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Meno migranti che all'inizio degli anni Duemila

Cinformi e il modello dell'accoglienza trentina, tra numeri (reali) e sovraesposizione mediatica.

In Trentino arrivavano più stranieri all'inizio degli anni Duemila, ma oggi la percezione è diversa per via della sovraesposizione mediatica. I flussi ordinari, quelli legati agli stranieri che ricercano lavoro, sono bloccati. I flussi migratori che sono seguiti alle crisi umanitarie della vasta area tra l'Africa subsahariana ed il Bangladesh sono stati minori in termini assoluti ma a più elevato impatto.

Mattinata formativa per i giornalisti regionali promossa da Cinformi nel Palazzo dell'Istruzione a Trento. Il Cinformi, centro informativo per l'immigrazione, è un'unità operativa del Dipartimento salute e solidarietà sociale della Provincia di Trento, coordinata da Pierluigi La Spada. L'11 febbraio 2016 verrà anche presentato il rapporto immigrazione 2015, con nuovi dati per capire meglio il fenomeno migratorio in Trentino.

Partendo ad esempio da un dato, quello dei richiedenti protezione che a Trento e provincia sono 940, mentre in Tirolo sono 5mila 200.

La Spada parte dal 2003, quando si cominciò con un progetto per accogliere dei richiedenti asilo, al tempo erano dieci rumeni che avevano bisogno di un'assistenza strutturata. Rumeni che nel frattempo sono diventati comunitari (nel 2007) e che a fine 2013 hanno superato le 10mila unità in Trentino (dati rapporto annuale 2014 “L'immigrazione in Trentino”).

Al tempo sull'accoglienza strutturata stava dibattendo anche il Parlamento europeo e la Commissione emise una direttiva applicata quindi in Italia nel 2005. Nel 2002-2003 vi fu in Italia anche la più grande sanatoria per immigrati irregolari mai voluta in Europa, tanto che in Trentino si passò da 14mila residenti stranieri ad oltre 50mila.

Le quote d'ingresso negli anni Duemila prevedevano per il Trentino 1200 persone ogni anno e La Spada racconta di come spesso si trattasse di ricongiungimenti famigliari oppure l'ingresso di amici e parenti di immigrati già stabili in provincia.

Un “salto” al 2011 e cambia lo scenario dell'immigrazione. I problemi in Nordafrica portarono ad una distribuzione dei migranti su tutto il territorio nazionale; fra aprile e settembre 2011 arrivano 223 persone, che rimarranno in Trentino per 2 anni. Fino al 2013 il sistema complessivo nazionale dell'accoglienza aveva 5mila posti accreditati, quindi l'obiettivo è stato quello di portarli a 21mila.

Nel periodo di presidenza della Provincia da parte di Alberto Pacher (tra le elezioni politiche di febbraio 2013 e quelle provinciali di ottobre dello stesso anno) si decise di ampliare l'accoglienza trentina da 30 a 149 posti stabili. Nel 2011 il Governo stanziava 46 euro per l'accoglienza di ogni persona ed il modello trentino di controllo di tutta la filiera (personale, costi fissi, vitto, alloggio, corsi d'italiano, tirocini) ha fatto sì che si riuscisse a limitare la spesa a 26 euro per persona.

Venendo al 2014 la Provincia, assieme ad altre associazioni del privato sociale, ha predisposto l'accoglienza straordinaria fino a giugno 2014 di 40 persone negli spazi della Protezione civile di Marco di Rovereto, con 30 euro di budget per ogni persona.

Su 30 euro che lo Stato gira alla Provincia per ogni migrante il 45% finiscono in vitto ed alloggio, il 34% in spese di personale, il 9% in pocket money (l'unica somma che va quindi direttamente al richiedente protezione), il 6% in formazione, il 6% in generi di prima necessità.

Nel frattempo, con il decreto legislativo 142 del settembre 2015, è stato istituito il sistema nazionale dell'accoglienza. Con una procedura che prevede dei centri di prima accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (i cosiddetti “hotspots governativi”) e quindi un sistema di seconda accoglienza territoriale. Ogni 10mila arrivi, 90 persone vengono destinate al Trentino.

Entro fine gennaio saranno terminati i lavori alla ex caserma Damiano Chiesa a Trento sud, dove verranno ospitati in futuro i maschi, mentre femmine e famiglie troveranno una prima sistemazione all'Hotel Quercia di Rovereto. Quindi la seconda fase dell'accoglienza troverà risposta in strutture collettive come ad esempio quelle sparse sul territorio a Flavon, Pinè, Isera, Roncone, oppure in alloggi privati. Nel corso del 2015 sono stati 35 gli appartamenti messi a disposizione dei privati.

 

La Spada ha anche accennato alle recenti polemiche uscite sui mezzi mainstream legate al cibo (pollo ed uova) nel centro di accoglienza di Marco. Aspetti legati alla gestione di situazioni delicate, tanto che «mi sono trovato anche a dover gestire degli scioperi della fame per piccole incomprensioni». Complessità del “mestiere dell'accoglienza”, aspetto che si sta professionalizzando sempre più: nel 2016 sono 90 le persone occupate nei progetti di accoglienza in Trentino per complessivi 10milioni di euro di finanziamenti.

Nel 2015 in Provincia di Trento sono passati 696 migranti nell'accoglienza straordinaria, 149 in quella ordinaria, 104 in attesa di inserimento. In 480 sono stati in 13 strutture collettive, in 207 in 48 alloggi. La provenienza è soprattutto africana (Nigeria, Senegal, Mali, Costa d'Avorio), ma vi sono numeri notevoli anche da Pakistan, Bangladesh, Afghanistan. La fascia d'età dei migranti è soprattutto quella fra i 18 ed i 29 anni (518 persone), seguita da quella fra i 30 ed i 39 (122).

L'accoglienza è a tempo indefinito fino alla risposta della Commissione competente, che avviene solitamente dopo 18 mesi, ai quali si susseguono ulteriori 6 mesi di attesa.

La Spada è intervenuto anche all'interno della taskforce Euregio sull'immigrazione ed ha cercato di rispondere ad una semplice domanda venuta dalla platea da Elmar Pichler Rolle, che dopo il cursus honorum nelle istituzioni ha ripreso in mano la penna. «Che succede se la Germania blocca le frontiere?». La Spada ha ricordato che l'Austria ha detto di essere in grado di chiudere tutte le proprie frontiere in 24 ore, ma ha anche confermato come oltre Brennero ci sia paura di un blocco di ferrovia ed autostrada. «L'auspicio è quello che non vi sia la chiusura, ma un intervento multilivello con una distribuzione equa e solidale dei migranti e l'Unione Europea ad investire seriamente sul ridurre le ragioni migratorie».

Il coordinatore di Cinformi dice la sua anche sulla tendenza del

«considerare gli immigrati come cittadini di serie B, aspetto che nelle seconde generazioni può creare possibili conflitti futuri»

Sui migranti ed il lavoro La Spada ricorda come «molti abbiano una situazione di stress psicologico, perché si sentono la responsabilità di dover produrre reddito per sé e per i propri famigliari. C'è chi vende anche il proprio buono spesa per poter mandare qualcosa a casa». E se all'inizio degli anni Duemila c'era l'inserimento lavorativo dei migranti, oggi ci si procura il pane soprattutto attraverso i tirocini: «su 100 tirocini organizzati nel 2015, in 27 hanno poi trovato occupazione».

 

Spazio quindi ad Abdelazim Ali Adam Koko, che ha ricordato l'attività del Centro Astalli, organizzazione internazionale dei Gesuiti con l'obiettivo di accompagnare, servire, difendere. Un'attività che è partita a Trento con lui come operatore nel 2006 e che oggi conta 30 dipendenti e 60 volontari. Koko ha ricordato ai colleghi giornalisti l'importanza del corretto uso delle parole e le differenze tra le varie tipologie di protezione. Con implicazioni anche sullo status giuridico. Ad esempio un immigrato per motivi economici non ha accesso ai concorsi pubblici, mentre un rifugiato ha accesso.

Lo status di rifugiato si ottiene dopo un riconoscimento del poter essere perseguitato per razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale, opinioni politiche. Dopo cinque anni dal riconoscimento dello status di rifugiato si può ottenere la cittadinanza italiana.

La protezione sussidiaria la può ottenere chi non viene riconosciuto come rifugiato ma andrebbe incontro al rischio di subire un danno grave se tornasse nel Paese di origine. Questo tipo di protezione ha una durata di 5 anni ed è prorogabile. Dopo 10 anni di protezione sussidiaria si può ottenere la cittadinanza italiana.

Infine la protezione umanitaria di 1 anno può essere concessa qualora ci possano essere gravi motivi riconosciuti dalla Commissione territoriale.  

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Max Benedikter Thu, 01/14/2016 - 22:00

Interessante che in trentino la cittadinanza venga informata sui costi e sui modi di gestione dei richiedenti asilo, compreso la differenza di posti ordinari (provinciali) e straordinari (statali), mentre in Alto Adige tutto tacie.

Thu, 01/14/2016 - 22:00 Permalink