Sports | INTERVISTA

"C‘è chi ha parlato e chi no"

"Il caso Alex Schwazer" è nella Top 5 delle serie TV in Italia oggi. Schwazer: "Sono soddisfatto del prodotto finale. Soldi da Netflix? Non ho ricevuto alcun compenso".
Alex Schwazer
Foto: Netflix

“La docuserie affronta in modo approfondito la mia vicenda, ma non è nata di mia iniziativa. Io ho partecipato come uno dei personaggi coinvolti e, da parte di Netflix, non ho ricevuto alcun compenso. Tutti avevano la possibilità di parlare. C’è chi ha accettato e chi no.”. Alex Schwazer, durante l'intervista rilasciata a Salto.bz, non è a conoscenza che quella a lui dedicata è la quinta serie TV Netflix più vista in Italia in questo momento. D’altra parte, da sportivo, è abituato a ben altro genere di classifiche.

Ho cercato di fare la massima chiarezza con Sandro, affinché potessimo iniziare un bel progetto insieme

Salto.bz: È soddisfatto di come è stata prodotta la docuserie sul suo caso? Ed ora, dopo la pubblicazione, cosa si aspetta che succeda?

Alex Schwazer: Sì, personalmente sono soddisfatto. Il team di Netflix è riuscito a spiegare in modo approfondito tutta la mia ultima vicenda. Credo che siano riusciti a mettere in evidenza non solo gli aspetti sportivi ma anche i rapporti tra le persone e come questi cambino con il tempo. Per il resto, non ho molte aspettative; spero che chi guarda la serie rimanga soddisfatto, avendo trascorso delle belle ore davanti allo schermo.

Come l'hanno presa in famiglia, i genitori e sua moglie?

I miei genitori credo che non l’abbiano ancora vista, perché non hanno Netflix. Mia moglie l’ha guardata a casa da amici. Anche lei è rimasta soddisfatta, soprattutto perché si è dovuta superare per fare l’intervista; non ama questo genere di attività.

Sta svolgendo tante interviste? È un periodo stressante?

Ci sono molte richieste, sì. Però io sono contento che ci sia un buon interesse sulla docuserie. Le interviste le vivo con piacere.

Entrando nel merito della serie, in particolare nel periodo tra il primo e il secondo caso di positività, durante la visione si nota come lei dovesse conquistarsi la fiducia del “prof”, ovvero del suo allenatore Sandro Donati. In quegli anni le interessava riottenere anche quella del proprio pubblico?

Ho cercato di fare la massima chiarezza con Sandro, affinché potessimo iniziare un bel progetto insieme. Mi sono concentrato su quello, senza prestare troppe attenzioni al grado di fiducia del grande pubblico.

 

Da qui anche la scelta di non avere profili sui social network? Rischiano di diventare delle macchine del fango?

In realtà la scelta è vecchia, risale a un po’ di anni prima. Mi reputo una persona sempre disponibile al confronto, a patto che questo avvenga nella vita reale. In generale penso che i social tolgano tempo ed energie alla vita. Sono un luogo dove ognuno può dire la propria. Poi non mi interessa neppure molto se ci sono delle critiche: quelle non mancano mai, se una persona non le vuole ricevere dovrebbe sparire dalla circolazione.

Durante i 4 episodi viene trasmessa anche qualche immagine della montagna, da mezzo d’informazione altoatesino non possiamo che non chiederlo: che rapporto ha con la natura e la montagna?

Sono cresciuto in un paese a 1500 metri d'altitudine. Ho un rapporto stretto e intenso con la montagna. Però forse sono un altoatesino atipico perché mi piace il caldo e il mare, dove trascorro le vacanze con la mia famiglia; è uno dei momenti più belli dell'anno.

La mia squalifica finisce l’8 luglio 2024, ovvero quando le qualificazioni olimpiche sono già chiuse. Io non mi voglio più illudere e credo sia comprensibile per chiunque.

Dal punto di vista psicologico, dopo tutto quello che ha passato, com'è il rapporto con la marcia? Si allena ancora? Torna spesso alla mente la vicenda nata nel 2016 o riesce a concentrarsi?

Sono un grande appassionato di sport e lo rimarrò per sempre. Mi alleno ancora, anzi, non ho mai smesso, anche se ora è diventato un hobby.
Già da diverso tempo quello che ho vissuto non mi torna più in mente, né di giorno né, tantomeno, durante l’allenamento, che baso sull'intensità. Mi concentro e la mente non può viaggiare più di tanto.

Qualche quotidiano nazionale ha scritto che con una riduzione della squalifica potrebbe partecipare alle qualificazioni per le Olimpiadi del 2024. È davvero plausibile?

No, perché non voglio più illudermi. Come si vede nella docuserie mi sono allenato per le Olimpiadi di Rio 2016 senza avere la certezza di poter effettivamente prenderne parte. Inoltre, vista l’archiviazione del Tribunale di Bolzano, abbiamo ritentato provando a partecipare a Tokyo 2020, rimanendo a casa anche quella volta. Non è stato facile. Quello che conta, nella vita, sono i fatti. Ad oggi so che la mia squalifica finisce l’8 luglio 2024, ovvero quando le qualificazioni olimpiche sono già chiuse. Io non mi voglio più illudere e credo sia comprensibile per chiunque.

 

Guardando invece alle prossime generazioni: ha ancora fiducia nel mondo dell’atletica e nel sistema che lo regola? Quando vede atleti giovani allenarsi cosa pensa? Vale la pena o la poca trasparenza del sistema vanifica i loro sforzi?

Una persona deve seguire le proprie passioni, senza farsi influenzare dalle vicende passate. Poi è chiaro: come nella vita, anche nello sport ci sono degli aspetti negativi. Ma questo non dev’essere un freno. Già il fatto di essere appassionati a qualcosa non è scontato. Chi fa atletica dev’essere soddisfatto.

Da quando è uscita la serie, o perlomeno da dopo l’archiviazione del procedimento penale a Bolzano, le è stata mai espressa una forma di vicinanza da qualche rappresentante politico o da qualche istituzione?

Si, ci sono stati parecchi contatti di vicinanza, messaggi e telefonate. D’altro canto credo che, in generale, ci sia una grossa ipocrisia. Quando i media si aspettano un certo atteggiamento, tutti i personaggi pubblici lo devono seguire, altrimenti non va bene. Quello che conta davvero però sono i rapporti a livello interpersonale, quindi i messaggi privati ricevuti.

Ha ottenuto un cachet per la realizzazione della docuserie o ha partecipato in modo volontario?

La docuserie affronta in modo approfondito la mia vicenda, ma non è nata di mia iniziativa. Io ho partecipato come uno dei personaggi coinvolti e, da parte di Netflix, non ho ricevuto alcun compenso. Tutti avevano la possibilità di parlare. C’è chi ha accettato e chi no. Questo è importante da dire. (NdR Come scritto dagli autori alla fine dell’ultimo episodio della docuserie: “Alle nostre richieste di intervista Sebastian Coe, Thomas Capdeville, Ross Wenzel, la GQS di Stoccarda, il laboratorio di Colonia e Luciano Barra non hanno risposto o hanno preferito non rilasciare dichiarazioni").

È a conoscenza dell’attuale numero di visualizzazioni che ha ottenuto il prodotto in questi giorni? È consapevole che si trova nella Top 5 delle serie TV in Italia oggi?

Non ho la minima idea di quante persone l’abbiano vista. Scopro ora, grazie alla domanda, la posizione in classifica sulla piattaforma, ma non perché io non sia soddisfatto della serie, semplicemente non presto attenzione a queste cose.