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Gesellschaft | Maltrattamenti

Metamorfosi al Sud

Il voto di marzo non ha riaperto la questione meridionale, ci ha fatto solo capire che la vera questione (sia al Sud sia al Nord) è quella della qualità del lavoro.

Tra le tante fesserie che sono state dette dopo l'esito del voto del 4 marzo, quella più disturbante è costituita dall'assunto che si sia “riaperta” la frattura tra Nord e Sud del Paese. La Lega ha vinto al Nord e il M5S ha vinto al Sud, si dice, per affermare soprattutto questo: al Nord ha vinto l'Italia che lavora, che produce, che è moderna e vuole esserlo sempre di più; al Sud ha vinto l'Italia dei fannulloni, dei parassiti, popolata da quelli che vorrebbero vivere di sussidi, arretrata e destinata a restare sempre più indietro. Il passo successivo sarebbe quello di restaurare la strampalata teoria della differenza ontologica: accade questo perché le cose sono sempre state così, non possono essere che così, e ciò dipende da come siamo fatti, inutile illudersi. Una “razza maledetta”, ha scritto Vito Teti, un antropologo che al pregiudizio antimeridionale ha dedicato pagine di bruciante (sarà perché è stato esposto troppo al sole del Sud...) intelligenza. Tristissimo ritrovarsi a commentare banalità del genere, dopo più di un secolo e mezzo di “unificazione”. Ci sarebbe invece bisogno di dire la “verità”, prendo in prestito l'ingiunzione di Sandro Abruzzese, un osservatore prezioso del rapporto incrostato o inceppato tra questi sguardi che leggono e incrociano la penisola, passato anche qualche mese fa da Bolzano per invitarci a riflettere sul “Mezzogiorno padano”: “Il grande tema assente e orfano di partito, oggi, in Italia e nel Meridione, è il lavoro. La condizione delle nostre terre, non dando giusta retribuzione a sforzi e rischi, fiacca gli animi, demoralizza, abitua alla partenza e alla rinuncia. L’assenza del lavoro apre alla piaga ormai endemica e insopportabile dell’emigrazione, dello sradicamento, motivo per cui oggi esistono più calabresi all’estero o nel resto d’Italia che non in Calabria. Esistono altrettanti meridionali al Nord che vanno a formare un vero e proprio Mezzogiorno padano”. Bisognerebbe ripartire da qui, dal nodo irrisolto del lavoro, il che dovrebbe ovviamente portarci a discutere la sua quantità ovunque necessaria – non limitandoci cioè a considerarlo in base alla frustrante topografia di un là ce n'è poco e qui di più – in modo da ripensarne soprattutto la qualità, la finalità. Come si può capire, non si tratta già più di un tema circoscritto ad un luogo particolare, anche se la contraddizione più dura sembra pulsare laggiù, ma solo perché noi, quassù, diamo ormai tutto per scontato, e tendiamo a ripetere come dei veri imbecilli lo slogan imbecille di Margaret Thatcher: “There is no alternative”. Non c'è alternativa, noi siamo così, loro sono così, tutte frasi che denunciano la necrosi cerebrale di chi le pronuncia. Si può invece cambiare, metamorfosare, invertire il corso del fiume, come per il poeta nordico che sognava arcipelaghi greci tra le colline di Svevia, nostalgia dell'umile Sud, facevano le acque dell'Istro, coi suoi mulinelli, coi suoi pesci simili a murene affamate e guizzanti tra piante di papiri.

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Massimo Mollica Mo., 19.03.2018 - 13:24

Va bene che la questione sia il lavoro ma non è certo il reddito di cittadinanza la risposta. E neppure il jobs act. E vien da sè la permanenza o meno dell' articolo 18. Come si risponde a questo quesito? Analizzando le zone dove non c'è o è meno presente, questo problema. E dove in Italia? Nientepopodimeno di meno che qui in Alto Adige Südtirol. E perché questo? Io azzardo perché qui è una provincia autonoma, che ha imparato da subito a gestire le proprie risorse. Un po' come vi è la differenza tra un figlio mantenuto e uno che è stato costretto ad arrangiarsi.
Il perché non si parli di questo però a me è ignoto.

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