Politics | autonomia

Referendum lombardo-veneto

I governatori leghisti Zaia e Maroni chiedono un “election day” affinché Veneto e Lombardia possano esprimersi sullo “Statuto d'Autonomia” da attribuire alle due regioni.
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Foto: Regione Veneto

Hanno già provato ad abbinarli al referendum costituzionale del 4 dicembre, alle elezioni amministrative e persino alla consultazione ambientalista sulle trivelle in mare della primavera scorsa: il governo si oppose in tutti e tre i casi. Roberto Maroni – governatore della Lombardia nonché già ministro e segretario della Lega Nord – e il suo omologo veneto Luca Zaia ci riprovano con una lettera indirizzata a Mattarella, Gentiloni e ai ministri Minniti (interni) e Costa (Affari regionali) nella quale chiedono un “election day” per i referendum consultivi senza quorum sull'Autonomia regionale del fu Lombardo-Veneto, affiancando al voto nazionale il voto regionale. A una condizione: al massimo entro giugno, Veneto e Lombardia andranno al voto per il referendum, anche a proprie spese. “Roma sappia che andremo comunque per la nostra strada” minaccia Zaia.

Veneti e lombardi potranno pronunciarsi su un modello di autonomia come quello altoatesino

I due governatori del nord chiedono di “far coincidere la data del referendum regionale con la prossima consultazione referendaria nazionale o con le elezioni comunali, con conseguente risparmio di spesa”, riferendosi ai due referendum abrogativi sul lavoro promossi dalla CGIL e ammessi dalla Corte costituzionale. L'abbinamento consentirebbe a Lombardia e Veneto di risparmiare circa 20 milioni di euro – e soprattutto di tutelarsi dai rilievi della Corte dei conti.

Per il 90%, al cento per cento

Da sempre le Regioni a Statuto speciale Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia sono nel mirino dei confinanti “ordinari”: “Se il Veneto avesse le stesse prerogative tributarie di Trento e Bolzano disporremmo in bilancio di 26 miliardi di euro contro gli attuali 7” tuonava l'ex-governatore veneto Giancarlo Galan, poi arrestato con l'accusa di corruzione sugli appalti del MOSE di Venezia. “I veneti potranno pronunciarsi su un modello di autonomia come quello altoatesino” – spiega ora Zaia – che trattenga sul territorio il 90% delle imposte, ovvero dell’Irpef versata: “Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?” reciterà il quesito. Un'autonomia sul modello del Trentino-Alto Adige che il ministro per gli Affari regionali Costa e il sottosegretario Gianclaudio Bressa bollano come “uno spot”, ricordando che la negoziazione sui trasferimenti di bilancio e poteri debba rimanere all’interno dell’articolo 116 della Costituzione.

Il Sole24Ore calcola che Veneto e Lombardia cedano ogni anno allo Stato un residuo fiscale – cioè la differenza di entrate e spese – di oltre 70 miliardi di euro (18,2 miliardi il Veneto e 53,9 la Lombardia) “diluiti nel nome di una perequazione nazionale che impoverisce i ricchi e non sfama i poveri” del Mezzogiorno, scrive senza mezzi termini il giornale di Confindustria. Sottrarre cifre così imponenti avrebbe un impatto tutt'altro che marginale sulla stabilità dei conti pubblici. Tutto dipenderà da un eventuale negoziato tra le Regioni del Nord e il governo centrale. 

Per la prima volta nella storia repubblicana milioni di cittadini saranno chiamati a esprimersi sulla loro autonomia

In caso di vittoria (data per certa) del sì, sostiene Zaia, “sarà come accendere la luce nella notte della Repubblica”, auspicando file chilometriche ai seggi: “Dev’essere un plebiscito con un’altissima percentuale di votanti, solo così faremo capire a Roma il nostro reale sentimento autonomista. Per la prima volta nella storia repubblicana milioni di cittadini saranno chiamati a esprimersi sulla loro autonomia”. 15 milioni di lombardo-veneti rappresentano quasi un quarto della popolazione italiana, pur essendo gli abitanti di sole due Regioni sulle 15 a statuto ordinario. Al referendum è attribuito una sorta di “valore fondativo”, un “atto costituente” usando le parole di Mario Bertolissi, docente all’università di Padova e promotore davanti la Consulta delle due leggi venete impugnate dal governo (sull’indipendenza, bocciata, e sull’autonomia). Un ragionamento sulla falsa riga di quello catalano, in lotta contro Madrid a colpi di ipotesi referendarie. Arriveremo al neverendum