Gesellschaft | Convegno

“Inclusione, sfida della scuola moderna”

Dario Ianes presenta il convegno sulla didattica. A Bolzano 500 insegnanti da tutta Italia. “Diversità aumentate, riconoscerle rende la formazione adeguata per tutti”.
Hinweis: Dies ist ein Partner-Artikel und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.
Dario Ianes
Foto: unibz

salto.bz: Dario Ianes, docente di pedagogia alla facoltà di scienze della formazione di Bressanone, che tipo di convegno è quello su “Didattica e inclusione scolastica” che si terrà venerdì 23 e sabato 24 novembre a Bolzano?

Dario Ianes: il convegno che noi abbiamo organizzato nell’aula magna dell’Università è un appuntamento biennale, arrivato alla quinta edizione. Un evento che si focalizza sui temi dell’inclusione scolastica degli alunni con vari tipi di differenze, tra cui i disturbi dell’apprendimento, la disabilità e via dicendo. Lo organizziamo come gruppo di ricerca sull’inclusione all’interno della facoltà di Scienze della formazione di Bressanone.

 

È un seminario rivolto gli addetti ai lavori?

Principalmente agli insegnanti: abbiamo finora 470 iscrizioni che vengono da tutta Italia.

 

Molto partecipato dunque.

Abbiamo il pieno, l’esatta capienza dell’aula.

 

Si tratta di un convegno tecnico, diceva.

Il seminario è rivolto a chi a scuola fa materialmente il lavoro sull’inclusione. Abbiamo diversi ospiti da tutta Italia e tocchiamo temi di vario genere: tecnologia, didattica per competenze, scuola senza zaino, cyber-bullismo, educazione di genere, leadership e dirigenza. Un ventaglio di temi che sono quelli forti della scuola inclusiva.

 

Si parla delle soluzioni per rispondere al meglio ai cambiamenti sociali e della scuola?

Certamente, l’argomento è proprio quello. Anni fa si pensava che gli alunni fossero tutti uguali, salvo quelli eccezionali che avevano una disabilità. Adesso è assodata l’eterogeneità, ovvero il fatto che le differenze sono sparse in tutti gli alunni. Parliamo di diversità dell’apprendimento, diversità sociali, delle provenienze, eccetera. Gli studenti di origine non italiana o di lingua non italiana nel nostro Paese sono esplosi in termini di percentuale, sono addirittura quattro volte di più che non gli alunni con disabilità classica. Il quadro quindi è cambiato.

 

La scuola è riuscita a assorbire positivamente la complessità?

La scuola viaggia velocissima sul tema dell’eterogeneità e della reale composizione delle classi. Consideriamo ad esempio il fatto che in Friuli Venezia Giulia il governo regionale ha fissato il tetto del 30% di alunni stranieri per non compromettere un mix equilibrato, una misura poi contestata, e questo dimostra che in alcune realtà fossero di più. Quell’eterogeneità era impensabile 15-20 anni fa, mentre adesso è forte. Ma non c’è solo l’alunno straniero, c’è anche lo studente con una forma familiare diversa, complessa che non era pensabile dieci anni fa. Vedi l’alunno che ha un disturbo dell’apprendimento, una dislessia: vent’anni fa era considerato svogliato, o un po’ tonto, mentre oggi si riconosce la sua difficoltà.

 

Come si struttura il convegno?

Dato che questo mondo è sempre più vario, noi cerchiamo di mettere dentro un carattere interdisciplinare dentro il convegno, attraverso i nomi dei relatori e dei workshop che insistono su ricerche e buone prassi. Varie discipline dunque. Non solo la pedagogia e la didattica, ma anche la psicologia, l’intercultura, la sociologia. La realtà è così complessa che non si può affrontare con un’unica chiave di lettura.

 

Lo scopo è aumentare il grado di consapevolezza degli operatori sulla complessità del tessuto sociale della scuola, per orientare meglio il loro lavoro?

L’obiettivo è far acquisire la capacità di rispondere in maniera adeguata. Ciascun alunno e alunna infatti ha il diritto di avere una risposta adeguata in fatto di formazione. L’inclusione passa attraverso un miglioramento della scuola tutta. Tutti gli insegnanti, non solo quelli di sostegno, devono avere una didattica all’altezza dell’eterogeneità.

 

L’università di Bolzano e Scienze della formazione sono in prima fila in questa sfida?

Siamo all’avanguardia, nel senso che oltre alle ricerche per un appuntamento come questo, appunto nazionale, riusciamo a muovere persone da tutta Italia.