Society | rapporto idos

Poveri, sfruttati e segregati

L’edizione 2022 del Dossier statistico sull’immigrazione fornisce un quadro nefasto sulla gestione del fenomeno migratorio in Italia. Ma chi sono gli stranieri a Bolzano?
Migranti, sfruttamento, lavoratori stranieri, caporalato
Foto: Melting Pot europa

Dei 281 milioni di migranti che si sono registrati nel mondo a inizio anno, 89 milioni erano quelli da ritenersi “forzati”, compresi gli sfollati interni. Un numero arrivato a oltre 100 milioni nei mesi successivi all’invasione dell’Ucraina. Ad oggi si può dire che almeno un abitante della Terra su trenta ha lasciato a un certo punto della vita il suo luogo di origine.

Secondo il Dossier statistico sull’immigrazione, realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS e pubblicato ieri, 27 ottobre, per comprendere al meglio le cause del fenomeno migratorio nel 2022 è necessario soffermarsi sulle 3 “C”: i conflitti armati, 32 quelli ufficialmente riconosciuti nel mondo come tali, gli effetti della crisi Covid-19 e i disastri ambientali connessi ai cambiamenti climatici. Le stime più recenti ipotizzano che nel 2050 i soli “profughi ambientali” saranno almeno 220 milioni. Allo stesso tempo il divario tra nord e sud del mondo si allarga. Nei primi, sebbene vi risieda un solo abitante del pianeta su sei, viene concentrata oltre il 50% della ricchezza mondiale.

In questo contesto, in Europa - nonostante la grave crisi di manodopera causata dalle limitazioni Covid - permangono le chiusure dei canali di ingresso legali e si rafforzano le politiche di respingimento ed espulsione. Non è una sorpresa dunque che nel 2021 gli ingressi illegali nell’Unione Europea siano aumentati fino ad arrivare a quasi 200 mila. Nella metà dei casi sono avvenuti attraverso il Mediterraneo, che si conferma tuttora la rotta più letale. In soli otto anni, dal 2014 al 2022, sono morte più di 25 mila persone nel tentativo di attraversare il confine marittimo. Oltre un terzo delle persone partite dalla Libia non è mai arrivato a destinazione. 

 

Con lo scoppio della guerra in Ucraina, 154 mila profughi sono arrivati in Italia. Sebbene l’80% di questi abbia ricevuto una qualche forma di assistenza statale, in 9 casi su 10 sono stati accolti, non senza difficoltà, dai propri concittadini o da organizzazioni umanitarie. 

 

Il ricatto di un documento
 

Stando a quanto emerso dal dossier, il 2022 italiano si caratterizza ancora una volta da gravi disparità di trattamento e da forme più o meno visibili di violenza istituzionale che minano un percorso, già pregno di ostacoli, di inclusione sociale e lotta alle discriminazioni delle persone straniere. Tra i processi escludenti più emblematici vi è quello dell’iscrizione anagrafica. Sebbene sia stata concepita come uno strumento di monitoraggio delle persone che si muovono in un determinato territorio, negli ultimi 15 anni i governi che si sono succeduti l’hanno trasformata in un dispositivo atto a distinguere i pochi soggetti ritenuti “meritevoli” di un riconoscimento formale a livello locale da chi non lo è, applicando via via criteri sempre più restrittivi e discriminatori. Nei fatti, chi è privo dello status di residente non ha diritto al voto, non può essere preso in carico dai servizi sociali e nemmeno usufruire a pieno dell’assistenza sanitaria non emergenziale. Allo stesso tempo il non residente si trova escluso da importanti benefici e prestazioni sociali, come i programmi di edilizia residenziale pubblica e innumerevoli benefici di carattere economico, compreso il Reddito di cittadinanza.
A vent’anni dalla promulgazione della Legge 189/2002, la cosiddetta “Bossi-Fini”, che disciplina l’ingresso per lavoro dei cittadini stranieri, permane un sistema che impedisce, salvo pochi casi, metodi di ingresso regolare per lavoro e che pertanto si deve servire delle cosiddette “sanatorie” per arginare il fenomeno del sommerso. Non è un caso che nell’ambito della stessa legge sia stata inserita la più grande sanatoria della storia italiana, che ha coinvolto circa 650 mila lavoratrici e lavoratori. A due anni dall’ultima campagna di regolarizzazione lanciata in piena emergenza Covid-19 dal cosiddetto Decreto Rilancio, delle 207 mila domande presentate, il 38,1% rimane ancora da esaminare. Sebbene 104.948 siano state valutate con esito positivo, sono solo 55.202 quelle che si sono chiuse con il rilascio di un permesso di lavoro.

 

 

Stato di discriminazione permanente

 

Sono 37,4 milioni gli stranieri residenti all’interno dell’Unione Europea, di cui la maggior parte concentrati in Germania (10,6 milioni), Spagna  (5,4 milioni), Francia e Italia (entrambe attorno a quota 5,2 milioni). L’immigrazione nel nostro paese incide poco meno del 9% sulla popolazione complessiva. Il 50% degli stranieri residenti risulta di provenienza europea, metà di essi comunitari. Dei tre milioni e mezzo di cittadini non UE, due terzi sono in possesso di un permesso di soggiorno stabile.

 

Dopo il crollo dell’occupazione del 2020, i lavoratori stranieri ammontano oggi a 2,3 milioni, il 10% degli occupati in tutta Italia. Allo stesso tempo sono tuttavia aumentati i disoccupati, arrivati a quota 379 mila. Le donne sono ancora una volta le più penalizzate: con un’incidenza del 42% sul tasso di occupazione risultano essere al contempo il 52% dei disoccupati stranieri totali. Da decenni, riporta IDOS, l’ inserimento occupazionale degli immigrati obbedisce a un modello di segregazione lavorativa che li canalizza rigidamente verso professioni precarie e mal retribuite, più pericolose e prive di mobilità occupazionale che non risparmia neanche chi possiede una formazione superiore o tanti anni alle spalle di regolare attività. Circa i due terzi dei lavoratori stranieri sono impiegati in professioni di bassa qualifica, il doppio rispetto agli italiani. Un lavoratore straniero su cinque è inoltre impiegato in un part time involontario, contro un lavoratore italiano su dieci. Delle 391 inchieste portate avanti per sfruttamento lavorativo l’81,5% vedeva come vittime lavoratrici e lavoratori stranieri, soprattutto richiedenti asilo. Le dinamiche di esclusione dal piano economico si trasferiscono inesorabilmente sul piano sociale. Nel 2021, su un totale di 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, gli stranieri erano 3 su dieci, circa un terzo di tutti quelli residenti in Italia. Eppure, su un totale di 2,46 milioni di beneficiari del Reddito di cittadinanza, poco più di 306 mila – pari al 12% del totale – risulta essere straniero. Allo stesso tempo, si complicano le condizioni abitative. In nove casi su dieci le persone straniere sono costrette a ripiegare in zone periferiche, all’interno di monolocali o bilocali di scadente qualità, mediamente di 55 metri metri quadri.

 

La situazione di Bolzano

 

Nel 2021, il numero di persone straniere residenti in Alto Adige è pari a 56.891 unità, il 10,6% della popolazione complessiva, con una modesta crescita dello  0,7% rispetto all'anno precedente. Ancora una volta si conferma dominante la presenza femminile, pari al 51,3% dei residenti stranieri totali.
Per quanto riguarda la distribuzione per età, il 18,4% risulta nella fascia 0-17 anni; il 16,3% tra i 18 e 29 anni, il 31,9% tra i 30 e 44 anni, il 27,5% tra 45 e 64 anni e solo il 5,9% ha un’età pari o superiore a 65 anni.
Il 64,1% degli stranieri residenti è di origine europea, di cui 19.605 provenienti da Paesi comunitari, 16.167 dell’Europa centro-orientale e 419 da altri Paesi europei. Al secondo posto si trova l’Asia con 10.354 residenti (18,3%), seguita dall’Africa con 7.525 (13,3%) e dall'America con 2.398 (4,2%) persone. I cittadini non comunitari in possesso di un titolo di soggiorno sono 33.779, di cui il 63,5% titolare di un permesso di lungo periodo, ovvero che non necessita di rinnovo. I 12.314 permessi di soggiorno a termine sono stati rilasciati soprattutto per motivi familiari (44,1%), per lavoro (29,0%, compresi quelli rilasciati a seguito della sanatoria) e protezione (23,5%). 

 

 

Il processo di segregazione alimentato dalle politiche nazionali è esacerbato a sua volta da scelte poco lungimiranti messe in campo a livello provinciale, che escludono sistematicamente singoli e nuclei famigliari di origine straniera da importanti misure di welfare. Tra le decisioni più problematiche, va ricordata la mossa della Giunta di vincolare l'erogazione dell'assegno familiare provinciale e dell'assegno provinciale per i figli alla conoscenza orale di una delle due lingue provinciali e della "cultura locale" altoatesina.
Per quanto riguarda il numero di studenti stranieri, secondo l’Astat, tra gli 80.649 alunni iscritti all’interno degli istituti provinciali di diverso ordine e grado, 9.836 sono quelli stranieri, pari al 12,2% della popolazione scolastica totale. 
Dopo le scuole medie,  gli studenti e le studentesse di origine straniera, tendono ad essere incanalati – come in tutto il resto d’Italia – all’interno di istituti professionali. In Alto Adige, sono 1.106  dei 1.808 alunni stranieri totali iscritti in una scuola superiore. 

 

Rispetto al mercato del lavoro, secondo i dati Rcf-Istat, nel 2021 gli occupati in regione ammontano a 487 mila unità. Gli stranieri rappresentano il 9,1% della forza lavoro impiegata, di cui il 41,2% rappresentata da donne, leggermente al di sotto rispetto la media nazionale. In generale, le donne straniere, registrano maggiori difficoltà ad accedere al mercato occupazionale, costituendo il 59,4% della quota di disoccupati stranieri, una percentuale più alta rispetto al dato  nazionale, che si ferma al 52,5%.
Il  tasso di occupazione a livello regionale mostra una differenza di ben 8,7 punti percentuali tra italiani e stranieri (rispettivamente 69,9% e 62,2%), questi ultimi in difficoltà nel reperire un’occupazione, con evidenti ripercussioni anche sul tasso di disoccupazione pari al 3,6% per i cittadini italiani contro l’11,1% per quelli stranieri.
A livello regionale, la maggior parte degli occupati stranieri è invece impiegato nel lavoro domestico, nella ristorazione e in altre forme di servizi, nell’industria e nell'edilizia. I dipendenti regolari impiegati nel settore agricolo nel 2021 sono stati 6.919, in leggera crescita rispetto all'anno precedente. 

 

Particolarmente vivace è il dinamismo imprenditoriale delle persone provenienti dall’estero, che guidano sempre più aziende su tutto il territorio regionale. In Trentino Alto Adige sono passate da 8.148 nel 2020 a 8.591 nel 2021 (+ 443 unità), con un’incidenza del 7,7% sul totale delle imprese attive in regione.