Futuro amico
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Una società sana, che intenda rimanere in salute, che si chiami sudtirolese, italiana o europea, ha bisogno di anticorpi e Langer è stato uno di questi, ne ha rappresentato costantemente la coscienza critica.
Lo ha fatto fin da ragazzo, sfidando le istituzioni politico-culturali a dimostrare una vera volontà di ascolto delle istanze dei giovani sudtirolesi. Reclamando il proprio diritto di parola, la libertà di esprimere il proprio dissenso verso autorità che non consideravano i giovani, le loro idee di rinnovamento, e concepivano la cultura in prima linea come un’armatura a difesa dell’identità.
Il suo universo di valori ruotava attorno a un unico, grande cardine: il valore dell’individuo, della persona e della sua dignità.
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Giorgio Mezzalira: Il membro del direttivo della Fondazione, ha tracciato un breve profilo biografico dell’intellettuale ed esponente politico locale ed europeo, originario di Vipiteno, sottolineando alcune tappe fondamentali della sua vita, svoltasi principalmente tra Bolzano, Trento, Firenze e Bruxelles. Foto: SeehauserfotoLanger ha impostato la propria vita come una missione, vocata a mettere costantemente in gioco la propria umanità. Quell’essere umani che dovrebbe portare a fare ciò che è giusto e buono e affrontare la vita con impegno, autenticità e responsabilità. Tutti aspetti della forte tensione che connotava l’agire, anche politico, di Alex. Non una ricerca solitaria la sua, ma una sollecitazione a costruire ponti con gli altri, a impegnarsi nel cambiamento sociale. Essere uomini/donne è un mestiere difficile, esige responsabilità, impegno e rivolta contro l’ingiustizia. Langer vedeva l’agire umano come qualcosa che deve essere guidato non da ideologie rigide, ma da un’etica in grado di adattarsi alle situazioni e ai bisogni degli altri.
Se c’è un tratto distintivo dell’evoluzione del pensiero di Langer e del suo stare dentro la Storia, è stato l’infaticabile sforzo di capire il presente e le sue traiettorie, per rendersi conto del cambiamento in atto ed esserne protagonisti. Per farlo era necessario saper cogliere i segni dei tempi. Scriveva nel 1967: «Solo chi è in grado di leggere e interpretare i “segni dei tempi” è anche capace di comprendere se stesso, i suoi simili, il mondo in cui viviamo, e di intervenire su di essi in modo efficace e al passo con i tempi».
La visione profetica, che molti gli riconoscono, sui grandi temi del secondo Novecento, dall’ambiente alla convivenza tra diversi, altro non è che il frutto di questa attitudine. Dal conflitto etnico nel suo Sudtirolo alle lotte del Sessantotto, dalla questione ambientale alla guerra nell’ex Jugoslavia, ovvero dentro le piccole e grandi cesure della storia più recente, il suo stare nel presente lo ha reso assai poco incline a lasciarsi irretire dagli -ismi e dalla loro tendenza a rinchiudere la realtà dentro gli schemi severi delle ideologie.
La presa di distanza dalle idee rivoluzionarie, dalla loro deriva violenta degli anni Settanta, non lo distolse dall’impegno incessante di tentare nuove strade per costruire alternative per una società più giusta, con la convinzione che, per misurarsi di volta in volta con i cambiamenti in atto e stare al passo con i tempi, non bisognava portarsi dietro zavorre ideologiche, ma essere “leggeri” e “profondi”. Così come la scelta di intervenire sul piano della politica esigeva la capacità di saper sciogliere e coagulare.
La biografia del suo impegno politico è un filo che annoda importanti tornanti e personaggi di primo piano della nostra storia locale, di quella nazionale ed europea del Novecento.
Il suo universo di valori ruotava attorno a un unico, grande cardine: il valore dell’individuo, della persona e della sua dignità. Trascurare l’uomo/la donna e il riconoscimento dell’esistenza umana, sostituendoli con valori secondari, come per esempio la “nazione”, «sarebbe imperdonabile e avrebbe certamente conseguenze drammatiche», scriveva sempre nel 1967.
La biografia del suo impegno politico è un filo che annoda importanti tornanti e personaggi di primo piano della nostra storia locale, di quella nazionale ed europea del Novecento. Approcciare la figura e l’opera di Langer significa confrontarsi con un protagonista del dissenso cattolico degli anni sessanta, della sinistra extraparlamentare, del movimento verde europeo, dei movimenti non violenti e per la pace, dell’autonomismo, del federalismo, dell’europeismo. Per un’Europa, come scriveva ai tempi della guerra del Golfo, la cui forza non sta nelle armi.
Di Alex si ricorda prevalentemente il suo originale tratto politico. Ma c’è un lascito culturale che è altrettanto importante. Anzi, forse ancor più della sua eredità politica, rimasta sostanzialmente senza eredi, sono i processi culturali che ha saputo alimentare a resistere alla prova del tempo. Un aspetto che anche il presidente Sergio Mattarella ha messo in luce ricordandolo nel suo discorso in occasione del 40° della tragedia di Stava e ricordando l’impegno di Langer per la conversione ecologica, lo stesso tema al centro dell’enciclica “Laudato sii” di Papa Francesco.
“segni dei tempi”: "Ha saputo guardare lontano e sviluppare un pensiero minoritario, interetnico e fondato sulla convivenza, che nel corso del tempo è diventato esperienza e pratica diffuse." Foto: il manifesto/O.SeehauserNel corso della sua vita Langer non ha mai disgiunto l’impegno politico dalla cultura, intesa non come accumulo di conoscenza o mero strumento di conservazione, bensì, in ultima analisi, come capacità autonoma di valutare, di comprendere se stessi e il presente, il senso delle cose e della storia, con il coraggio delle proprie idee e l’accettazione dei propri limiti.
Come valore dinamico e relazionale la cultura doveva saper promuovere il dialogo e la convivenza tra gli uomini e con il creato, educando all’ascolto, alla comprensione e alla costruzione di una società più equa e inclusiva. In questo terreno di coltura l’impegno politico non poteva essere ridotto a una mera lotta per il potere o a una semplice gestione delle istituzioni. Esso doveva essere radicato in valori profondi, come il rispetto per la dignità umana, la solidarietà, il dialogo, la sostenibilità e la carità, come ha ricordato Goffredo Fofi, di recente scomparso. La politica aveva, secondo la visione di Alex, il compito di tradurre questi valori culturali in pratiche. Era lo strumento per promuovere un cambiamento del pensiero dominante ed educare al dialogo. Nella cultura poggiava la base per un’azione politica autentica, disinteressata e non strumentale, e il politico altri non era per Langer che il portatore di quei valori che avrebbero potuto avviare la società verso un “futuro amico”, più giusto e sostenibile.Oggi Alexander Langer è ritenuto in Alto Adige/Südtirol colui che non solo ha combattuto per un’autonomia libera dai troppi condizionamenti etnici, ma ha saputo guardare lontano e sviluppare un pensiero minoritario, interetnico e fondato sulla convivenza, che nel corso del tempo è diventato esperienza e pratica diffuse. Una figura cui avvicinarsi per i valori di cui è portatrice e per essere espressione autentica della cultura del dialogo e della riconciliazione, della conversione ecologica, della pace.
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