Liliana Di Fede ha vinto. Anzi, no. O forse sì?
I meccanismi che presiedono all’elezione del segretario (o della segretaria) provinciale del Partito democratico non sono semplici da comprendere. Apparentemente, infatti, la mera lettura dei dati direbbe questo: 3807 votanti, Liliana Di Fede ha preso 1957 voti (mentre agli altri due candidati, Mauro Randi e Luisa Gnecchi, sono andati rispettivamente 1565 e 258 voti), quindi Liliana Di Fede è (anzi: sarebbe) la nuova segretaria provinciale del Pd. Giusto? No. No, perché la contestuale elezione dei 35 delegati che dovranno rinnovare l’Assemblea provinciale – l’organismo che di fatto elegge a tutti gli effetti il segretario (o la segretaria) – potrebbe spostare paradossalmente il consenso anche su un candidato che ha preso meno voti complessivi. Liliana Di Fede, sentita in proposito, parla di un meccanismo adibito alla “complicazione degli affari semplici”. E Antonio Frena, segretario dimissionario, a tal proposito cita “complessi bizantinismi”.
Per decidere la faccenda occorre dunque attendere l’arzigogolato calcolo dei resti inerenti l’elezione dei delegati e comunque, dopo di questo, la decisione dell’Assemblea provinciale. La quale – tanto per aumentare ancora un pochino il coefficiente di complessità – non comprenderà soltanto i 35 eletti, ma anche i membri della Commissione elettorale, che perciò potrebbero rendere il risultato finale ancora più incerto di quel che già sembra.
Insomma, pur avendo ottenuto il 51% dei voti, Liliana Di Fede potrebbe realmente essere scavalcata dalla somma, espressa dai delegati, messa insieme dalla maggioranza dei candidati a lei avversi. La votazione di ieri va dunque considerata solo un antipasto, in attesa che i sofisticatissimi cuochi del Partito democratico portino in tavola le altre portate. Se il pranzo alla fine risulterà indigesto ai commensali è un altro discorso.