Culture | Marc Augé a Bolzano

Essere senza fissa dimora

Martedì 2 aprile il sociologo, etnologo e scrittore Marc Augé sarà al teatro Cristallo, per presentare la traduzione in italiano del suo "Journal d'un SDF".

Non è un romanzo, ma neanche uno studio o un saggio. L'autore la chiama una "ethnofiction", una "etnofinzione": attraverso il racconto di un soggetto individuale, creato o composto a partire da ciò che Augé ha potuto osservare nel suo lavoro, il lettore può farsi un'idea di un fenomeno (o di una categoria) sociale. In forma di diario, quindi scritto in prima persona, un personaggio (inventato, costruito) ci narra la sua storia. E guardando se stesso, il personaggio dell'etnofinzione "scopre la follia del mondo". È la narrazione di una progressiva precarizzazione. Il protagonista è un nuovo povero: pur godendo di una pensione (è stato funzionario dell'agenzia delle entrate), le spese legate a due divorzi precedenti non gli permettono di pagare un affitto e così decide di lasciare l'appartamento in cui viveva, per iniziare una sorta di erranza, all'inizio all'interno del 15e arrondissement che diventa il suo mondo.

"Ce n'est plus seulement la psychologie que est en cause dans la situation des sans-logis, mais directement le sens de la relation, de l'identité et de l'être." (Nella situazione dei senza-tetto non c'entra solo la psicologia, ma direttamente il senso della relazione, dell'identità, dell'essere.  - la traduzione è mia) La perdita del domicilio, di un "chez soi", di un luogo dove ci si sente "a casa", porta pian piano e comporta la perdita dei riferimenti spazio-temporali. Il racconto è anche la descrizione delle conseguenze psicologiche di questa perdita. All'inizio vivere in macchina dà l'illusione di libertà e il personaggio parla di "mollare gli ormeggi", ma lo stato d'animo cambia ben presto. Il mio trasloco segnerà un inizio o una fine, si chiede il personaggio. In un primo momento cerca comunque di mantenere la propria identità, scrivendo il diario (ma via via scriverà meno frequentemente) e curando le sue abitudini e alcune relazioni, ma la discesa è progressiva e ineluttabile. Si sente "déplacé (fuori luogo). Finirà per rinunciare completamente all'idea di reinserirsi nella società.

Nella sua riflessione sugli elementi che formano la nostra identità, Augé sembra dirci che senza luogo di riferimento finiamo per perdere la nostra identità.

"Diario di un senza fissa dimora" (Raffaello Cortina editore, 2011). Il libro è anche stato tradotto in tedesco: Tagebuch eines Obdachlosen, C.H.Beck Verlag, 2012.

QUI l'intervista a M. Augé pubblicata da Franz Magazine.