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“Pokémon Go” cantando con Jigglypuff

Il gioco per smartphone Android e iOS sta appassionando un'intera generazione in tutto il mondo – con qualche piccolo inconveniente, anche in Sudtirolo.

Per chi oggi ha tra i 20 e i 30 anni d'età, “Pokémon Go” è il tema del momento. Uscita in Italia da appena una settimana, lo scorso 15 luglio, è la prima applicazione per smartphone con cui giocare ai “Pokémon”, dopo gli anni con le console Gameboy e Nintendo DS. In pochissime ore è schizzata in testa alle classifiche delle app più scaricate al mondo, utilizzata persino più di Twitter, WhatsApp e Instagram, aumentando così esponenzialmente il valore della società Nintendo che l'ha realizzata. Il gioco dei Pokémon fu creato nel 1996 dall'informatico Satoshi Tajiri per il Gameboy di Nintendo e ispirò l'omonimo anime giapponese con più di ottocento episodi, il cui protagonista è Ash Ketchum e il suo fido accompagnatore “Pikachu”, un Pokémon dal vistoso colore giallo. Il videogioco e il cartone animato hanno accompagnato gli anni novanta, ovvero l'infanzia della generazione post-'89, rimasta profondamente legata all’immaginario dei Pokémon, tanto da garantire il successo della nuova applicazione. Niente più pomeriggi chiusi in camera giocando davanti al piccolo schermo: ora i Pokémon si cercano camminando all'aria aperta, con l'illusione di fare dell'esercizio fisico.

L'app di Nintendo “gioca” sulla cosiddetta realtà aumentata. All'immagine del mondo reale ripresa dalla fotocamera dello smartphone, si aggiungono queste creature digitali fantastiche che taluni definiscono “mostriciattoli” – il nome Pokémon deriva da “pocket monsters”. Essi vivono in natura allo stato brado e hanno i nomi più disparati: Squirtle, Bulbasaur, Eevee, Snorlax, Charmender. In altre parole, per giocare, gli “allenatori” (cioè noi giocatori) devono catturarli al motto di “gotta catch ’em all!” (ovvero “acchiappali tutti”) in quanto l'obiettivo del gioco è proprio conquistare tutti i Pokémon esistenti (di varie tipologie: d'acqua, d'erba, di fuoco...) lanciandogli addosso le cosiddette “sfere poké” che rinchiudono i Pokémon al loro interno, il tutto col solo movimento del dito sullo schermo. E così si parte all'avventura: i propri Pokémon “combattono” con quelli di allenatori avversari, che siano “freelance” piuttosto che affiliati a “palestre” in giro per il mondo (dopo aver raggiungo un certo livello nel gioco). L'interfaccia di Pokémon Go è dotata di una mappa stile Google Maps disseminata di “Pokéstop”, punti di riferimento dove “potenziare” l'esperienza di gioco: per trovare più Pokémon diversi, bisogna usare l’app in luoghi differenti e a orari diversi. Esistono già applicazioni geo-referenziate, come PokeRadar, per i più rari.

Nel gioco, contrariamente ai timori che si diffusero già al tempo dell'uscita in Italia negli anni novanta, non c'è alcuna forma di violenza: i Pokémon non muoiono mai. Il rischio però è che muoiano i giocatori. Gli sviluppatori dell'applicazione hanno pensato sin dall'inizio che la app potesse spingere i giocatori a compiere azioni pericolose per la propria incolumità e la sicurezza pubblica: il gioco si apre con un avviso quanto mai insolito, che invita i giocatori alla cautela. Ci sono persone attirate in determinati luoghi per essere rapinate. Per non parlare degli assembramenti nei luoghi più disparati, da Central Park (il video è già virale) alla centrale di polizia in Australia diventata Pokéstop, dal museo della Shoah di Washington che ha vietato il gioco nelle proprie sale, al bagno in Versilia che col tipico humor toscano asserisce di “gettare i Pokémon nel gabinetto”. E poi ci sono politici, come il deputato Pippo Civati che la prende con altrettanta ironia.

Pokémon Go in Sudtirolo (divisi per lingua)

Il gioco è arrivato anche a Bolzano, e il luogo di dibattito non poteva che essere il social network per eccellenza. Mentre la pagina facebook Pokémon Go Trentino sta organizzando il primo raduno regionale di “allenatori”, in Alto Adige troviamo in particolare quattro gruppi, i più attivi dei quali sono Pokemon Go Südtirol (in tedesco, ottocento iscritti) e PokéBolzano Official (italiano, 175 membri). Vi sono infine “Pokémon Go Bolzano” e “Pokémon Go Trentino Alto Adige”. I gruppi organizzano uscite in squadra “a caccia” di Pokémon – soprattutto alla sera e di notte per cercare un po' di frescura e aumentare le probabilità di cattura – e si consigliano a vicenda sui luoghi dove trovarli. Difficile da trovare è Pikachu, avvistato al parco delle Semirurali. Al Pokestop in via Raiffeisen un ragazzo ha attivato un'esca, cioè una trappola, per attirare giocatori e sparargli dalla finestra con un fucile softair (tutt'altro che virtuale). Al Duomo c'è una palestra, persino alla disco del Life Club si “beccano” Pokémon. A Bolzano vi sono tre team: Pokèbolzano-CORAGGIO (di colore rosso), Pokèbolzano-SAGGEZZA (blu) e Pokèbolzano-ISTINTO (giallo), più concentrati in singoli quartieri della città. A fine luglio si terranno tre “Pokémon Go Tour”, rispettivamente il 24 a Bressanone, il 26 alle ore 19 in piazza Walther a Bolzano e il 28 a Merano, come segnala – rigorosamente in tedesco – la pagina facebook Pokémon Go Events Südtirol.

Pokémon nel parco della Stazione di Bolzano, ovvero nel "degrado"

Infine, una curiosità. Il fondatore, amministratore e principale animatore del gruppo PokéBolzano è Davide Gallo, il giovane che nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 luglio ha subìto il pestaggio da parte di due esponenti di CasaPound, oltretutto nel primo giorno di uscita di Pokémon Go in Italia. Il che aggiunge un elemento di pericolo serissimo, tutt'altro che digitale e divertente: nella città di Bolzano, essere “quattro gatti a giocare” (come scrive l'amministratore di PokéBolzano) potrebbe risultare insicuro per ragioni certamente non legate alla realtà aumentata della app – alla faccia di chi già è pronto a tacciare di “degrado” i giovani che s'aggirano con lo smartphone. Per scongiurare i pericoli, sarà meglio fare affidamento al proverbiale potere soporifero del canto di Jigglypuff.