Gesellschaft | I dati

Il “Barometro dell'odio”

Amnesty monitora (e condanna) la violenza verbale dei candidati alle elezioni. L'incontinenza riguarda spesso i migranti, come dimostrano Bessone e Biancofiore.
Hate speech
Foto: upi

"O cambiamo questo Paese il 4 marzo, o ci riempiranno talmente tanto di questa gente (i rifugiati, ndr) che l'Italia sarà persa per sempre!!!" ha scritto su Facebook il 16 febbraio Massimo Bessone, candidato al Senato per la Lega Nord nel collegio di Bolzano. Dieci giorni prima Michaela Biancofiore, candidata alla Camera per Forza Italia, aveva scritto: "Buon giorno, quando governa la sinistra, la sicurezza e l'immigrazione incontrollata e senza regole diventano due emergenze. Occorre riprendere il controllo del territorio, per restituire sicurezza e togliere la paura. Meditino i miei concittadini tedeschi".

Questi sono due esempi di violenza verbale, un elemento che secondo Amnesty International caratterizza la campagna elettorale della primavera 2018 per il rinnovo del Parlamento italiano e dei governi regionali del Lazio e della Lombardia. Per questo l'associazione, che promuove la tutela dei diritti umani e la libertà d'espressione, ha lanciato la campagna "Barometro dell'odio". "Attraverso la rete dei nostri attivisti sul territorio, i coordinamenti tematici, le task force specializzate e i volontari 2.0 stiamo monitorando le dichiarazioni sulle pagine social di un campione rappresentativo di candidati durante le ultime tre settimane della campagna elettorale, dal 8 febbraio al 2 marzo 2018 -spiega l'organizzazione in un comunicato-. I risultati complessivi saranno pubblicati in un report finale".

"Il clima di odio che circola nel Paese alla vigilia della campagna elettorale non prelude a nulla di buono -dice Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia-. C’è chi l’odio, anziché contrastarlo, lo semina, favorendolo e persino giustificandolo. Speriamo che questa campagna renda ognuno e ognuna più consapevole delle parole che usa e dell’effetto che possono suscitare".

Il discorso d’odio, nella definizione che ne dà Amnesty, è un tipo di discorso pubblico, che incita o cerca di incitare al pregiudizio, all’odio, alla paura, alle discriminazioni o persino alla violenza contro una persona o gruppo di persone sulla base dell’appartenenza, vera o presunta, ad un gruppo sociale, all’identificazione basata sull’etnia, la religione, la lingua, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o particolari condizioni fisiche o psichiche.

Oltre al numero delle frasi d'odio, ne viene misurata anche l'intensità (offensivo, grave, molto grave), che dipende anche dall'importanza di colui o colei che l'ha pronunciata o scritta.

Come nei due casi altoatesini citati in apertura, quelli di Bessone e Biancofiore, il tema "forte" è quello del razzismo e della xenofobia, cui fanno riferimento 228 episodi di violenza verbale censiti al 22 febbraio (cliccando su questo link si accede alla "Mappa dei discorsi d'odio per Regione").