Il convegno
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Kultur | Avvenne domani

Uno sguardo a oriente

Il convegno organizzato a Trento dalla Fondazione Museo Storico fa luce sulla politica degli italiani negli ultimi anni dell'Impero Austroungarico.
  • L’esplorazione storica di quel che avvenne nelle province italofone dell’Impero Austroungarico tra la metà dell’ottocento (da quando cioè l’assetto amministrativo e politico scaturito dal Congresso di Vienna venne messo in progressiva crisi dalle spinte risorgimentali in Italia e dalle rivolte interne dei ceti liberali) e il precipitare del continente nel baratro della Grande Guerra pone sempre, quando avviene, il tema del confronto tra la situazione nel Tirolo meridionale e quella che si registra invece nella Venezia Giulia e nell’Istria. È una sorta di dialogo ideale tra eguali e diversi, in un continuo attrarsi e respingersi di differenze e analogie. Un rapporto che quindi è sempre molto interessante esplorare, man mano che il tempo passa e che una ricerca storica, sempre meno legata per fortuna alle storiografie militanti del passato, lo approfondisce sulla base di nuove fonti e di nuovi documenti.

    È un lavoro che trova la sua giusta ribalta in convegni come quello organizzato lo scorso fine settimana a Trento dalla Fondazione Museo Storico in collaborazione con altre istituzioni del settore e il cui titolo, “Gli italiani d’Austria Ungheria al tramonto dell’impero. La politica” basta da solo a delineare un campo di ricerca tanto vasto quanto affascinante. Se la prima sessione ha portato alla ribalta temi legati ad esempio le posizioni dei cattolici friulani o di quelli trentini nel periodo della tarda monarchia asburgica, la seconda giornata è servita ad approfondire questi temi e il rapporto soprattutto tra ciò che è avvenuto tra l’ottocento e l’inizio del 900 a Trieste e nella penisola istriana.

    Due storici, Luca Manenti e Frank Wiggermann hanno descritto rispettivamente le vicende del gruppo dirigente liberale a Trieste e sul litorale istriano. Storie in parte analoghe visto che si tratta di una classe di governo locale composta soprattutto dai ceti economicamente e culturalmente dominanti nel gruppo italiano. Una storia complessa però, perché all’interno di un ceto politico apparentemente omogeneo si verificavano fratture tra i gruppi più radicalmente legati all’irredentismo mazziniano e quelli più moderati in perenne equilibrio tra la tensione verso l’Italia unita e la necessità di tenere aperto un dialogo con Vienna, anche per poter approfittare delle politiche di sviluppo economico varate dall’Impero proprio in direzione dei porti adriatici. Sullo sfondo il confronto sempre più teso con l’elemento slavo a sua volta protagonista di una presa di coscienza nazionale.

    Uno sguardo su ciò che avveniva in quei decenni nel campo socialista è arrivata nella prima giornata proprio dal confronto tra la situazione trentina e quella triestina proposto, nella sua relazione, dal ricercatore Mirko Saltori ed è stato poi sviluppato, nella seconda sessione, con riferimento specifico alla situazione dei socialisti istriani dal giornalista e storico Enzo Giuricin. Particolarmente interessante in questa esposizione la parte dedicata all’accostamento tra le posizioni del nascente socialismo istriano e quello a carattere fortemente irredentista del Trentino di Cesare Battisti, con delle diversità marcate rispetto al socialismo triestino, ma in un dialogo continuo con l’austro marxismo di Vienna. In quest’ultimo ambiente politico si registra anche il tentativo di elaborare un ambizioso progetto per garantire diritti e identità culturale alla miriade di minoranze grandi e piccole che punteggiavano il territorio di un impero ormai squassato dalla crescita impetuosa dei nazionalismi. Fantasmi, questi ultimi, che avrebbero provocato danni spaventosi proprio nelle terre che affacciano sull’Adriatico.