“Mi auguro che abbiano consegnato tutto”
La vicenda relativa al PRU di via Alto Adige si arricchisce di nuovi colpi di scena di ora in ora. Gli ultimi sussulti vedono l’ex consigliere comunale Guido Margheri sulle barricate. Dopo il suo esposto in Procura del 30/9 e l’invito rivolto alla commissaria Francesco De Carlini ad “evitare le tagliole”, Margheri torna oggi sull’argomento sollevando dubbi in merito al fatto che il comune capoluogo, come dichiarato, abbia effettivamente “messo a disposizione della Procura tutti i documenti relativi al PRU di via Alto Adige".
Margheri, quali sono i documenti che a suo avviso non sarebbero stati consegnati?
Mi limito a fare alcune osservazioni ravvisando delle piccole contraddizioni.
Innanzitutto va detto che un anno fa dopo la delibera della giunta comunale si guardarono bene dal comportarsi nello stesso modo. E’ singolare che ora si affrettino a mandare l’incartamento in Procura un’ora prima dell’arrivo della commissaria
In secondo luogo il Comune ha fatto riferimento in pratica alla documentazione che che è già online. Se è solo quella va detto che attraverso di essa ancora non vengono chiariti tutti i passaggi che ci sono stati. In particolare devo dire allora che mi auguro che nel plico per la Procura siano stati inseriti anche i pareri dei giuristi che hanno consentito a Comune e Provincia di operare in maniera difforme persino rispetto alla lex Benko. Per me è chiaro che ora la Procura farà il suo dovere. Non solo: mi auguro che adesso ci siano legittimi portatori di interesse che in qualche modo portino questa questione nelle sedi amministrative. Per quanto mi riguarda mi limito ad affermare che nutro qualche dubbio in merito alla legittimità degli atti.
Dove sta il nocciolo della questione?
L’art.55 quinquies della legge urbanistica provinciale dice che dopo la firma dell’accordo di programma se il consiglio comunale non lo ratifica entro 30 giorni l’accordo decade. Secondo me tutto ciò che è accaduto dopo quella data è al di fuori della norma. Il senso dell’esposto parte da questo concetto base.
Negli ultimi giorni gli insigni giuristi di provincia e del comune, pagati per altro da cittadine e cittadini, si sono arrampicati sugli specchi. Nelle loro argomentazioni parlano della natura complessa dell’atto di programma, facendo riferimento ad una giurisprudenza fittissima ma anche contraddittoria come spesso succede in Italia.
Per me però il punto è chiarissimo. Quando si tratta di questioni che intervengono sugli strumenti urbanistici, com’è il caso di questa, il consiglio comunale non perde le sue competenze. E’ così sia a livello nazionale che a livello provinciale.
Tutto quello che è accaduto, dopo un atto dalla dubbia legittimità e che per altro contiene a mio parere altre violazioni della stessa lex Benko, evidentemente andava impugnato dal consiglio comunale.
Perché allora il sindaco ad un certo punto ha deciso di andare avanti da solo?
Perché se avessero riportato la questione in giunta comunale o addirittura avessero riaperto la procedura dall’inizio, com’era abbastanza evidente dal testo della legge, avrebbero dovuto riaprire anche ad altri concorrenti. E soprattutto avrebbero anche dovuto riaprire il discorso sugli elementi di merito, come tutta la questione del verde e la vibilità, per non parlare della perimetrazione. Con una riperimetrazione evidentemente qualcuno non sarebbe stato contentissimo.
Quindi secondo lei si è voluto far rivivere un atto sostanzialmente decaduto facendo assumere al sindaco e al presidente della giunta provinciale poteri e competenze che spettavano o alla giunta o al consiglio comunale come organi rappresentativi?
Sì. E vorrei far notare che - dopo le varie ipotesi circolate in merito ad una possibile consultazione democratica sul tema, un referendum - è stata alla fine la diffida di Hager sulla firma dell’accordo di programma a chiudere la partita.
E qui troviamo un’altra contraddizione. I consulenti giuridici hanno sempre sostenuto che la fasi di questa procedura sono autonome ma collegate e ogni fase dipende da quella precedente. Quindi non si vede perché i consiglieri comunali fossero tenuti a tenere conto di tutte le fasi precedenti e poi invece quest’ultimo atto potesse essere autonomo, vivendo di vita propria.
Per non parlare del fatto che questa in essere si è dimostrata l’unica procedura di legge che, se non benedetta dà un assenso, rimane eternamente aperta.