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Foto: Foto Archivio Istituto Storico Modena
Politik | Avvenne domani

Il valzer degli addii

Piccola storia dell'abbandono in politica, da Palmiro Togliatti ai giorni nostri

Nel settembre del 1951 compare, su "Rinascita",  rivista ufficiale del PCI, un articolo firmato con uno pseudonimo, Roderigo di Castiglia, dietro il quale, come tutti sanno, si nasconde il capo supremo del partito, Palmiro Togliatti. Il breve scritto è dedicato ad uno dei maggiori intellettuali italiani dell'epoca, Elio Vittorini che, dopo una lunga militanza annunciava in quei giorni di voler abbandonare il partito.

Già il titolo gronda ferocia e sarcasmo: “Vittorini se n’è ghiuto,  E soli ci ha lasciato!… Canzone napoletana",  titola Togliatti che poi prosegue rincarando la dose: "A dire il vero, nelle nostre file pochi se ne sono accorti. Pochi si erano accorti, egualmente, che nelle nostre file egli ci fosse ancora".

Tutto questo per dimostrare come, anche quando a scendere in campo erano illustri politici ed altrettanto illustri intellettuali, l'abbandono di un partito ha sempre avuto connotati di visceralità raramente riscontrabili in altri contesti. D'altronde, sempre in quell'anno fatidico, il 1951, sempre Palmiro Togliatti arriva a definire come "pidocchi nella criniera di un nobile cavallo da corsa" due alti dirigenti del PCI emiliano, rei anch'essi di aver abbandonato il partito.

Con la storia dei fuorusciti da questa o quella formazione politica italiana, nell'ultimo secolo, si potrebbe scrivere comodamente un'enciclopedia. Un piccolo capitolo di quest'opera potrebbe essere dedicato alle vicende altoatesine che, dal secondo dopoguerra in poi, hanno fatto registrare un discreto numero di abbandoni e delle conseguenti feroci polemiche.

Il posto d'onore, in questo breve riassunto fatto a memoria, spetta ovviamente al partito maggiore, quella Suedtiroler Volkspartei, alla quale il fatto d'essere un partito di raccolta, aperto quindi a quasi tutte le istanze politiche e sociali del mondo sudtirolese, non ha risparmiato traumatici abbandoni. Il più famoso di tutti, probabilmente, resta quello del deputato Hans Dietl, la cui radicale opposizione all'approvazione del "Pacchetto", prese sostanza con il voto contrario espresso alla Camera e con la conseguente espulsione dai ranghi della Stella Alpina, nell'anno 1971. Tra coloro che uscirono sbattendo la porta dalle stanze SVP vanno annotati quanto meno i nomi di un altro esponente di primo piano Egmont Jenny, della giovane Eva Klotz, e, in tempi più recenti, quelli dell'ex deputato Hubert Frasnelli e di Sepp Kusstatscher. Un caso a parte, non meno clamoroso, quello di Alfons Benedikter che, dopo aver condotto assieme a Dietl  e  Peter Brugger l'opposizione a Magnago sulla questione del " Pacchetto", ne divenne il più stretto collaboratore proprio nella fase di attuazione del nuovo statuto, ma uscì dai ranghi del partito andando a sedere sui banchi del consiglio provinciale proprio accanto ad Eva Klotz quando, all'inizio dell'era Durnwalder, fu estromesso dai ruoli di vertice della Provincia.

Il valzer degli addii è stato parimenti intenso anche in campo italiano. Uno dei più famosi e politicamente rilevanti e quello pronunciato, nel 1968, da Lidia Menapace, allora esponente di massimo rilievo della corrente di sinistra della Dc altoatesina, che annunciò, con un lungo documento, frutto di una sofferta riflessione, la sua decisione di continuare l'attività politica in un contesto totalmente diverso.

Il carattere delle varie forze politiche ha avuto ovviamente un forte peso anche su questo tipo di vicende interne. La storia del movimento socialista, a Bolzano come a Roma, è stata contrassegnata da un alternarsi continuo di fusioni e di scissioni, mentre aree politiche come quella democristiana e quella  comunista, il caso Menapace fa notizia proprio per questo, sono state meno toccate, anche se i casi di dissidenza e di abbandono non sono mancati.

Tutto è cambiato, anche sotto questo profilo, con la cosiddetta seconda Repubblica. La dissoluzione di quasi tutti i i partiti tradizionali ha innescato un vorticoso processo di mutazione continua delle fedeltà politiche, con una volatilità delle permanenze in questo o quel gruppo che ha raggiunto livelli impensabili. Ne fa prova la quantità assolutamente incredibile di cambi di casacca in Parlamento, così come nelle assemblee legislative locali.

Avviene così che , in questi giorni, la fuoruscita dal PD altoatesino di un gruppo di esponenti locali finisca per far notizia più che altro per il fatto che avviene ad una decina di giorni dalle elezioni. È la scelta dei tempi, più che altro, a destare clamore. Nessuno si scandalizza più se due fidanzati si lasciano, ma quando l'abbandono avviene cinque minuti prima del matrimonio, è inevitabile che gli invitati  e i testimoni restino quantomeno sconcertati.