Gesellschaft | Islamofobia

Caso Khan, presentato il ricorso

Non sufficienti, secondo l’avvocato Nicola Canestrini, gli indizi che hanno portato all’espulsione del giovane di origine pakistana dall'Italia.

È trascorso poco più di un mese da quando Muhammad Usman «Rayen» Khan, bolzanino ventitreenne di origine pakistana, in Italia da quando aveva otto anni e con un lavoro in Provincia, è stato espulso dalla Penisola su provvedimento del ministero dell’Interno che, insieme a lui, aveva allontanato, nel primo scorcio del 2015, altri otto stranieri di fede islamica perché ritenuti “pericolosi per la sicurezza nazionale“.

Khan, internauta attivo, aveva divulgato su Facebook alcune opinioni inneggianti all’Islam e alla dottrina wahabita, tutte snocciolate con l’immagine della bandiera dell’Isis a fare da sfondo, cosa che gli ha inevitabilmente procurato un biglietto di sola andata per il suo paese d’origine.

L’avvocato del giovane, Nicola Canestrini, ha depositato ufficialmente il ricorso al Tar del Lazio per chiedere la sospensiva del provvedimento voluto da Alfano. Sarebbero infatti troppo generiche le contestazioni secondo cui Khan avrebbe “abbracciato l’ideologia jihadista, risultando particolarmente attivo nell’attività di propaganda in favore dello Stato islamico attraverso la condivisione di video e proclami inneggianti la jihad; che il medesimo intrattiene frequenti contatti sui social network con persone che condividono le sue medesime posizioni ideologiche estremiste a cui ha manifestato la propria ammirazione per la partecipazione di cittadini europei al conflitto in Siria tra le fila dello Stato islamico”, come riportato oggi sul quotidiano Corriere dell’Alto Adige.

Canestrini, che chiederà che il suo assistito possa rientrare in Italia per l’udienza prevista fra un paio di mesi, ritiene non sufficientemente valide le circostanze che hanno permesso l’espulsione di Khan; mancano infatti gli “elementi oggettivi e concreti” per legittimarle. Secondo l’avvocato, il giovane pakistano si è mosso entro i perimetri della libertà d’espressione, sarebbe dunque opinabile la concretezza delle accuse a suo carico dal momento che sono pochi gli indizi che possono “indurre un oggettivo giudizio prognostico sulla pericolosità del soggetto”.

C’è poi un ultimo aspetto della  questione portato alla luce dall’avvocato Canestrini e cioè che Rayen Khan in Pakistan rischia “di subire violenze o trattamenti persecutori, degradanti e disumani”, in violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.