, rivelano di esser venuti per conoscere un'altra realtà indipendentista, per capire, per impostare il progetto di un'alleanza. Rappresentanti anch'essi di una realtà politica appena nata (la Lega Nord viene fondata il 4 dicembre del 1989 con la fusione di sei partiti autonomisti del centro-Nord Italia) gli attivisti sventolano le loro bandiere con la croce rossa in campo bianco e la figura di Alberto da Giussano e promettono battaglia al fianco dei sudtirolesi contro Roma ladrona.

In realtà, a voler essere pignoli, i contatti tra il secessionismo in salsa altoatesina e quello che matura più a sud sono ancora più antichi. La "pasionaria" sudtirolese Eva Klotz è ospite fissa, già da tempo, alle iniziative politiche di movimenti come la "Liga Veneta" che confluiranno poi nel partito guidato da Umberto Bossi. Il convegno del Brennero ha però un'importanza speciale perché costituisce il primo palcoscenico su cui fanno la comparsa alcuni dei nostri protagonisti.

21 novembre  1993

Si vota per le provinciali. Da raduno del Brennero sono passati poco più di due anni ma moltissime cose sono cambiate. Il giovane Christian Waldner, ad esempio, ha capito che dopo quella iniziativa per lui, nella Suedtiroler Volkspartei, non ci sarebbe stato più spazio ed ha lasciato movimento giovanile e partito. Il 7 dicembre del 1992 i giornalisti salgono numerosi a Castel Guncina , sulla collina che sovrasta Bolzano, dove, nelle sale dell'albergo di proprietà della famiglia Waldner, viene presentato il nuovo partito fondato dal dinamico Christian. Si chiama "Die Freiheitlichen" come quello che, nella vicina Austria, sta raccogliendo una messe crescente di consensi. Alla conferenza stampa è presente anche il leader dei liberal nazionali austriaci Joerg Haider, stella sorgente nell'universo del radicalismo di destra europeo.

Con il suo nuovo partito, nel quale sono confluiti anche diversi altri esponenti della destra sudtirolese, Waldner fa subito il botto. Alle elezioni conquista ben due seggi, uno per lui e l'altro per l'ex comandante degli Schuetzen Pius Leitner. Quelle del novembre 1993 sono però anche le elezioni nelle quali esplode il fenomeno Lega Nord. Bolzano anticipa in un certo senso la svolta che nel resto del paese arriverà con le politiche della primavera 1994, il primo trionfo dell'era Berlusconi, e consegna alla Lega un risultato di tutto rispetto: quasi diecimila voti ed un seggio che va ad un ex ufficiale dei carabinieri di origine ligure ma residente a Merano, Umberto Montefiori. I leghisti sono il fenomeno politico del momento  e  il loro secessionismo ruspante è oggetto di particolare interesse in Alto Adige. Non è un caso ad esempio che il primo libro che racconta la nascita e i primi passi del movimento di Umberto Bossi venga pubblicato a Bolzano e sia scritto dal giornalista altoatesino Toni Visentini.

 

17 febbraio 1997

I giornalisti tornano a Castel Guncina, ma, a salire precipitosamente sulla collina che sovrasta Bolzano non sono questa volta gli specialisti della politica ma i cronisti di nera. Nell'albergo deserto è stato trovato il corpo di Christian Waldner assassinato colpi di fucile. Dopo alcuni giorni di frenetiche indagini viene arrestato un amico e collaboratore del consigliere provinciale, Peter Paul Rainer. Un'inchiesta sfociata con estrema rapidità in un processo di corte d'assise, stabilirà che a uccidere è stato lui per ragioni personali. Ogni movente politico viene escluso, ma c'è chi di queste conclusioni non si è mai accontentato. Sia come sia, la tragica morte di Waldner blocca un'operazione già quasi conclusa. Negli stessi giorni in cui viene ucciso il consigliere provinciale, che era stato espulso per gravissime divergenze dai Freiheitlichen e che avevo fondato un suo movimento politico, doveva incontrarsi con i vertici nazionali della Lega Nord per ufficializzare il suo passaggio sotto le bandiere del partito di Umberto Bossi. C'è chi sostiene anche che in quel periodo Waldner fosse uno degli elementi di collegamento di maggior importanza tra i leghisti italiani e il partito austriaco di Haider, avviato, dal canto suo, a conquistare l'ingresso nel governo di Vienna.

Con la morte di Waldner l'operazione sfuma e per la Lega Nord, a Bolzano, inizia una fase di totale ripiegamento. Nel 1998, alle provinciali, mentre i Freihetlichen mantengono le loro posizioni sotto la guida di Pius Leitner, la Lega precipita in basso. Poco più di duemila voti e nessun seggio. La stessa cosa, con un esito ancor peggiore succede alle elezioni successive, nel 2003. Perché qualcosa cominci a muoversi, sul nostro palcoscenico, occorre attendere l'estate del 2008.

19 agosto 2008

E' un'altra giornata di fine estate ma questa volta il sipario si apre sul paesino di Falzes, in val Pusteria, dove il presidente della provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder ha la sua residenza estiva. L'uomo che non conosce il significato della parola "vacanza" approfitta regolarmente di questi soggiorni per tutta una serie di incontri e colloqui. Invita o va a visitare i politici italiani ed esteri che passano le loro vacanze nelle Dolomiti, accoglie ogni anno poco prima di Ferragosto i giornalisti, tiene i contatti con gli amministratori locali e con i suoi elettori. Quella giornata è dedicata alla Lega Nord. A Falzes arrivano Roberto Calderoli, allora ministro per la semplificazione normativa del governo Berlusconi. Con lui il leader leghista trentino Sergio Divina. Ad accoglierli, con Durnwalder, i deputati SVP Zeller e Brugger e la senatrice Thaler Ausserhofer. Ai giornalisti diranno poi di aver parlato di federalismo e di autonomia e la cosa pare a tutti ragionevole. Solo qualche settimana più tardi, nel pieno della campagna elettorale per le provinciali d'autunno, ci si domanderà se sia mai possibile che i leghisti non abbiano nemmeno fatto cenno al loro amico presidente dei grandi progetti che hanno in vista di quelle consultazioni.

In effetti, a qualche settimana dal voto, le conferenze stampa convocate dalla lega nella micro-sede di piazza Verdi a Bolzano si rivelano un fuoco d'artificio di sorprese. La vecchia guardia di esponenti locali viene messa temporaneamente in soffitta e inizia una campagna acquisti che ricorda quelle di certi presidenti del calcio scatenati alla ricerca di qualche oriundo per conquistare in fretta la promozione. I due nomi di maggior rilievo che passano sotto la bandiera leghista arrivano ambedue dalle file della Suedtiroler Volkspartei. C'è Elena Artioli, dinamica rampolla di una notissima famiglia mistilingue di imprenditori bolzanini, già eletta, per la Stella Alpina, in consiglio comunale a Bolzano. Qui ha dato prova di grande vivacità, ma la diffidenza verso di lei negli ambienti del partito l'ha convinta di non avere speranze di una rapida carriera politica. Lo stesso vale per l'altro "big" conquistato al credo leghista: Roland Atz, storico esponente della SVP bolzanina, ex assessore comunale, poi passato in provincia e in regione, messo ai margini dal partito per alcune vicende poco commendevoli. Al duo Artioli-Atz si aggiungono altri esponenti del centrodestra italiano conquistati dalla proposta di un partito che promette di rinverdire le glorie di uno schieramento ormai squassato, nelle sue componenti tradizionali, da rivalità fratricide.

Alle elezioni non tutto funziona come dovrebbe. I voti arrivano ma non bastano per conquistare il secondo seggio. Per una manciata di preferenze, poco più di duecento, la spunta Elena Artioli. Atz, infuriato, sbatte la porta e se ne va. Inizia così la seconda stagione leghista in consiglio provinciale. Artioli si muove con dinamismo e spregiudicatezza, si scontra con i colleghi di Trento ma mantiene con i vertici milanesi del partito rapporti talmente buoni da consentirle, a fine legislatura un'operazione che probabilmente a nessun altro sarebbe stata permessa. A qualche mese dal voto rinuncia al color "verde Padania" per indossare il giallo della sua nuova formazione politica personale, il "Team Artioli". Nonostante questo la lega la sostiene al momento del voto e nel mucchio finiscono anche i voti di Forza Italia in base ad un accordo stipulato con la deputata Michaela Biancofiore nell'imminenza della consultazione. Con queste premesse la rielezione per Elena Artioli non è difficile e, a cose fatte, come da facile previsione, la consigliera si libera d'un botto della tutela leghista e dell'intesa con gli azzurri rimanendo totale padrona del suo spazio politico.

 

Con questi sviluppi siamo arrivati quasi ai giorni nostri. Non resta che ricordare l'affermazione della Lega Nord alle comunali bolzanine del maggio scorso. Il fenomeno che si verifica paragonabile a quello del 1993, ma questa volta spingere in alto i leghisti è il traino costituito dal nuovo leader,Salvini, con una campagna impostata tutta sul tema della sicurezza individuale minacciata dall'immigrazione. A Bolzano la Lega si presenta come l'unica formazione organica, avente saldi collegamenti a livello nazionale, in un centrodestra ancora diviso tra suggestioni nazionaliste e rivalità personali, l'unico partito, tra l'altro, a poter fornire ai possibili alleati sudtirolesi salde credenziali autonomistiche.

Il resto è cronaca di ieri. La visita di Salvini, la chiacchierata con Durnwalder, la pronta esternazionedi Elena Artioli che, dopo aver portato in dote i suoi voti alla civica messa in piedi per sostenere, a maggio, la ricandidatura Spagnolli, fa sapere adesso che alle prossime elezioni si presenterà in autonomia con una lista che non la vedrà candidata ma che porterà sicuramente il suo nome. Nel frattempo molte cose si muovono nel recinto politico sudtirolese. Nella SVP c'è chi reclama la presentazione di liste diverse, civiche magari o di quartiere, e qualcuno si azzarda perfino a pensarle interetniche. Nel gioco entrano anche i partiti della destra e riecco comparire i Freihetlichen di Pius Leitner e la Bürgerunion di Andreas Pöder. Torna persino a galla il nome di Roland Atz.

Questa situazione, dunque. Che conclusioni trarre da tutto quanto abbiamo ricordato? È possibile immaginare che una serie di liste di partito o civiche, dalla lega nord alla Suedtiroler Volkspartei, passando per la destra sudtirolese, possa essere unita nel progetto di governare i capoluogo altoatesino con un sindaco di nome Luis Durnwalder? È possibile pensare che un uomo che per un quarto di secolo ha guidato con pieni poteri la provincia possa farsi attrarre dall'ipotesi rischiosa di un ritorno in campo dalla prospettiva di restituire ai sudtirolesi la guida del capoluogo, a novant'anni dalla cacciata, per mano fascista, di Jiulius Perathoner? In un progetto del genere potrebbe trovar posto anche una Elena Artioli che ha già salutato con calore l'ipotesi di una candidatura Durnwalder e che in fondo con i soci di maggioranza di una simile compagnia ha già una notevole consuetudine?

Fantapolitica, si dirà. È probabile, ma per saperlo basterà aspettare qualche settimana. A gennaio, quando il consiglio regionale avrà sciolto gli ultimi dubbi sulla formula elettorale con la quale si andrà a votare, tutti dovranno scoprire le carte e annunciare i loro progetti. Anche i nostri attori dovranno calare sul volto la maschera e dare inizio ad una nuova commedia.