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Kultur | Il libro

La Bittanti di Beatrice Primerano

Primerano aggiunge qualcosa di prezioso e di femminile alla storiografia sulla resistenza. La biografia edita da Antares è stata presentata venerdì scorso a Bolzano.

«È inutile parlare con buon senso quando la cicala nazionalista si mette a frinire»: così nel 1956 scriveva Gaetano Salvemini a Ernesta Bittanti Battisti, grande personalità della cultura resistente, vivamente illustrata nel libro di Beatrice Primerano, «Ernesta Bittanti Battisti, intellettuale antifascista» (Antares, 2017).

Venerdì 15 marzo l’autrice lo ha presentato su invito dell’Anpi di Bolzano. In via Torino 31, nello «Spazio resistenze», era presente un folto pubblico. In sala anche i nipoti di Ernesta e di Cesare Battisti.

Beatrice Primerano ha il merito di avere scritto una documentata e intensa biografia di una delle più interessanti personalità dell’antifascismo italiano, quale fu Ernesta Bittanti Battisti. Se ognuno ricorda Cesare Battisti e la sua morte sul patibolo nel luglio del 1916 nel Castello del Buonconsiglio a Trento, pochi ricordano sua moglie Ernesta. Il libro della Primerano illumina il ritratto intellettuale di una donna che non fu semplicemente la “moglie di Battisti”, ma che ebbe una statura morale e intellettuale pari a quella del marito.

Una moda dei nostri miseri tempi impone di citare solo i “grandi” autori, i nomi conosciuti da tutti, quelli che si sporgono dagli scaffali di ogni libreria. Evidentemente la Primerano non segue le mode storiografiche. E così le è riuscito di scrivere uno di quei libri che resteranno e di rendere giustizia a una “piccola grande donna”, che fu, prima, durante e dopo il ventennio fascista, testimone operosa degli ideali post-risorgimentali e democratici di libertà, eguaglianza, umanità e solidarietà sociale.

Ernesta Bittanti, nata a Brescia nel 1871 ma cresciuta a Cremona e a Cagliari, si formò a Firenze, dove fu una delle prime donne laureate. A Firenze divenne amica di Gaetano Salvemini e di Piero Calamandrei. Sposò Cesare Battisti nel 1899 (la corrispondenza con Battisti è riportata nel libro della Primerano). Quando il fascismo tentò di fare di Battisti un martire del nazionalismo, Ernesta Bittanti si oppose radicalmente e coraggiosamente. Oppose al regime il rifiuto di annoverare tra i suoi eroi il marito, che aveva idee socialiste e patriottiche, ispirate agli ideali risorgimentali, ma che mai fu un nazionalista.

Nel 1938 il regime emanò le leggi razziste. Ernesta Battisti levò la sua voce in protesta contro un abominio legale che pervertiva il diritto, infrangendo, a novanta anni dal 1848, il principio di eguaglianza dei cittadini indipendentemente dalla loro origine o credo religioso. Il quaderno manoscritto di riflessioni sulle leggi razziali è stato già edito dalla professoressa Primerano nel 2010 (Ernesta Bittanti e le leggi razziali del 1938: con l’edizione critica del diario Israel-Antisrael e delle Lettere 1938-1951, Fondazione del Museo Storico del Trentino, 2010). Questa nuova biografia intellettuale è un ritratto completo della Bittanti, finora mai proposto al grande pubblico.

Gli scritti della Primerano hanno già suscitato interesse e un vivace dibattito scientifico in Italia e all’estero (l’autrice ha svolto parte della sua formazione dottorale presso l’Ecole Normale Supérieure, a Lione, dove nel 2011 ha curato un volume sull’antisemitismo in Italia nella seconda metà del Novecento). A seguito del suo libro a Cremona, su iniziativa dell’Anpi, è stata affissa una targa commemorativa laddove la Bittanti abitò. Trento, che può vantarsi di averla avuta tra i suoi cittadini più nobili, non ha ancora provveduto a dedicare una via o una piazza in onore di Ernesta Bittanti.

Pazienza. Il libro, scritto in punta di penna da Beatrice Primerano, ci ha restituito l’immagine intellettuale di Ernesta Bittanti e così ha aggiunto qualcosa di prezioso e di femminile alla storiografia sulla resistenza. «Una grande donna», si è detto più volte negli interventi che si sono svolti nella sala gremita di via Torino.

Ma era chiaro a tutti che le grandi donne, in quella sala, erano due.