Culture | Ex Pascoli

Zöggeler: "La città è un libro vivente"

Una visita alla scuola che lascerà il posto al polo bibliotecario e una telefonata con l’architetto e storico dell’architettura cittadina Oswald Zöggeler. Il controverso rapporto di Bolzano con il proprio passato.
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Foto: Alex Knight / Pexels

Oswald Zöggeler parla lentamente, con una sfumatura di amarezza nella voce: “La città è come un libro, un libro vivente. Anche le cose che, quando furono costruite, ci parevano brutte, poi acquistano significato. È il tempo che le rende importanti”. Case, palazzi, piazze, strade. Nella luce settembrina di un maggio irriconoscibile ci si aggrappa ai ricordi, come fossero bandiere scolorite. “Non è così, o non è solo così. Non dovremmo strumentalizzare delle pietre, basta farle parlare, per quel che possono ancora dire”.

Sulla scala che solleva la facciata della ex Pascoli alcuni ragazzi si mettono in posa. Poi tornano a occuparsi dei fatti loro. Due persone escono da una porta laterale, sulla bocca i fatti di ieri: “… c’era anche Lidia Menapace, sono venuti a manifestare…”. Quando arriveranno le ruspe anche queste frasi assumeranno un altro sapore. Sapore di parole sbriciolate. In un edificio condannato a sparire, l’attesa è come un foglio ingiallito. Lo accartocci ma non fa rumore. Chiedo a un bidello se posso scattare delle foto (“faccia, faccia pure…”). Passa una studentessa, un ragazzo si avvia lentamente verso la sua classe.

“Forse una scuola ha sempre un valore particolare, di qui sono passati in tanti – continua Zöggeler –, ma in questo caso non è soltanto la memoria quello che conta: la zona oltre il Talvera è nata da un disegno organico, ogni singolo pezzo va visto in questo contesto. Magari non si tratterà di uno degli edifici più belli, ma è pur sempre una buona scuola, funzionante, perfettamente inserita nel suo ambiente. È un peccato dire: una scuola non serve più. Se prendiamo quelle che sono state costruite dopo, mi creda, non reggono il confronto”.

Mi piacerebbe fare l’avvocato del diavolo. E al diavolo pure i confronti. Perché la Bolzano italiana non si scrolla di dosso la polvere del passato, perché vuole conservare anche questa polvere, considerando tutto quello che odora di “modernità provinciale” come un attentato alla sua identità più profonda? Zöggeler non è d’accordo: “La modernità di cui stiamo discutendo genererà un mostro tecnologico e tecnocratico, secondo la moda della scuola di Innsbruck. Risparmieranno la facciata? Sarà una facciata sormontata da qualcosa d’incongruente, schiacciata da uno stile tronfio, che esprime solo prepotenza”.

In sala insegnanti una prof corregge i compiti. È sola. Anche dalle aule non filtrano rumori: dove sono finiti tutti? “Solo prepotenza, come nel caso del concorso. Si sapeva benissimo chi avrebbe vinto, già fin dall’inizio. Poi hanno fatto questa assurda marcia indietro, salvando in apparenza ciò che hanno in realtà deciso di distruggere e che distruggeranno”. Si sarebbe quindi potuto fare altrimenti? È ancora possibile tornare indietro? “Tornare indietro è sempre possibile, ma certo adesso è difficile: la macchina s’è già messa in moto. Ci sono settanta milioni da distribuire. E pensare che basterebbe cambiare la funzionalità dell’edificio con interventi poco invasivi, sfruttando magari altri spazi…”.

Quando qui nascerà la nuova biblioteca, la cosiddetta biblioteca “interetnica”, su uno scaffale ci sarà sicuramente anche il libro di Zöggeler, da anni non più in commercio: “L’architettura per una Bolzano italiana”. Opera che lo storico Carlo Romeo ha definito come imprescindibile per comprendere il periodo. Qualcuno lo prenderà in prestito, oppure lo sfoglierà su uno dei tavoli disposti per la consultazione, e magari troverà il punto esatto in cui egli avrebbe potuto trovarsi, se le cose fossero andate o andassero diversamente. Girando gli occhi all’intorno, quel lettore non vedrà più ciò a cui il testo si riferisce, come se stesse seguendo un’indicazione che porta in nessun luogo. Ma forse, non avendone personale memoria, gli sembrerà che in fondo vada bene così. Vivere è cercare l’equilibrio tra ricordare e dimenticare.

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rosanna oliveri Sat, 06/01/2013 - 21:46

Si tratta di uno spreco di soldi e di una perdita della memoria storica. Lo ha detto gente di tutti i gruppi linguistici e di tutte le aree politiche ed è evidente.

Sat, 06/01/2013 - 21:46 Permalink
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Maria Teresa Fortini Sat, 06/01/2013 - 23:49

C'è sempre tempo per tornare indietro, agli errori si può porre rimedio. Quell' edificio è un gioiello architettonico da risanare e non da abbattere. Nell'era delle biblioteche digitali un polo bibliotecario di quelle dimensioni è un controsenso. Uno spreco di risorse pubbliche (70 milioni) per realizzare una mega struttura superata e cancellare un altro po' di storia della Bolzano architettonica e sociale. Difronte tutti possono "ammirare" l' orribile palazzo che ha sostituito il cinema Corso. Non è bello rimanere nella storia per non averne fatto tesoro. Diciamolo ai politici che ci dovrebbero rappresentare.

Sat, 06/01/2013 - 23:49 Permalink
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Franz Mozzi Sun, 06/02/2013 - 10:20

Mi chiedo solo perché - se era davvero sufficiente «cambiare la funzionalità dell’edificio con interventi poco invasivi, sfruttando magari altri spazi…» - lo Studio Zoeggeler abbia partecipato al bando con un progetto che della vecchia struttura non conservava alcunché.
Mi auguro solo che i lavori possano partire al più presto.

Sun, 06/02/2013 - 10:20 Permalink