Umwelt | Intervista

Messico e Alto Adige assieme

Velio Coviello racconta Earflow, il progetto scientifico con il Centroamerica: “Studiamo i sistemi di allerta per le colate detritiche. Lo scopo è salvare vite umane”.
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vulcano Colima
Foto: Velio Coviello

salto.bz: Velio Coviello, ricercatore della facoltà di scienze e tecnologie della Libera Università di Bolzano, cos’è il progetto Earflow che ha portato l’università altoatesina a collaborare con i colleghi del Messico?

Velio Coviello: Si tratta di un progetto bilaterale, di cooperazione scientifica, finanziato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione Internazionale e dal suo equivalente messicano, l’Agencia mexicana de cooperación internacional para el desarrollo. Lo abbiamo scritto assieme ai ricercatori del Centro de geociencias dell’Unam-Universidad nacional autónoma de México focalizzandoci su tematiche inerenti al rischio idrogeologico, sia in Alto Adige che in alcune regioni del Messico.

 

Sono territori molto diversi e separati dall’oceano atlantico, eppure hanno punti in comune?

È così. Noi lavoriamo soprattutto nelle aree montane della provincia di Bolzano, la val Venosta e la val Pusteria, mentre i colleghi messicani si dedicano allo studio dei vulcani attivi del loro Paese, dove avvengono processi analoghi. Parliamo dei due vulcani più attivi del Messico, il Colima, vicino alla costa pacifica, e il Popocatépetl, che essendo situato nei dintorni di Città del Messico rappresenta un potenziale pericolo molto rilevane per la popolazione.

 

Nel dettaglio su cosa si concentra il progetto?

Sullo sviluppo di sistemi di monitoraggio a scopo di allertamento della popolazione nel caso di colate detritiche, o lahar come si chiamano in ambiente vulcanico. Queste ultime, come abbiamo visto nella situazione di maltempo dell’autunno scorso in Trentino Alto Adige, sono un fenomeno diffuso nelle Alpi, ma anche nelle catene montuose in generale. Costituiscono un livello intermedio tra una frana e una piena fluviale: in pratica sono flussi veloci di sedimenti, contenenti anche blocchi, misti ad acqua, che si propagano con effetti distruttivi a valle. Un potenziale pericolo per le popolazioni residenti in montagna ma anche per le vie di trasporto.

 

 

Si tratta di un argomento di cui abbiamo parlato nel blog di salto con l’intervista a Francesco Comiti, anche lui parte del progetto Earflow. A che punto siete per quanto riguarda lo stato di avanzamento?

Siamo circa a metà. Abbiamo concluso il primo anno e siamo entrati nel secondo. L’anno scorso siamo stati in Messico e i colleghi messicani sono venuti qui in Alto Adige. Hanno lavorato con noi nel sito Gadria, sopra Lasa, in Venosta, che è un bacino attrezzato dalla Provincia di Bolzano per il monitoraggio delle colate detritiche. È dotato di videocamere, sensori sismici, sensori di livello, per misurare l’altezza del flusso nel canale, pluviometri per la pioggia.

 

Avete già raggiunto dei risultati di interesse?

Sì, con il progetto Earflow stiamo sviluppando dei metodi, basati sull’utilizzo del dato sismico, per rilevare automaticamente l’arrivo di una colata detritica e generare un’allerta. Abbiamo verificato quanto questo sia di grande interesse in contesti geografici e sociali molto diversi, come quelli di una vallata alpina o di una comunità locale insediata alle pendici di un vulcano. Utilizziamo sensori sismici in miniatura, detti geofoni, installati vicino al canale in esame. Questi sensori hanno dimostrato di essere in grado di rilevare le vibrazioni prodotto dalle colate detritiche, e dunque il movimento di masse di materiale, in modo molto efficace. Il vantaggio è il rilevamento a distanza, anche di centinaia di metri dal lungo da proteggere a valle.

 

Dal sensore come si passa all’allerta?

L’obiettivo è sviluppare algoritmi, e in parte l’abbiamo fatto, per generare allerte automatiche in caso di necessità. Stiamo testando questi algoritmi nel bacino del Gadria che rappresenta un sorta di laboratorio a cielo aperto per la nostra università. Il sistema è adatto per essere impiegato sia in canali piccoli che nei canali grandi come quelli larghi chilometri che scendono dai vulcani, come il Colima in Messico.

 

La finalità quindi è proteggere le popolazioni?

Certamente. La caratteristica più originale del progetto Earflow è che mette assieme ambienti diversi accomunati dal rischio idrogeologico rilevante, che può avere un impatto sulle comunità locali, montane e spesso isolate. Le aree vulcaniche messicane ad esempio vedono insediamenti rurali talvolta remoti. La protezione delle popolazioni che risiedono nelle zone a rischio è lo scopo del progetto, ma anche quella delle infrastrutture di trasporto e di chi le percorre.

 

 

Si può pensare di chiudere strade e ferrovie in tempo in situazioni di pericolo?

Certamente sì. Se si dà un collegamento del sistema di allerta ad esempio ad un semaforo, si potrebbe chiudere la strada esposta al rischio di colata detritica in tempo, in maniera automatica.

 

Dunque lo studio delle colate detritiche e di tutto quello che ne consegue non è solo una questione di sapere scientifico, è anche un’attività con un impatto positivo sulla vita delle persone?

Sì. Proprio per favorire la collaborazione fra i ricercatori tutti i portatori di interesse stiamo organizzando un evento pubblico qui in università per ottobre. Il workshop “Early warning systems for debris flows: state of the art and challenges” sarà l’occasione per fare il punto, con esperti ed amministratori locali, su metodi e strumenti per monitoraggio e l’allertamento delle colate detritiche. Saranno discussi aspetti scientifici, gestionali e pratici, per promuovere la definizione di procedure standardizzate su scala alpina.

 

Come si articola il programma?

La prima giornata, in italiano, sarà dedicata alla discussione dello stato dell’arte sul monitoraggio delle colate e delle opportunità e difficoltà nell’applicazione di sistemi di allerta con amministratori e comunità locali. La seconda giornata, in inglese, sarà dedicata ad andare nel dettaglio dei metodi scientifici usati per la caratterizzazione dei processi, sempre a scopo di prevenzione. Per l’ultimo giorno è programmata una escursione proprio al Gadria, il bacino attrezzato per lo studio delle colate detritiche di cui parlavo prima.