No alle scuole separate per stranieri
In seguito ad alcune affermazioni rilasciate dal Landeshauptmann nella consueta conferenza stampa del lunedì pomeriggio (e anticipate nella sostanza da un articolo del Dolomiten), la settimana declinante è stata contrassegnata da un acceso dibattito sulla formazione linguistica da impartire ai bambini con background migratorio. Poche in realtà le voci levatesi a sostegno di quanto auspicato da Luis Durnwalder, favorevoli cioè alla creazione di percorsi di apprendimento separati per “stranieri”. Mentre, pur consapevoli dei problemi posti alla base di una tale richiesta, la maggioranza dei commentatori politici e degli esperti di pedagogia ha sottolineato come un’autentica integrazione sia possibile solo adottando il principio guida della cooperazione e favorendo così l’immediato inserimento di chi apprende all’interno di un “normale” contesto scolastico.
Anche la Consulta Immigrati dell’Alto Adige è di quest’avviso. In un comunicato stampa si legge: “Di fronte alla proposta del presidente della Provincia di Bolzano Luis Durwalder (…) la Consulta manifesta la propria perplessità e respinge fermamente ogni tentativo di separazione, di discriminazione razziale e di ghettizzazione sociale”. Sottolineando come l’efficacia dell’apprendimento possa invece essere senz’altro migliorata grazie all’attivazione di centri linguistici e associazioni volontarie, la Consulta considererebbe l’introduzione di classi differenziali “anticostituzionale, priva di fondamento dal punto di vista pedagogico e metodologico, nonché dal punto di vista sociale e giuridico”.
Un ultimo commento negativo giunge infine da un gruppo di ricercatrici e docenti dell’Eurac e della LUB, vale a dire centri di ricerca e formazione afferenti alla Provincia: “Assistiamo stupite all’attuale dibattito sul tema scuola per migranti – scrivono Andrea Abel (linguista), Dana Engel (pedagogista), Stephanie Risse (linguista) e Elisabeth Tauber (antropologa). Non sono poche, infatti, le ricerche locali e internazionali e le buone pratiche che evidenziano come bambini con o senza background migratorio inseriti in contesti scolastici inclusivi apprendano le lingue con successo. Alla luce di ciò – concludono le ricercatrici –, ci chiediamo come mai la politica proponga ora un modello scolastico di tipo segregativo. A quanto ci è dato sapere, non c’è mai stato un confronto serio e articolato con esperti in materia per verificare, dati empirici alla mano, quale sia l’effettivo status quo, pertanto siamo tentate di pensare che questa proposta abbia a che fare con la prossima campagna elettorale”.