La strategia per salvare i punti nascita
Mercoledì 30 settembre a Roma i presidenti Rossi e Kompatscher e gli assessori alla sanità Luca Zeni e Martha Stocker proveranno a proporre un modello, per salvare i punti nascita periferici dove nascono meno di 500 bimbi l'anno.
L'assessore Zeni al quotidiano Trentino ha dichiarato che la discussione a Roma non sarà sull'ottenere una deroga, ma sul proporre un modello «che tenga conto della sicurezza sanitaria, delle distanze, dei costi economici e delle ricadute sociali». L'obiettivo è quello di fare affidamento su esperienze analoghe nell'arco alpino e sull'appennino.
I reparti maternità a rischio sono 4 in Trentino e 2 in Alto Adige. L'ultimo a chiudere è stato il punto nascita di San Candido, mentre anche in Trentino da anni è chiuso il reparto maternità dell'ospedale più orientale, quello di Borgo Valsugana.
Sotto la soglia dei 500 sono Tione, Cavalese, Arco, Cles in Trentino e Vipiteno e Silandro in Alto Adige.
Per adeguare alla normativa i reparti maternità trentini servirebbero circa 5milioni di euro l'anno, per mantenere sei professionisti in servizio. Il modello prevederebbe inoltre la presenza fissa di un anestesista rianimatore formato per operare anche su bambini al posto di un pediatra, come previsto dai protocolli ministeriali.
Nel percorso di riorganizzazione della sanità trentina Zeni affronterà nei prossimi mesi la messa in rete dei medici di medicina generale, i “medici di base”, che verrebbero associati in gruppi per poter dare in breve tempo una miglior risposta ai pazienti.
Il nuovo sistema potrebbe partire da Mezzolombardo ed Ala, dove gli ex ospedali possono fungere da “polo” per i medici di famiglia. Inoltre nell'organizzazione a raggera, con Trento al centro, gli altri ospedali periferici avranno una specializzazione che li renderà punto di riferimento provinciale. Quindi emergenze nel capoluogo e negli altri sei ospedali garantiti almeno pronto soccorso, medicina, ortopedia e una specializzazione.