Lunghi pensieri e libertà ristrette
A Civitavecchia, lo scorso agosto, un uomo di 59 anni, legato ad un letto del servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) dell’Ospedale San Paolo, si è dato fuoco fuoco con un accendino. Soccorso in extremis dal personale e dai vigili del fuoco, è stato ricoverato in gravi condizioni nel reparto rianimazione. Nel riportare la notizia, un quotidiano romano ha precisato che le indagini “dovranno chiarire come abbia fatto il paziente a venire in possesso di un accendino”. L'aneddoto, raccontato da Peppe Dell'Acqua durante il convegno "Il pensiero lungo" che si è tenuto ieri a Bolzano, è in effetti emblematico.
L'attenzione del giornalista si è, infatti, concentrata sul possesso dell'accendino, mentre non si è chiesto se era legittimo che il paziente fosse fosse legato al letto di un ospedale, senza che qualcuno se ne stesse occupando.
Ed è proprio sulla contenzione che si sono concentrati i lavori del convegno, organizzato dalla Scuola provinciale per le professioni sociali "Emmanuel Levinas" che vedeva tra i relatori Daniele Piccioni, avvocato e consigliere parlamentare, Peppe Dell'Acqua, direttore emerito del dipartimento salute mentale di Trieste, Pier Aldo Rovatti, emerito docente di filosofia teoretica all’università degli studi di Trieste, Stefan Tappeiner, giudice del tribunale di Bolzano incaricato di docenza di diritto penale all’Università di Innsbruck e Lorenzo Toresini, direttore emerito del reparto di Psichiatria dell’ospedale di Merano.
Dopo la visione de "I giardini di Abele" di Sergio Zavoli, ha preso la parola Daniele Piccione, autore de "Il Pensiero Lungo" (Alphabeta) testo che mostra come “il processo di liberazione di chi soffre di disturbi mentali sia stato allora compiuto e vada oggi difeso nel nome della nostra Carta fondamentale”. Quella stessa Costituzione che, secondo Piccione, non prevede un uso legittimo della contenzione, come è esplicitato in particolar modo nell'articolo 13. (vedi video)
Su sollecitazione del pubblico, i relatori hanno, poi, dedicato una particolare attenzione al Trattamento Sanitario obbligatorio (Tso), argomento che ha dato il via ad un brillante scambio di battute tra Rovatti e Dell'Acqua (video). Quest'ultimo, intervistato durante una pausa dei lavori, ha accettato di precisare il suo punto di vista sul Tso, attualmente troppo spesso è utilizzato per riproporre logiche manicomiali molto lontane dallo spirito della legge 180: "il Tso è il punto più delicato di equilibrio di cui siamo stati capaci di mettere in atto – ha precisato. Ma la logica deve essere quella della massima responsabilizzazione del medico verso la cura del paziente, attraverso la negoziazione ed il dialogo. Nei fatti, invece, nove volte su dieci, ha fatto tornare a galla la logica manicomiale e della contenzione. Il problema non nasce dalla legge, ma dalla psichiatria, dal livello delle scuole psichiatriche che troppo spesso si limitano ad elencare sintomi e liste di farmaci, mentre, come diceva Basaglia, occorre interessarsi al malato più che alla malattia".
Nelle stesse ore, nella stessa città, si stava tenendo un convegno (vedi qui) sulla Tec e Peppe Dell'Acqua ha accettato di dire la sua sulla questione "In Italia l'utilizzo dell'elettroshock è piuttosto limitato, viaggiamo su circa seicento persone trattate ogni anno, mentre nel resto del mondo si parla di centinaia di migliaia di trattamenti. In Italia è poco utilizzata perchè ha vinto una cultura che ha cambiato il rapporto con il disturbo mentale, ma, detto ciò, nonostante il vasto utilizzo a livello mondiale, non c'è un solo studio che dimostri seriamente come il trattamento dell'elettroshock sia superiore ad altri".
Non molto diverse le opinioni di Lorenzo Toresini sull'argomento: "la Tec ha una quantità devastante di effetti collaterali, soprattutto sulla memoria, con effetti a volte irreversibili. Non voglio negare l'organicità della malattia mentale che, però, ha evidenti risvolti sociali ed esistenziali, non si può pensare di risolvere tutto con una scossa nel cervello che cancella la memoria".