“Non rinnovate quelle concessioni”
Un gruppo di ricerca di Eurac Research e dell'Università di Innsbruck ha esaminato le conseguenze dell’estrazione della torba dal suolo altoatesino. Il risultato delle analisi del contenuto di carbonio e azoto, nonché le emissioni di metano dovrebbe indurci a far riflettere: secondo lo studio pubblicato recentemente dai due istituti di ricerca l’estrazione della torba nella sola Provincia di Bolzano produrrebbe emissioni per un totale di 15.900 tonnellate di CO2 equivalente per ettaro all’anno. Eppure il suo impiego sul territorio è veramente trascurabile: la torba altoatesina viene infatti utilizzata principalmente per la coltivazione di funghi in Italia e nei Balcani, mentre solo una piccola parte viene impiegata nell’orticoltura locale.
Le motivazioni
La torba, formatasi nel corso di migliaia di anni, è in grado di catturare fino a un terzo del carbonio del suolo terrestre, il doppio mantenuto da tutte le foreste del mondo. Con la sua estrazione vengono dispersi importanti serbatoi di carbonio, che diventano così fonti di anidride carbonica e contribuiscono di conseguenza alle emissioni di gas serra e ai cambiamenti climatici. In base ai dati calcolati e in linea con il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC), il team di ricerca invita a non rilasciare ulteriori permessi per l’estrazione di torba una volta scadute le concessioni attive.
I risultati di questa ricerca supportano chiaramente quanto stabilito dal Piano per il clima 2024 della giunta provinciale, cioè la prospettiva di non rilasciare nessuna nuova concessione
La situazione altoatesina
La prima concessione per l’estrazione della torba in Alto Adige venne rilasciata nel lontano 1979. Da allora sono stati estratti circa due milioni di metri cubi di materiale torboso su un’area di 40-45 ettari situata all’interno dei confini della provincia, per un totale di 400.000 tonnellate di anidride carbonica rilevate ad oggi. Le concessioni attualmente attive in Bassa Atesina provocherebbero un’ulteriore emissione pari a 300.000 tonnellate. La rilevanza climatica di queste emissioni di gas serra derivanti dall’estrazione della torba in Alto Adige è evidente – afferma Ulrike Tappeiner, responsabile scientifica dello studio –. I risultati di questa ricerca supportano chiaramente quanto stabilito dal Piano per il clima 2024 della giunta provinciale, cioè la prospettiva di non rilasciare nessuna nuova concessione”.
Sebbene nel breve periodo, nel fondovalle disboscato della valle dell’Adige l’estrazione della torba è in grado di creare specchi d’acqua che che riescono ad ospitare diversi uccelli acquatici e anche due specie anfibie protette dall’Unione europea, come l’ululone dal ventre giallo e il rospo smeraldino, Andreas Hilpold, biologo di Eurac Research e coautore dello studio, ci tiene a precisare che “queste cave di torba non sono adatte per la protezione a lungo termine delle specie minacciate perché gli habitat che creano sono il prodotto di un’attività economica temporanea e non ne è garantita la continuità. Inoltre – ribadisce lo studioso – l’estrazione della torba introduce materiale roccioso non compatibile con il sito; materiale che, per esempio, potrebbe ostacolare la futura rinaturalizzazione della zona”.
In conclusione diventa necessario adottare misure adeguate per riportare almeno alcuni tratti dell’Adige al suo carattere originario di bosco ripario, un modo per garantire a lungo termine un habitat alle specie protette. A questi scopi, il gruppo di ricerca invita a ricorrere ad alternative prive di torba per evitare che venga estratta altrove.
Stimme zu, um die Kommentare zu lesen - oder auch selbst zu kommentieren. Du kannst Deine Zustimmung jederzeit wieder zurücknehmen.