“Chiudere sarebbe una sconfitta per le donne”
“Siamo sconvolti”, esordisce così Daiana Foppa, ostetrica di stanza a Vipiteno, dopo la ventilata chiusura del punto nascita dell’ospedale dell’Alta Val d’Isarco annunciata ieri (28 giugno) dal presidente della Provincia Arno Kompatscher e dall’assessora competente Martha Stocker (nel contempo, ha promesso la giunta, il reparto di riabilitazione del professor Leopold Saltuari avrà i suoi 21 posti letto). Monta la rabbia e la frustrazione degli addetti ai lavori, “non ci aspettavamo una decisione presa così, dall’oggi al domani, senza alcun preavviso e senza coinvolgere nessuno dando la colpa delle loro decisioni a Roma”, prosegue, amareggiata, Foppa. Il conto alla rovescia intanto è iniziato: se entro il 29 luglio non si troveranno gli 8 medici - per la precisione 7,7 - che servono a garantire gli standard di qualità e sicurezza richiesti dal Ministero della Salute il punto nascita non avrà, a quanto pare, chance di sopravvivere.
Eppure molte sono le donne anche al di fuori del comprensorio sanitario che scelgono la struttura di Vipiteno per partorire, chiaro indice del fatto che il punto nascita è ancora considerato inequivocabilmente un centro di eccellenza. “Chiudere sarebbe una sconfitta per le mamme non solo della Provincia ma anche del resto d’Italia, e una mancanza di rispetto delle loro scelte”, tuona l’ostetrica che rincara la dose: “È assurdo che quando fa comodo l’assessora Stocker ci paragoni all’Austria e la Germania sottolineando che in Alto Adige occorre considerare la concorrenza, ma per quanto riguarda la questione standard di sicurezza ci confronti con l’Italia. I nostri numeri e la nostra situazione geografica sono più simili a quelle del nord Tirolo dove ai neonati a quanto pare non serve il pediatra per nascere”. Il problema non è solo dei medici, sottolinea ancora Foppa, per quel che riguarda la sicurezza “non si parla mai di quante complicanze riusciamo ad evitare con un’ostetricia non interventistica e rispettosa delle donne e dei loro tempi; mai si valuta di aumentare il numero di ostetriche nelle strutture per garantire assistenza one to one che è l’unica ad assicurare più sicurezza possibile”.
L’altro punto nascita sotto la soglia annuale dei 500 parti, Silandro, sembrerebbe averla scampata pur avendo meno parti (357), verrà infatti richiesta una deroga per ragioni geografiche, Vipiteno, al contrario, rischia grosso perché sarebbe “troppo” vicino a Bressanone. “Nè a Silandro né a Vipiteno serve quella esagerazione di medici, il decreto che prevede la presenza di 4 esperti attivi 24 ore al giorno esiste perché nel resto d’Italia hanno cifre spaventose di tagli cesarei e un ostetricia molto medicale con tutti i rischi del caso, ma con i nostri numeri non ha senso”, afferma l’ostetrica che aggiunge: “Con un’assistenza rispettosa si evitano complicanze, in ostetricia molta patologia è fatta in casa per interventi non necessari e questo non lo valuta nessuno”.
Resta il nodo Bressanone. Nel punto nascita della città vescovile infatti l’accertata carenza di personale potrebbe avere un ruolo chiave nel decretare la fine del punto nascita di Vipiteno, “dopo le dimissioni annunciate dal primario di Bressanone avrebbero potuto chiederci di sederci insieme a un tavolo per trovare soluzioni, fare progetti e migliorare. Sono convinta che i conti non torneranno - avverte Foppa - non so quanti dei medici che lavorano nell’Alta Val d’Isarco saranno interessati ad andare a Bressanone”. Sulla stessa linea anche Albrecht Giuliani, primario di ginecologia ed ostetricia a Vipiteno: “I medici per garantire il turno attivo ci sono, non credo affatto sia una buona idea sacrificare un reparto per un altro, da noi, peraltro il personale è molto motivato”.
Una ferma presa di posizione giunge anche dal Collegio delle ostetriche della Provincia di Bolzano secondo cui la salute, “il capitale umano più prezioso”, dovrebbe essere sempre al primo posto ma “quando si decide chiudere i punti nascita presso gli ospedali periferici non sembra che quella dell’attenzione alla salute sia una priorità”. E ancora: “Il Collegio ha presentato in più occasioni modelli di ostetricia alternativi che potrebbero essere realizzati in Alto Adige con uno sforzo trascurabile, purtroppo tuttavia nessuno di questi modelli è stato finora implementato”. Si denuncia inoltre anche la copertura insufficiente delle ostetriche sul territorio, un investimento, in questo senso, dicono le dirette interessate, sarebbe lungimirante dal momento che l’assistenza al parto significa supporto nella fase più delicata di una famiglia. “L’Alto Adige potrebbe essere un esempio per le altre Province e Regioni con un nuovo modello ostetrico-centrico”. Nel frattempo sono quasi 8mila le firme raccolte in tutta Italia contro la chiusura del punto nascita di Vipiteno.