Politica | Ritratto

Giorgio Holzmann, memoria e forse futuro

È la figura ancora più rappresentativa del centrodestra locale. Spodestato da circostanze sulle quali riflette con sarcasmo, distruibisce giudizi e analisi. Non escludendo il suo ritorno.
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Foto: © Oswald Stimpfl

In un bar di Corso della Libertà Giorgio Holzmann sembra ancora godere del riconoscimento del quale ha bisogno. Seduto fuori, caffè e un bicchiere d’acqua dal quale non tocca una goccia, riceve e risponde ai saluti con brevi cenni del capo e occhiate consapevoli. Da qualche mese l’ex deputato di Alleanza Nazionale e del Pdl, adesso assieme ai Fratelli d’Italia fondati da Ignazio La Russa e Giorgia Meloni, è in attesa. Tornato al suo lavoro di agente assicurativo, guarda alle vicende politiche con apparente distacco, ma è per l’appunto il distacco di chi vorrebbe rientrare in pista, se solo si presentasse una buona occasione. Intanto parla di sé, prediligendo verbi al passato.

Com’è potuto accadere
Confesso a Holzmann di non capire come sia potuto rimanere così a lungo nel Pdl, un partito che lui stesso definisce “di plastica” e che lo ha portato molte volte ad approvare scelte per le quali il parlamentare non nasconde un certo imbarazzo. “Vengo dalla destra italiana, ho cominciato a far politica nel 1970. Quando Berlusconi è sceso in campo a tutti noi si aprì il cuore: ecco che finalmente possiamo uscire dal ghetto, cominceremo a fare politica nelle istituzioni”. Holzmann ripercorre la storia degli ultimi venti anni. “Al congresso di Fiuggi nacque An, un passaggio maturo, approvato da tutti. Ma fummo d’accordo anche dopo, quando An venne praticamente inclusa nel Pdl. È stato soprattutto Fini a spingere in quella direzione, anticipando il congresso del partito. Pensava – e lo pensavo anch’io – che saremmo riusciti a portare la nostra esperienza, i nostri valori, all’interno del cosiddetto partito azienda”. Un errore fatale. Gli ex-An vennero trattati come meri soci di minoranza. Le scintille tra Fini e Berlusconi mandarono il progetto a gambe all’aria.

Mai tradire
Eppure, insisto, l’epilogo non è stato un fulmine a ciel sereno. La convivenza all’interno del Pdl si è rivelata già fin dall’inizio problematica. “La cosa più difficile, per me, era condividere gli stessi banchi con personaggi inquisiti, contigui alle organizzazioni criminali, accusati di corruzione. E poi le cosiddette donnine. Tristissimo vedere la donna di tizio, la donna di caio deputate. Un afflusso di personaggi improbabili, che alla fine ha preso il sopravvento su tutto il resto”. Sì, ma allora perché non dirlo prima, perché non smarcarsi subito? “Vede, quando Fini ha lasciato il Pdl, io l’ho criticato. Lui avrebbe potuto rimanere nella coalizione. Sarebbe stata forse anche una mossa più intelligente. Però ha scelto di cambiare completamente campo, è diventato un alleato di Di Pietro e Bersani per far cadere Berlusconi. Da uomo di destra, io sono invece rimasto perché la cosa che mi fa più paura è l’accusa di tradimento, che mi si rinfacci di aver cambiato bandiera. Quindi ho scelto, come faccio sempre nei casi dubbi, di adeguarmi alla disciplina di partito. Anche se poi sono stato costretto a ingoiare di quei rospi…”.

Nessun rimorso
La fedeltà ai propri principi prima di tutto. E anche verso il passato, nessun rimorso. Nel 2002 la giunta comunale di Bolzano cercò di attuare un gesto distensivo, cambiando il nome della piazza al centro della quale troneggia il monumento fascista più odiato dalla popolazione di lingua tedesca. Holzmann organizzò un referendum per ripristinare il nome originario, celebrativo della “vittoria” dell’esercito italiano su quello austro-ungarico. A distanza di più di dieci anni, è ancora convinto che fosse una scelta obbligata: “Mi creda, ho cercato di evitare il referendum in ogni modo. Ricordo che proposi a mia volta nomi alternativi, ma la discussione venne condizionata dall’atteggiamento intransigente di Oswald Ellecosta. Alla fine fu una vittoria, ottenuta anche grazie all’astensione di molti cittadini residenti nei quartieri tedeschi. Comunque io non utilizzai quel successo per sfiduciare Salghetti. La mozione di sfiducia fu presentata solo da Unitalia”. Sulla storicizzazione del monumento, in via di trasformazione in un museo della memoria, Holzmann ha solo qualche perplessità di ordine pratico (“dove troveranno i soldi per pagare i custodi?”), si dichiara tuttavia sostanzialmente d’accordo. “È un pezzo che ho smesso di portarci corone di fiori, il 4 novembre. Ho molto rispetto. Mio nonno ha combattuto per gli austriaci. Mi darebbe fastidio fare politica speculando su questi fatti. Preferisco che a darsi battaglia siano rimasti solo Donato Seppi e la Klotz”.

Contro il partito territoriale
Propongo di abbandonare il passato e discutere su un tema al centro dell’attenzione: la riforma dello statuto d’autonomia e la necessità, sentita da molti, che i partiti di lingua italiana esprimano un maggiore radicamento territoriale, al limite dando vita a formazioni non più dipendenti da scelte prese sempre altrove. “Quest’ultima cosa sarebbe uno sbaglio”, mi blocca subito. “Un ancoraggio con Roma è molto importante, non deve essere indebolito. Guardi quello che è successo a proposito della legge sulla toponomastica. Se non avessimo avuto l’appoggio di Fratelli d’Italia sarebbe stato molto più difficile affrontare la questione”. Ma a fronte dello sgretolamento del centrodestra locale, ribatto, con una proliferazione di liste facenti capo in pratica a leader in perenne dissidio, com’è possibile che a Roma riescano a individuare o anche semplicemente a capire il motivo dei nostri specifici malesseri? “Penso di essere stato il primo a proporre un comune passo indietro di chi finora non è stato capace di unire il centrodestra locale. I personalismi, motivati dalla speranza di riuscire a entrare in Consiglio provinciale con i resti, hanno vanificato ogni sforzo. Se in più tagliassimo ogni rapporto residuo con Roma, rimanendo a scannarci qui tra noi, non credo che le cose andrebbero meglio”.

I veri responsabili
Il richiamo alle lacerazioni del centrodestra locale è l’occasione per parlare, con una malcelata punta di sarcasmo, di quelli che Holzmann individua come i suoi veri responsabili. In primo luogo Michaela Biancofiore, a suo giudizio non molto diversa da una delle “donnine” stigmatizzate in precedenza: “Ha distrutto il partito, applicandosi con solerzia al suo ridimensionamento elettorale e danneggiandolo anche in aula, dove ha totalizzato un numero record di assenze. Per non parlare del suo mentore, Franco Frattini, che poi è anche il vero artefice della vergognosa offerta fatta alla Svp, quando si trattò di recuperare i voti necessari a salvare Sandro Bondi, avallando la richiesta che venisse eliminato il fregio di Piazza Tribunale. Un fatto che per fortuna non si è poi realizzato”. Parole dure però anche nei confronti di Mauro Minniti, un tempo sodale di Holzmann nella prospettiva di un accreditamento istituzionale dell’ala “moderata” del Pdl provinciale. “Minniti era nella mia scia, è grazie a me se è potuto diventare presidente del Consiglio provinciale. Ma, una volta sedutosi su quella poltrona, ha cominciato a compiere atti incomprensibili. Prima le scuse, non richieste, per le presunte torture inflitte dai Carabinieri ai terroristi degli anni sessanta, poi ancora le scuse per essere andato a deporre una corona di fiori all’ossario di Burgusio. Abbiamo dovuto vergognarci di lui”.

Una nuvola di rimpianto
“Ho affermato più volte che non vorrei ricandidarmi alle provinciali”. La frase sembra di circostanza, motivata più dalla difficoltà di aprirsi un varco nella folla di partiti concorrenti che da un’autentica stanchezza politica. E infatti la precisazione non tarda: “Certo, se me lo chiedessero, se per il bene del mio partito fossi costretto a riprendere in mano il timone, anche in queste difficili circostanze, non mi tirerei indietro”. Lo sguardo poi si allunga, forse per la prima volta, verso il futuro. Holzmann cita le elezioni comunali che si terranno tra due anni: “In quel caso bisognerebbe animare un progetto trasversale, ovviamente passando prima per un ricompattamento del centrodestra…”. Ma di quale centrodestra si parlerà, tra due anni, e con un appuntamento elettorale precedente, quello di ottobre, che rischia di spazzarne via ogni traccia sussistente, è un pensiero che adesso, mentre il colloquio volge al termine, ha la consistenza di una nuvola che piange rimpianto.

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Fidi Ellmenreich Dom, 07/21/2013 - 20:24

si, infatti, strano che Holzmann sia fuori, ed altri personaggi (biondi) con poche cellule grigie siano ancora li a sparare cavolate. A Holzmann non sarebbe mai sucesso di fare brutta figura, la cosa che non capisco è perchè voi politici della destra, alla fine fate sempre e comunque troppa politica solamente per il lato italiano, piuttosto di fare "buona" politica per tutti. E facendo cosi non vi vota nessun "tedesco", finora almeno, ma se vi sentiste più sudtirolesi, ... ops, scusate, altoatesini!!

Dom, 07/21/2013 - 20:24 Collegamento permanente
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e d Dom, 07/21/2013 - 21:16

"Nel 2012 la giunta comunale di Bolzano cercò di attuare un gesto distensivo".

Il gesto distensivo cui ti riferisci è realmente, noiosamente, datato 2002. Il tuo è però soltanto un errore di battitura. Sono infatti persuaso che l'esito del referendum sarebbe stato identico nel 2012. Nell'anno in cui hai proiettato questo bellissimo ritratto, invece - il 2022 - le cose saranno probabilmente diverse. Anche il Sudtirolo ideale eterno è destinato a finire.

Dom, 07/21/2013 - 21:16 Collegamento permanente