Gesellschaft | Plurilinguismo

Più pragmatismo e meno ideologia

Un tema delicato e pieno di implicazioni politiche: la conoscenza delle lingue. Alcune riflessioni.
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Foto: Cgil-Agb

In una recente riunione promossa dal Wirtschaftsring con il sindacato il tema all‘ordine del giorno era proprio il rischio da parte delle imprese di perdere in competitività per l’involuzione nell’apprendimento della seconda lingua nella scuola e le difficoltà a trovare personale veramente bilingue.

A detta delle associazioni imprenditoriali parlare e scrivere correttamente nelle due lingue è un patrimonio sempre più raro tra i nostri giovani.

La stessa Camera di Commercio ha lanciato l’allarme nella recente conferenza stampa dedicata anche a questo argomento. Quello che finora sembrava un tema di una parte, sostenuto soprattutto dalle forze politiche e sociali progressiste, che sostengono da tempo un’apertura che dia ai genitori la possibilità di scegliere tra vari modelli di insegnamento, quello tradizionale e quello bi- o plurilingue, entra forse in una fase nuova. Di fronte ad un’economia sempre più interconnessa, la conoscenza delle lingue diventa infatti un fattore competitivo per le aziende e un’opportunità aggiuntiva per il singolo lavoratore o professionista nella propria attività. Anche se oggi non è indispensabile per trovare lavoro a livello locale esso apre comunque nuove opportunità per migliorare il proprio orizzonte professionale.

Ovviamente nessuno nega la necessità di salvaguardare la lingua madre. Essa è un fattore determinante per conservare l’identità, la cultura e la tradizione di un popolo. Questo vale ancora di più per una minoranza etnica come la nostra. Ma siamo anche di fronte a un mondo in cui le frontiere diventano sempre più permeabili e in cui, grazie alle nuove tecnologie, a partire dal sistema moderno dei trasporti, che sposta milioni di persone da una parte all’altra del mondo, a quello della comunicazione e ultimamente dalle opportunità fornite dalla digitalizzazione per cui certi dogmi rischiano di diventare un freno allo sviluppo per una comunità come la nostra. Credo che dobbiamo aprire un confronto con la politica, partendo dalla realtà cambiata che ci circonda ed affrontare la questione in maniera pragmatica cercando la necessaria sintesi tra salvaguardia dell’identità di una minoranza etnica e la necessità di confrontarsi con un mondo in rapido cambiamento che non permette più alcune chiusure.

Di fronte alle richieste delle parti sociali sarebbe opportuno aprire un confronto pragmatico e senza chiusure ideologiche tra tutti gli interessati, politica, scienza, mondo della scuola, cittadini e parti sociali. Il tema va riportato in un contesto più scientifico che non politico. A tal proposito vanno coinvolti esperti pedagogici per elaborare assieme al mondo della scuola uno o più progetti che tengano conto delle varie fasi di sviluppo dei bambini e dei giovani, implementando modi e forme di insegnamento delle lingue adatte al loro sviluppo intellettivo. Le conoscenze pedagogiche più avanzate in materia devono interagire con il mondo della scuola, che è deputata a metterle in pratica. Il mondo del lavoro e l’economia devono invece indicare le necessità oggi in campo, mentre la politica a sua volta deve formulare le proprie opinioni in materia di tutela dei singoli gruppi etnici residenti in questa terra. Se affrontiamo il tema senza le paure del passato, - ricordiamo che durante il fascismo la lingua tedesca era proibita in nome di un’italianizzazione forzata con l’idea di cancellare così l’identità dei cittadini tedeschi di questa terra – che per i nostri nonni e genitori erano certamente giustificate, possiamo fare quei passi in avanti richiesti da sempre più parti. Va infine garantita la possibilità di scelta ai genitori, che sono comunque chiamati ad affrontare le nuove esigenze dell’economia globale e gli interessi dei loro figli in un mercato del lavoro in sempre più rapida evoluzione.