Umwelt | OPERE PUBBLICHE

Megalomania e malaffare

Lo studio dell'ecologia e del rispetto dell'ambiente: solo se riusciamo a creare consapevolezza, arriveremo a nuove generazioni più sensibili delle nostre.
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Pedemontana
Foto: stradeeautostrade.it

“Per me il paesaggio è prima di tutto una grande offerta, un immenso donativo che corrisponde all’ampiezza dell’orizzonte, è come il respiro stesso della presenza della psiche che imploderebbe in se stessa se non avesse questo riscontro.” Sono parole del poeta Zanzotto, un uomo grande e generoso per i versi che ci ha offerto. Sono parole che dovrebbero essere spiegate a scuola, in ore dedicate allo studio dell’ecologia e del rispetto di quello che abbiamo intorno. Solo così potremmo ambire ad avere nuove generazioni più sensibili delle nostre. Sono parole che andrebbero spiegate ai politici, che inseguono solo l’affare, o piuttosto il malaffare. Prendiamo le nostre grandi opere pubbliche, dal Mose alla Pedemontana: quanti soldi buttati, quale scempio di paesaggio, e quindi di disturbo psichico in noi che viviamo in questa Italia malata? Solo la Pedemontana, costata 56 milioni a chilometro, è la testimonianza di un fallimento annunciato. Prendiamo il progetto Torino-Lione, inserito in quell’altrettanto folle progetto chiamato Corridoio 5 e che avrebbe dovuto collegare Kiev a Lisbona. Tutti i paesi interessati si sono via via sganciati, in ballo siamo rimasti solo noi e fino a ieri i francesi. Fino a ieri. Noi italiani sul piatto ne abbiamo messi 35 di milioni. I rimanenti 40 li dovrebbe mettere l’Unione europea. Eppure i nostri conti pubblici sono un disastro, i Comuni non hanno più una lira, l’Italia brucia, gli acquedotti fanno acqua da tutte le parti, i terreni franano, le montagne crollano, i fiumi muoiono, i ponti e i cavalcavia cedono, le scuole si sbriciolano, i trasporti locali languono, l’edilizia antisismica rimane un miraggio, la tutela del paesaggio, che dovrebbe essere la nostra prima risorsa per tutto il bello che abbiamo, sa di eresia. Però siamo ostinati. Vogliamo proprio gettarli dalla finestra del malaffare quei 35 milioni, anche se siamo rimasti i soli a volerlo fare. E se invece tutti quei soldi li investissimo nelle migliaia di piccole opere pubbliche oggi del tutto necessarie, non sarebbe più utile? Non sarebbe un’opportunità per iniziare a stare meglio tutti e non solo i soliti pochi? Si creerebbero nuove opportunità di lavoro e ne guadagneremmo in salute e rispetto reciproco. Perché quando un’opera, seppur piccola, è condivisa tutti ne traggono beneficio. È dal beneficio comune che possiamo partire per rieducarci e iniziare a riparlare di senso civico, in quanto comunità e non gruppi di bande devote al dio sopruso.

Dalla finestra ammiro ancora una volta, e sempre lo farò, il Sassongher. So che è una grande offerta, non solo per me, per noi ladini, ma per tutti quelli che hanno voglia di contemplare e riempirsi di bello. Questo è il senso del paesaggio, una terapia necessaria per il nostro equilibro. Se continuiamo a deturparlo il paesaggio, non facciamo altro che deturpare la nostra salute mentale. C’è un elemento di follia distruttiva in questo bulimico voler fare, costruire, cementificare. Ritengo che nessuna cultura come quella nostra attuale, sia mai stata così incosciente nei confronti della natura. E davvero vogliamo continuare così, a farci del male?