Ambiente | rifiuti

La cultura dei rifiuti

Rifiuti: “Tutti i sistemi possono funzionare se sono aderenti alla realtà”. Dall’Africa a Bolzano per raccogliere idee e capire che si tratta di coniugare economia, ambiente, informazione e cultura.

Ecocentri, inceneritori, impianti per la produzione di biogas o per il compostaggio: sono le realtà complesse che compongono il mondo della gestione dei rifiuti nell’Alto Adige del 2013. Christine Nyemek è venuta dal Benin (Africa occidentale) per vedere come funziona questo sistema. Il suo approccio, ancor prima che scientifico o gestionale, è per così dire storico. “Noi facciamo i primi passi – spiega – e al momento ci limitiamo (quando va bene) a buttare tutto in discarica. Ma era così anche qui da voi non molti anni fa, non è vero?”

Giulio Angelucci, direttore dell’Ufficio gestione rifiuti dell’Agenzia provinciale per l’ambiente, dà ragione a Christine: “La cultura dei rifiuti non si costruisce dall’oggi al domani. Quando parlo nelle scuole faccio vedere una foto della discarica di Castelfirmiano. Si vede il castello e davanti una valanga di rifiuti. È per dire che anche nella nostra storia del rifiuto ci sono stati tempi in cui si abbandonava tutto in giro. Non si vedevano altre soluzioni”. Non parliamo dell’800, ma degli anni ’70 del ‘900.

Christine Nyemek ci crede fermamente. Ha avviato con pochissimi mezzi un progetto pilota nella sua città di Natitingou. “Cominciamo con quello che abbiamo. Verifichiamo che tipo di rifiuti si producono, raccogliamo ferro, vetro e soprattutto l’umido col quale abbiamo già prodotto del compost. Ma soprattutto andiamo nelle scuole e, partendo dai bambini, spieghiamo tutto ciò che bisogna sapere dei rifiuti. Poi saranno i figli ad istruire i genitori. E così, piano piano, si cambia la mentalità e si crea cultura”. Il progetto (che ha un piccolo finanziamento da parte della Cooperazione allo Sviluppo della Provincia di Bolzano) evolverà nella creazione di un centro che funzionerà da punto di riferimento per chi vuole farsi coinvolgere. Il terreno c’è già e ora vi si porterà l’acqua.

In questi giorni Christine ha girato in lungo e in largo la regione (e non solo): dalle attività della Municipalizzata di Merano alla discarica di Vadena, dall’impianto di biogas a Lana a quello di compostaggio a Caldaro, dagli ecocentri del comune di Trento, a quelli, in Veneto, di Ponte nelle Alpi e di Conegliano. A Trento alcuni primi contatti con la facoltà di Ingegneria, da sempre attenta all’attuazione di progetti “senza frontiere”.

A proposito di “cultura del rifiuto” anche a Bolzano, in questi giorni c’è chi abbandona i sacchetti della spazzatura in modo indiscriminato… Solo episodi? “Partiamo dalla constatazione – dice Angelucci – che il rifiuto per noi è quella cosa che non usiamo più e che, secondo noi, non ha nessun valore commerciale. Non è sempre facile spiegare alle persone che per questi oggetti inutili c’è da pagare qualcosa… E’ difficile far capire tutto ciò che sta dietro al trattamento dei rifiuti.

Quello che succede oggi a Bolzano riguarda però solo una minoranza della popolazione. Succede ovunque. Il sistema di raccolta perfetto non esiste”. Come dire: dappertutto c’è un tasso fisiologico di maleducazione. Perché però a Merano la situazione sembra diversa? “In realtà a suo tempo anche a Merano ci sono stati gli stessi problemi. Infatti hanno dovuto spostare le campane e installare telecamere per evitare l’abbandono selvaggio … La differenza tra Bolzano e Merano è che a Merano si è cominciato quindici anni prima…”

Coniugare economia, tutela dell’ambiente, informazione e cultura: questa la sfida che vale tanto nel Sudtirolo che nell’Africa subsahariana. Se il cittadino è informato (e educato) la qualità del rifiuto diventa automatica. Va mantenuta poi una prospettiva “storica”. In Provincia hanno dati a partire dagli anni ’80, secondo i quali c’è un incremento costante della quota di raccolta differenziata mentre il residuo rimane più o meno lo stesso (100/110.000 tonnellate). La parte di differenziato si fermerà attorno al 60 per cento? “Dipende tutto – spiega Angelucci – da quanto è davvero possibile recuperare in modo ecologicamente e economicamente conveniente. Inoltre la mentalità può cambiare. Quando nel 1996 ho cominciato questo lavoro in Alto Adige non si raccoglieva l’organico. La cosa era considerata addirittura impensabile. Oggi per molti è la normalità. Vedete? È la storia dei rifiuti che evolve…”

L’importante, ci si trovi a Bolzano o a Natitingou, è non limitarsi ad applicare modelli e progetti teorici, magari pensati altrove, ma rimanere con i piedi per terra. “Tutti i sistemi possono funzionare se sono aderenti alla realtà”.