Society | Intervista

“Lingue e esperienze, una marcia in più”

Simona Peluso, 27 anni, giornalista, lavora per Report: “L’ambiente internazionale di Bolzano mi ha lanciato nel mondo. Ai ragazzi dico: fate cose diverse, crescerete”.
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Foto: Report

salto.bz: Simona Peluso, 27 anni, collaboratrice della trasmissione di giornalismo d’inchiesta Report sulla Rai, com’è iniziato il suo percorso che l’ha portata a Bolzano e poi in Europa?

Simona Peluso: Io vengo da Genzano, un paese vicino Roma. Mi sono trasferita a Bolzano subito dopo il liceo per studiare all’università e mi sono iscritta al corso in Economia e Scienze Sociali. Durante gli studi, sono stata in Erasmus in Belgio, all’università di Namur, nell’area francofona. Ho fatto lo stage curricolare (di sei mesi) a Berlino, occupandomi di comunicazione per un noto ecommerce tedesco. Mi sono laureata nel 2013, a marzo, poi ho trascorso due anni nella capitale tedesca, dove ho lavorato per alcune aziende in ambito marketing. Avrei dovuto cominciare un master in Economia internazionale, sempre a Berlino. Stavo per entrare in aula, il giorno della prima lezione, quando ho scoperto di aver superato il concorso per la scuola di giornalismo di Perugia. Piangendo di gioia e di tristezza a fasi alterne, mi sono catapultata in Italia, con una valigia di 15 chili e mille scatoloni sparsi per le case di tutti i miei amici berlinesi: ammetto che non è stato semplicissimo lasciare la Germania, ma sono chiaramente felice di come siano andate le cose. 

 

Partendo da una formazione in economia e scienze sociali si è avvicinata al giornalismo, giusto?

Sì, ho fatto la scuola di giornalismo radiotelevisiva di Perugia e prima di allora avevo collaborato con varie testate locali e online. Diventare giornalista è sempre stato il mio sogno, avevo iniziato a lavorare per dei giornali locali quando ero ancora al liceo. Non ho mai smesso di scrivere, avevo sempre le mie collaborazioni attive, adoravo seguire la cronaca delle varie città in cui mi trovavo. C’è stato un momento, però, in cui ho creduto seriamente che non ce l’avrei mai fatta. Il tempo passava, le delusioni si accumulavano, mi ero messa l'anima in pace ed ero rassegnata all’idea di seguire una carriera più stabile e sicura. “Non hai mica studiato economia per nulla”, mi dicevano tutti.

 

Stava per abbandonare il suo sogno professionale?

Ho fatto il concorso per la scuola un po’ per caso, come ultima chance: o la va o la spacca. Fortunatamente è andata, ho avuto l’occasione di fare un’esperienza che auguro davvero a tutti coloro che vorrebbero fare questo lavoro. Durante la scuola ho fatto vari stage (in Rai e in Mediaset) e poco dopo aver superato l’esame da professionista ho iniziato a collaborare con la redazione di Report.

 

Quali sono stati gli aspetti più importanti della formazione presso la Libera università di Bolzano che le sono tornati utili nell’attività professionale successiva?

Chiaramente le lingue, il background economico, le esperienze che ho maturato in azienda (occupandomi di marketing, ho imparato moltissime cose che mi sono tornate utili successivamente). Quel che mi ha formata di più a Bolzano, però, sono stati i miei amici, e quell’ambiente internazionale che è difficile trovare altrove. I miei compagni di corso mi hanno spinta a guardare il mondo in modo diverse, a cercare altro, a “volermene andare”; adesso fanno tutti cose stupende, in ogni angolo del globo e sanno trasformare anche una semplice chiacchierata in una cascata di storie, spunti ed entusiasmo. Essermi formata - e formarmi - con loro mi fa venire voglia di non stare ferma e continuare a cercare un modo di migliorarmi. Sembrerà retorico, ma per me vale più di ogni altra cosa. 

 

Crede sia importante, per una lettura adeguata dell’attualità, una formazione specifica incentrata sulla relazione tra economia e scienze sociali e lo studio in diverse lingue?

Assolutamente: tornassi indietro, sceglierei mille volte il mio corso di laurea. Cambierei solo una cosa: proverei a studiare una lingua extra-europea (avevo iniziato il russo mentre ero in università, l’ho abbandonato e non sono mai riuscita a riprenderlo per bene). Avere delle basi di economia aiuta a leggere i fenomeni con altri occhi, poter parlare quattro lingue - la quarta per me è il francese, oltre a inglese, tedesco, italiano e in questo periodo sto imparando lo spagnolo -, permette di fare ricerche più complete, avere tanti spunti, entrare nelle storie in modo più profondo. 

 

Di cosa si occupa per Report?

Collaboro con la redazione del programma: il mio lavoro consiste nel seguire gli autori in tutte le fasi di sviluppo dell’inchiesta, dalle ricerche iniziali fino al montaggio. Gli argomenti cambiano molto da una stagione all’altra e lavorando con vari autori si toccano sempre aspetti sempre diversi: in generale, mi capita spesso di seguire temi legati all’economia. Grazie alla conoscenza delle lingue, posso dare una grossa mano sulle ricerche internazionali e le trasferte all’estero. 

 

Cosa consiglia ai giovani che vogliono intraprendere questa entusiasmante ma difficile carriera?

Aiuto, non so se sono nella posizione di dare consigli, avrei tanto bisogno di qualcuno che ne desse a me! Credo però che in questo particolare momento, per i giornalisti ma non solo, sia utile imparare a essere autonomi in tutti gli aspetti che ruotano attorno alla quotidianità del lavoro. Non basta più saper scrivere: ci viene chiesto di girare e montare video, conoscere un po’ di HTML, scattare foto, usare database. E perché no, capire un po’ di economia. Ogni competenza può servire, regalarci una marcia in più, quindi mi sento di dire: diversificate, fate esperienze, provate a fare anche cose che pensate non vi piacciano; aprite un blog, lavorate in azienda, seguite un noiosissimo consiglio comunale, parlate con la gente alla fermata dell’autobus. Ci sono storie ovunque: trovatene una e rendetela vostra. Seguitela, svisceratela in ogni dettaglio. Bisogna diversificare i nostri investimenti formativi, ma parallelamente, specializzarsi su qualcosa (anche su una cosa piccola, l’importante è non perderla mai di vista e coltivarla).

 

Bisogna essere curiosi e aperti, quindi, e non smettere mai di interessarsi alle cose?

Sarò banale e dico: imparate una lingua, e quando la saprete, imparatene un’altra. Io non so che direzione prenderà la mia carriera: mi auguro - lo auguro a tutti - di non appiattirmi, e di continuare a mettere insieme tanti piccoli mattoncini con l’entusiasmo che avevo quando ero all’università (salvo i giorni in cui incombeva l’esame di statistica). Chi sa se ci riuscirò.