Una strada in salita

“Sono troppi” aveva detto il sindaco di Ora Roland Pichler dopo che la Provincia aveva annunciato, la scorsa settimana, l’arrivo di 50 migranti nel piccolo comune altoatesino. Due casette di legno costruite nell’area della stazione dei treni, questa la sistemazione individuata, una struttura che dovrebbe sorgere in un’area a nord di proprietà provinciale. Ma sul tavolo c’è anche l’ipotesi di utilizzare un immobile già esistente. Il piano è stato presentato alla cittadinanza lo scorso 12 aprile. All’incontro, organizzato dal Comune, era presente anche l’assessora Martha Stocker; “gli interventi sono stati perlopiù negativi, sono scioccata dal fatto che oggi, in Alto Adige, si faccia finta di aver vissuto la stessa situazione che c’è stata e c’è in Germania o in Austria, di fronte a dichiarazioni disumane abbiamo la responsabilità di prendere posizione e di parlare chiaro alla gente perché la cosa è semplice: i migranti sono essere umani e come tali devono essere trattati e accolti”, ha affermato l’assessora durante l’evento andato in scena ieri sera (13 aprile) all’Ost West Club di Merano.
Negli incontri informativi nei vari comuni (Castelrotto, Ortisei, Tesimo, Vizze) presenziati dall’assessora sono sempre prevalsi commenti avversi osserva l’intervistata, “ma io non demordo perché ho notato che in tantissimi si attivano per accogliere queste persone; ciò è confortante, e so che dopo un certo periodo la gente si rende conto che può anche essere bello accettare questa sfida (dell’accoglienza, ndr)”. Partendo dal quadro generale Stocker ha poi spiegato che la mobilità su scala mondiale è il risultato di una globalizzazione che dopo la caduta del muro di Berlino si è progressivamente diffusa, “dobbiamo essere consapevoli del fatto che il mondo sta cambiando, e che tutte queste persone che ora arrivano sul nostro territorio sono le stesse che pensavamo di poter sfruttare arricchendoci”.
Grande è la solidarietà dimostrata dalla popolazione altoatesina che tuttavia negli ultimi tempi si avverte meno, “sono convinta che solo chi ha molto a cuore le proprie radici possa capire l’altro e accettarlo all’interno della propria identità culturale, ed è quello che sto cercando di fare anche io”, ammette l’assessora che racconta di aver impartito alcune lezioni di storia agli ospiti di Casa Arnika a Merano. Per il 2016, informa poi Stocker, è stato previsto un budget di 3 milioni di euro per i richiedenti asilo - tenendo conto che la maggior parte delle spese sono coperte dallo Stato - e per l’accoglienza dei profughi che potrebbero doversi fermare in Alto Adige a causa della chiusura del Brennero. “Se dovesse servire più denaro lo erogheremo”, assicura l’esponente della Svp che risponde anche alle accuse sulla mancata rapidità di intervento alla stazione di Bolzano nel periodo in cui il flusso migratorio era particolarmente intenso. “Una settimana dopo che i volontari della società civile avevano iniziato a presentarsi in stazione abbiamo dato l’incarico a Volontarius, non volevamo frenare l’impegno e la solidarietà della società civile e oggi credo sia stata una saggia decisione, ma la difficoltà più grande era quella di avere un locale; come Provincia non avevamo le competenze per intervenire alla stazione e abbiamo dovuto bussare a tante porte; ci sono voluti due incontri al commissariato del governo per ottenere una struttura più grande. Nessuno di noi era preparato a quella situazione - confessa Stocker - ma è stato un interessante processo di apprendimento”.
In Provincia, spiega l’assessora, attualmente sono presenti 210 persone “giunte sul nostro territorio dopo che si sono viste respingere la richiesta d’asilo inoltrata in un altro paese; chiediamo che costoro vengano inseriti nel sistema di distribuzione nazionale - altrimenti prima o poi avremo migliaia di persone in Alto Adige - e noi ci assumeremo le nostre responsabilità nell’ambito della nostra quota pari allo 0,9%”. Infine la questione dei cosiddetti “irregolari” il cui numero è evidentemente ancora sconosciuto: “Normalmente ‘spariscono’ nelle città più grandi; il punto è che dobbiamo trovare una risposta a questa domanda: come dobbiamo comportarci quando certe richieste d’asilo vengono respinte? Si tratta di persone che non hanno nessuna legittimazione per poter accedere ai servizi sanitari pubblici”, così Stocker.