Ambiente | Energia

Alperia a carbone e gas?

Tra le fonti usate da Alperia per produrre l’energia elettrica dei suoi clienti ‘a maggior tutela’ nel 2015 c’è stato un forte aumento delle ‘non rinnovabili’. Perché?
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Foto: salto

“Non vogliamo limitarci a modificare semplicemente il mondo dell'energia, ma miriamo a cambiarlo radicalmente. Puntando su energie pulite, verdi e rinnovabili. E scommettendo su quello che sarà, ne siamo certi, il mercato del futuro. Rispettando la natura e l'ambiente della nostra bellissima terra, senza la quale non esisteremmo. Conservando l'Alto Adige che è di tutti noi, e donandogli un futuro. A guidare le nostre azioni è l'obiettivo di un equilibrio tra finalità economiche e legame con il territorio, fra tecnologia e ambiente, tra futuro e tradizione.” 

Queste belle parole troneggiano sulla home page di Alperia, il ‘provider di servizi energetici’ nato nel 2016 dalla fusione di SEL e AEW e fortemente voluto dalla Provincia di Bolzano
Si tratta belle parole, dicevamo, anche perché negli ultimi giorni circa 150mila clienti di Alperia con l’ultima bolletta hanno ricevuto, come previsto da un decreto ministeriale, un comunicato con il quale si dichiara la Composizione del mix di approvigionamento energetico venduto nel 2014 e nel 2015. Da qui la sorpresa: nel prospetto fornito il cambiamento radicale indicato da Alperia nel biennio indicato appare infatti rovesciato, a favore delle fonti non rinnovabili

In sintesi: l’energia elettrica fornita da Alperia ai suoi utenti nel 2015 ha visto una diminuzione significativa delle fonti rinnovabili, passate dal 65,53% del 2014 al 49,24% del 2015. A fronte di ciò invece sono aumentate le quote di energia elettrica ricavate dal carbone (dal 11,51% del 2014 al 17,09% del 2015), dal gas naturale (17,79% nel 2014 e 24,67% nel 2015) e addirittura dal nucleare (dal 2,29% del 2014 al 5,24% del 2015). 

Cosa è successo? I fatti contraddicono le parole? La Provincia ed i comuni di Bolzano e Merano proprietari di Alperia che intenzioni hanno in termini di sostenibilità energetica ed attenzione all’ambiente?


Il nodo nella nascita di Alperia

Per rispondere a queste domande occorre fare un passo indietro e fare riferimento alla scelta operata, soprattutto da parte della Provincia, di fare di Alperia una Spa. Imponendole, come di fatto era già accaduto con SEL e AEW di passare, per la gestione dell’energia elettrica offerta, attraverso la cosiddetta borsa elettrica
In sostanza Alperia, ottemperando alla legge Bassanini di riordino del settore elettrico, deve vendere ad una ‘borsa nazionale’ la sua energia elettrica. E poi acquistare l’energia elettrica che poi andrà ad offrire ai suoi utenti altoatesini, attingendo al mix nazionale controllato dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE S.p.A. controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze). 
Il mix cambia più o meno ogni mese ed è il risultato di una scelta strategica nazionale basata sugli ’acquisti’ effettuati a livello internazionale. E i risultati dei quali sono sotto gli occhi di tutti - appunto - grazie a documenti come quello che in questi giorni viene recapitato agli utenti di Alperia. 

Che ne è dunque delle belle intenzioni di Alperia (e della Provincia) di “puntare su energie, pulite e rinnovabili”?
Abbiamo girato la domanda al consigliere provinciale Riccardo Dello Sbarba, che di energia si è occupato a più riprese, anche come membro della commissione d’inchiesta consiliare sul cosiddetto ‘scandalo SEL’. 
La cosa è nota”, ci ha detto Dello Sbarba. “In sostanza la Provincia vende la sua energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili per poi acquistare dal mix nazionale”, ha aggiunto il consigliere verde. Osservando che però in questo senso Alperia deve sottostare ad un obbligo che non è tale per le decine e decine di piccole cooperative energetiche presenti nel territorio altoatesino (“che sono esentate in questo senso dalla stessa legge Bassanini”). 

Prima era anche peggio, si arrivava anche al 75% di energia ricavata da fonti fossili”, afferma Dello Sbarba. Ricordando che la nuova azienda energetica provinciale in realtà offre alcuni contratti di ‘energia elettrica verde certificata’. Che però sono eccezioni rispetto alla regola, in sostanza. 

“Alperia in pratica non può fornire all’intera sua clientela energia elettrica derivante da fonti rinnovabili. Inoltre va considerato il fatto che se esiste un Josef Hofer a Bolzano che riceve il 100% di rinnovabile da Cardano, per forza di cose per mantenere l’equilibrio a livello nazionale ci sarebbe un Giuseppe Masi a Siracusa, che magari riceverebbe un 100% di energia elettrica derivata dal nucleare.” 

Dunque come detto le cooperative riescono a restare fuori rispetto al meccanismo nazionale vincolato dal mix energetico, grazie ad una clausola che tra l’altro nel 1999 era stata introdotta nella legge Bassanini proprio su spinta di alcune zone del territorio altoatesino dove le cooperative sono sempre state molto forti, come la Venosta
In Alto Adige oggi sono più di 100 le cooperative elettriche, che possono andare direttamente ad acquistare l’energia nelle centrali sul territorio e che - assicura Dello Sbarba - “garantiscono anche prezzi all’utente che sono inferiori del 30% rispetto ad Alperia”. Ma il consigliere provinciale verde si affretta a precisare (da ambientalista) che “naturalmente il prezzo più basso non è tutto”. 


Il mondo SEV: le cooperative 

Le cooperative locali che forniscono energia elettrica agli utenti sono da tempo riunite in un’organizzazione provinciale che si chiama SEV (Südtiroler Energie Verband) e fa capo al gruppo Raiffeisen. 
All’epoca della crisi SEL in commissione d’inchiesta in consiglio provinciale SEV presentò un modello di riorganizzazione cooperativa dell’intero sistema in provincia di Bolzano. Loro proponevano che la nuova società energetica provinciale derivata dalla fusione di SEL e AEW continuasse a produrre, ma che la distribuzione in Alto Adige venisse organizzata in alcune grandi cooperative di comprensorio in grado di comprare l’elettricità dal produttore distribuendola in forma cooperativa. In questo modo gli utenti avrebbero ricevuto la bolletta non in quanto utente/cliente ma in quanto membro della cooperativa. Niente contratti ma adesioni alle cooperative, insomma, con tutti gli annessi e i connessi anche in termini di ‘partecipazione e controllo da parte del cittadino’. Come andò a finire? Ancora una volta a parlare è Dello Sbarba. 

“La proposta di SEV dalla Provincia non venne nemmeno considerata. Noi come commissione avevamo detto che avrebbe dovuto essere per lo meno valutata. La Provincia decise per una Spa e quindi una società orientata al profitto. E questo ha comportato per Alperia stare nelle regole della concorrenza e del mercato, attingendo appunto alla borsa elettrica.”

A questo punto una domanda sorge d’obbligo: la sostenibilità ambientale ed energetica è stata sacrificata in Alto Adige in nome del profitto?
Dello Sbarba annuisce, descrivendo quello che - a suo avviso - è il quadro politico/economico dell’operazione

“I profitti di Alperia sono stati concepiti dividendi per il bilancio. Il settore idroelettrico è stato impostato come cassaforte di garanzia per le finanze provinciali. Durnwalder di fatto ha sempre pensato di finanziare in questo modo la sanità pubblica locale.”

Gli introiti a cui fa riferimento Dello Sbarba non si sarebbero potuti essere se la Provincia avesse scelto il modello cooperativistico che com’è noto non è orientato al profitto. Ma che avrebbe prodotto un beneficio per gli utenti in termini tariffari, perché le cooperative non devono, come le Spa, applicare prezzi in linea con la tendenza nazionale. 
Non contento, Dello Sbarba rincara la dose. 

“In consiglio dicevano che in Alperia avrebbero fatto prezzi a beneficio della popolazione. Tutte balle. Non è mai successo. Ci sono delle opzioni per le famiglie numerose, gli anziani, segmenti piccolissimi di utneti. Mentre il prezzo per il normale utente è fatto a livello nazionale dalla rete.”

Ma a livello politico c’è stato dibattito a livello provinciale?
Dello Sbarba allarga le braccia: “quando feci la mia relazione di minoranza nella commissione d’inchiesta feci tutto un capitolo su questo ma al di là di qualche parte della SVP legata all’esperienza delle cooperative, la grande maggioranza sposò l’idea della grande impresa che poteva fare business”.


La posizione di Alperia

Le domande suscitate da quanto sopra esposto le abiamo girate naturalmente ad Alperia. Eccole in sintesi. 
Come concilia Alperia i suoi propositi ‘green’ con il quadro delle fonti da cui deriva l’energia elettrica che fornisce? E poi: quale peso assumono oggi, nel l’intero novero dei contatti stipulati con gli utenti, quelli definiti ‘verdi certificati? Infine: a che condizioni è possibile ottenere questi contratti? Il ‘verde’ in una terra ‘idroelettrica’ addirittura finisce per costare di più?

A parlare è direttamente Andrea Lanzingher, che della Spa è responsabile Business Unit Commerciale e Trading

“Voglio precisare che il documento relativo alla ‘Composizione del Mix di Approvvigionamento energetico venduto nel 2014 e nel 2015’ fa riferimento al cosiddetto ‘contratto della maggior tutela, regolamentato dall’autorità per l’energia elettrica e il gas. Gli acquisti di energia per il mercato di maggior tutela vengono compiuti dall’acquirente unico e noi dobbiamo utilizzare quel mix.”

Lanzingher quindi ricorda che Alperia è stata creata nel gennaio 2016 e che già nel mese di marzo (“siamo stati velocissimi”) è stato messo sul mercato un “prodotto completamente rinnovabile”. Al quale però “molti clienti non hanno aderito per vari motivi”. 
Per quanto riguarda i contratti verdi il responsabile Business di Alperia conferma una media di 3mila stipule al mese, che in 6 mesi fanno circa 18mila contratti. “Che corrispondono circa ad un 10% del numero complessivo di utenze elettriche che sono circa 170mila”, aggiunge Lanzingher. 
Insomma: Alperia sta ‘cercando’ di spostare i suoi utenti sul cosiddetto prodotto rinnovabile al 100%, ma il processo è lungo e graduale (“i clienti non possiamo obbligarli”).  

Infine l’ultima questione: il contratto verde costa (costerebbe) di più o di meno a parità di consumi al cliente base? 
Ecco la risposta: “rispetto al mercato di maggior tutela abbiamo uno sconto del 20% il primo anno, 15% il secondo e 10% il terzo, in più c’è un piccolo onere fisso che il cliente paga per l’energia rinnovabile”. 
In conclusione Lanzingher ci tiene ad affermare la competitività del contratto 'green' di Alperia.

“Non per niente ci troviamo al secondo posto nel ’trova offerte’ dell’autorità per l’energia e il gas, mentre al primo posto c’è un’azienda che offre prodotti particolari solo per i nuovi clienti. Le nostre tariffe sono assolutamente vantaggiose. I nostri clienti che non l’hanno ancora fatto farebbero bene a passare dal ‘tutelato’ al mercato libero”. 

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Stefan Troyer Ven, 11/04/2016 - 17:18

Non voglio entrare nel merito dell'argomento "cooperativa VS SpA", perché ognuna delle due soluzioni ha pregi e difetti, ed a seconda degli obiettivi perseguiti ognuna delle due può essere difesa.

Ma da tecnico devo dire che usare il mix energetico nazionale come "prova" del fatto che Alperia non sia "green" è davvero scandaloso. Come d'altronde le offerte di tutti i rivenditori di energia elettrica di fornire "solo 100% rinnovabili" lo è altrettanto! Chi si prende due minuti per informarsi un pochino sulla materia, capisce subito il perché di questa mia affermazione.

Come è ormai arcinoto, praticamente tutti gli stati europei, con "Europa" intesa come continente e non come UE, sono interconnessi con più o meno potenti linee di alta ed altissima tensione.

Dovrebbe essere noto anche che l'energia elettrica non è una merce che si imbottiglia in una tanica per poi venderla in un negozio. Chiunque sia connesso alla rete pubblica quindi, detto in maniera un po' semplificativa, consuma lo stesso identico mix di energia elettrica, che si tratti di una cooperativa oppure di una SpA.

Gli elettroni non portano un fiocchetto verde per quelli "prodotti" da impianti rinnovabili, come non portano un fiocchetto nero quelli provenienti da centrali termiche o nucleari. Una volta immessa nella rete, è assolutamente irrilevante a chi quest'energia sia stata venduta o da chi provenga.

Mi spiego meglio: In una rete elettrica, in ogni istante la quantità di potenza immessa deve essere uguale alla potenza rilevata, perché non è possibile immagazzinare direttamente l'elettricità. I flussi energetici si distribuiscono a seconda delle potenze immesse da ogni singola fonte ed a seconda delle potenze rilevate dai singoli consumatori, e quindi -anche qui semplifico per non confondere le idee- praticamente non sono controllabili se non attraverso la regolazione delle potenze immesse o rilevate.

Da tutto questo si capisce che non è possibile "guidare" l'energia prodotta dalle centrali idroelettriche o nucleari o checchessia. In parole povere, dal punto di vista tecnico non importa se l'energia la si compra da un'azienda "buona" che produce soltanto rinnovabili oppure se la si compra da un'azienda "cattiva", il mix energetico all'interno di questa grande rete interconnessa è sempre lo stesso. Che si voglia sostenere eceonomicamente un'azienda produttrice di energie rinnovabili piuttosto che un produttore che punta sul carbone, è un'altro discorso, ma dal punto di vista tecnico non cambia proprio niente.

E questo vale sia per le piccole cooperative che per l'Alperia. Non importa se l'energia deve essere "venduta" alla borsa nazionale o se può essere consumata "direttamente" nella propria rete di distribuzione, perché si è sempre connessi alla rete europea e quindi ognuno consuma la stessa porzione di energia rinnovabile.

L'unico strumento per influenzare il mix energetico non sono quindi gli acquisti, perché appunto l'energia elettrica non viene impacchettata e spedita al destinatario a seconda delle quantità acquistate in borsa. L'unico strumento davvero in grado di influenzare la quota di energia rinnovabile è la potenza installata e la quantità di energia prodotta.

Quindi anche la verità lapalissiana che "in Sudtirolo abbiamo più energia rinnovabile di quanta ne consumiamo" va vista in un'ottica un po' diversa. A parte il fatto che d'inverno, quando le nostre centrali idroelettriche producono poco, andiamo ad "importare" energia da fuori, proprio perché il flusso energetico si inverte rispetto all'estate, tutta la produzione idroelettrica della nostra provincia è un contributo a rendere più "rinnovabile" e "green" il mix energetico di *tutta l'Europa*.

Questi concetti non me li sono inventati io, lo dice la fisica. Comunque è pessima prassi giornalistica ripetere senza ulteriore verifica le balle che tutti stanno ruminando come i buoi soltanto perché fanno comodo per gridare allo scandalo.

Ven, 11/04/2016 - 17:18 Collegamento permanente