Gesellschaft | L'intervista

L’“abbandono” di Donati

Il tecnico di Schwazer annuncia: “Non allenerò più alcun atleta”. Resta l’impegno a far emergere la verità sul caso del marciatore. “Alex è forte, si riprenderà”.

salto.bz: Donati, una sentenza pesantissima quella del Tas, otto anni di squalifica per Schwazer: è la prova definitiva del fatto che chi osa mettersi contro il sistema è perduto?
Sandro Donati: Vede, le regole del sistema non sono assimilabili alle norme penali e civili che sono scritte da soggetti terzi presumendo delle controversie fra due parti. In questo caso, al contrario, le regole sono state stilate da una delle due parti, dalla Iaaf e parzialmente dalla Wada. Si tratta di regole di autotutela, scritte in modo tale da riempire di obblighi la controparte, nel caso specifico Schwazer, e prevedere invece per sé molte scappatoie. E poi c’è il fatto non trascurabile che i membri del Tas sono nominati dalle stesse istituzioni sportive, dalle federazioni internazionali, dal Comitato olimpico internazionale, da qualche federazione nazionale.

Sta dicendo che i componenti del Tas si sono trovati quindi a dover giudicare le stesse persone che li hanno in qualche modo nominati.
Esatto. Per la Federazione internazionale, peraltro, è consuetudine avere a che fare con il Tas, si conoscono tutti e sono noti anche i vari orientamenti.

Uno sportivo con una doppia recidività avrebbe mai avuto speranze di poter essere riabilitato? Del resto non è mai successo nella storia dell’antidoping che un atleta trovato positivo venisse poi assolto.
Non lo avrebbero mai permesso.

"Per non lasciare solo Alex sono andato a Rio ma per lui la decisione del Tas non è certo una sorpresa."

Allora è vero quello che si dice, che si trattava di una sentenza già scritta?
Per me e per gli avvocati gli esiti di questo percorso erano chiari. Noi avevamo suggerito di fermarci dopo che la Iaaf si era sottratta all’udienza del 27 luglio a Losanna. Ad agosto la Federazione internazionale ci ha trascinato a Rio, inoltre, trattandosi di un arbitrato, il Tas era rimasto molto passivo e noi abbiamo dovuto subire tutto. Non potevamo portarci dietro gli esperti e i periti perché non avevamo i soldi per farlo. Alex, però, giustamente insisteva per andare avanti, per difendere il suo sogno olimpico. Nelle ultime settimane si era concentrato di nuovo sull’allenamento ed era tornato a ottenere prestazioni notevoli ma è come se lui si fosse completamente estraniato dalla questione, come dire, legale che invece io, insieme agli avvocati e ai tecnici, ho vissuto quotidianamente. Per non lasciare solo Alex sono andato a Rio ma per lui la decisione del Tas non è certo una sorpresa.

Tutto il procedimento andato in scena a Rio è sembrato insolito: dallo spostamento dell’udienza dalla sede della Divisione del Tas in un albergo alla presenza del direttore del laboratorio antidoping della Iaaf Thomas Capdeville.
È così. Quella di Capdeville era una presenza politica, mentre per quel che riguarda il trasferimento dell’udienza nella sede periferica è stato deciso probabilmente per scoraggiare i media che invece si sono presentati numerosi stazionando nel palazzo fino alla conclusione dell’udienza durata quasi 10 ore.

È stato riportato che nel corso dell’udienza lei ha lasciato infuriato l’aula per un momento, cos’è successo?
Il nostro legale ha definito Alex, in un passaggio, una vittima, a quel punto questo avvocato della Iaaf si è rivolto a un’esperta, sempre della Federazione, facendo facili ironie, mi sono arrabbiato e sono uscito ma sono rientrato subito dopo. L’avvocato è pagato per sostenere qualsiasi tesi, non è lui, del resto, che ha architettato l’imbroglio.

"Dire che ho dei rimpianti sarebbe sbagliato perché era evidente che fosse già tutto deciso."

Le hanno consentito, professore, di argomentare tutta la sua tesi sul monitoraggio antidoping a cui Alex è stato sottoposto ogni 15 giorni dall’anno scorso?
Solo in parte, mi hanno contingentato subito il tempo, cosa che ho letto già come un segnale negativo. Ho dovuto correre, saltare delle parti, ma dire che ho dei rimpianti sarebbe sbagliato perché era evidente che fosse già tutto deciso. La Iaaf aveva un ruolo semplicissimo, aveva in mano la prova di questi metaboliti del testosterone nelle urine, e a questo era difficile poter controbattere. Noi non avevamo certamente le registrazioni di una telecamera che mostrasse una manipolazione del campione quindi non abbiamo potuto far altro che ricostruire tutte le incongruenze, le stranezze e le contraddizioni, mettendo insieme una serie di indizi che sono anche aumentati ulteriormente durante l’udienza perché sono uscite cose che ci erano state tenute nascoste.

Si riferisce al fatto che il controllo antidoping del primo gennaio non era a sorpresa ma era stato pianificato 15 giorni prima?
Una cosa molto grave. Un controllo deciso a tavolino, con largo anticipo, per il primo dell’anno. Se avevano dei sospetti su Alex potevano presentarsi anche il 27, il 28, il 29 dicembre. Il punto è che c’è un fatto che distingue il 1° gennaio dagli altri giorni ed è che il laboratorio di Colonia è chiuso e quindi il campione poteva essere portato ovunque e tenuto lì fino al giorno successivo per essere poi portato a Colonia. Un’altra menzogna che ci hanno rifilato è che non si sarebbe potuta anticipare la controanalisi che avevamo chiesto, mentre invece il direttore del laboratorio di Colonia ha riferito molto francamente che quando gli era stata fatta presente questa esigenza aveva subito accordato di anticipare la verifica a una settimana prima. E questo la Iaaf non ce lo ha mai comunicato. Un’altra cosa sconcertante che è emersa è questa: la Iaaf descriveva come ultra-sicuro il luogo dove l’urina è stata tenuta fino al giorno seguente, giuravano che ad avere accesso erano solo il direttore e gli ispettori che portavano le urine di Schwazer. E invece uno di questi ispettori ha detto, candidamente, che erano in 6, ma non è escluso che fossero di più, ad avere il permesso di entrare nella struttura in questione. Quali garanzie abbiamo, allora?

Alex Schwazer in un bar di Rio dopo aver appreso la notizia della squalifica di 8 anni da parte del Tas


Schwazer può ora appellarsi a un tribunale federale svizzero, andrete avanti, dunque?
È un’opzione, ci appelleremmo naturalmente non per i giochi olimpici che ormai sono sfumati ma per avere giustizia. Abbiamo già intrapreso da tempo un’azione tramite la magistratura ordinaria, c’è infatti già un procedimento in corso presso la Procura di Bolzano e anche la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta già da un mese. Speriamo che si riesca nel frattempo ad acquisire altri elementi per la difesa. Devo ammettere però che sono molto stanco, ero il punto di riferimento di tutti, degli avvocati, dei chimici, dei media e ovviamente di Alex che nel frattempo ho dovuto continuare ad allenare. Aveva bisogno di motivazione e di convinzione e confesso che ero il primo a non averne ma ho cercato di fargli forza lo stesso. Avevo portato a Vipiteno anche la mia famiglia mentre preparavo Alex per le olimpiadi e ho fatto passare loro un mese terrificante, ero costantemente angosciato. Le istituzioni sportive ci hanno abbandonato perché è prevalso un senso di compattezza e sostegno reciproco con la Iaaf, trattata da loro come una federazione seria quando già l’indagine di Parigi aveva messo in evidenza da più di un anno come all’interno della stessa Iaaf ci fossero numerose persone con incarichi di alto livello che hanno preso denaro dai russi per insabbiare i casi di doping. Si fosse perlomeno partiti da questo assunto per poter vagliare attentamente la vicenda, è invece nulla.

"Ragionano da sudditi, si tratta di soldi dello Stato che possono essere utilizzati lo stesso aiutando gli atleti di valore ma senza farli passare attraverso il corpo militare".

Nessuna manifestazione di solidarietà nemmeno dagli atleti? Il saltatore in alto Gianmarco Tamberi ha avuto recentemente parole dure nei confronti di Schwazer.
C’è un ragionamento da fare sugli atleti e occorre andare alla matrice del problema. L’80% di loro fanno parte delle squadre militari e fra i militari vige la regola ferrea per cui non si possono rilasciare dichiarazioni senza il permesso dei responsabili, quindi è chiaro che parlano così perché così vuole qualcuno al di sopra di loro. Io sono uno dei pochi che ha detto che un paese democratico non può continuare ad appoggiarsi su 8 gruppi sportivi militari. Mentre l’associazionismo sportivo langue, l'obiezione più comune che viene fatta è che se non ci fossero i militari che danno uno stipendio agli atleti cpiù talentuosi allora questi non potrebbero allenarsi. Ragionano da sudditi, si tratta di soldi dello Stato che possono essere utilizzati lo stesso aiutando gli atleti di valore ma senza farli passare attraverso il corpo militare. Possono essere distribuiti attraverso borse di studio, facendoli transitare tramite gli enti locali, le società sportive, o destinarli addirittura a un processo di formazione così che i ragazzi possano prepararsi anche per un futuro dopo l’attività sportiva.

Sta facendo molto discutere la campagna di raccolta fondi lanciata dal marciatore per sostenere le spese legali per il procedimento al Tas, sembra che prima della squalifica il patrimonio di Schwazer ammontasse a 700mila euro, ci si chiede che fine abbiano fatto quei soldi tenendo anche conto del fatto che l’avvocato Brandstätter ha sempre dichiarato di fornire la propria consulenza gratuitamente.
Su questo argomento Brandstätter divulgherà quanto prima un comunicato per ribattere con precisione in merito alla questione. Quello che posso dire è che si tratta dell’ennesima infamia contro Schwazer, si vuole evidentemente tentare di annientare totalmente questo atleta.

Alex ha incassato il colpo riguardo la squalifica?
Alex è forte ed è un ragazzo equilibrato, certo il fatto di essere stato oggetto di un agguato così ignobile lo ha inevitabilmente provato ma non cederà alla disperazione, con buona pace di chi lo ha sempre osteggiato. Alex sarà capacissimo di passare a una vita “ordinaria”, del resto mi aveva già detto che anche se fosse stata annullata la sospensione e avesse partecipato ai Giochi di Rio avrebbe disputato le gare olimpiche e poi avrebbe abbandonato il mondo dell’atletica il giorno stesso.

"Saper allenare non è un merito ma una grossa colpa, attira tutte le invidie."

In una recente intervista al nostro portale aveva infatti annunciato un doppio ritiro, quello di Schwazer ma anche il suo. Tutto secondo copione.
Non chiuderò solo con Alex, non allenerò più nessuno, del resto sono stato cancellato come tecnico dal 1987, mi è capitato in seguito solo di allenare qualcuno per caso. Nel 2004 ho curato la preparazione atletica della nazionale di sciabola con Aldo Montano che ha vinto alle olimpiadi di Atene la medaglia d’oro individuale e con la squadra che si è portata a casa l’argento, ma nessuno allora mi disse “grazie”, non mi diedero nemmeno la tuta della nazionale. Saper allenare non è un merito ma una grossa colpa, attira tutte le invidie. Se poi chi sa allenare denuncia anche il marcio che c’è nell’ambiente e ci si abbina anche un atleta di talento come Schwazer allora la miscela diventa intollerabile, e io non ho più intenzione di fare da parafulmine.

Dass die Grosskotzigkeit die Schwazer seit immerschon zu Tage legt, den Südtirolern so gefällt ist bedenklich. Gut die Medien stilisieren ihn auch zum Helden. Jetzt ist er ~allein gegen die Doping-Mafia", was für eine Farce. Aber der Patriotismus ist stärker als die Vernunft. Grauslig.

Fr., 12.08.2016 - 19:31 Permalink