Aspettando il re
Due sono le componenti forti di Aspettando il re per la regia di Tom Tykwer: l’attore premio Oscar Tom Hanks nel ruolo del protagonista maschile e il romanzo di partenza di Dave Eggers Un ologramma per il re uscito nel 2012 e che dà anche il titolo alla versione originale, A Hologram for the King (di produzione Usa). Lo scrittore americano, classe 1970, è ben noto ai lettori per i suoi romanzi dallo spirito ipercritico verso il sistema, che sia esso politico, economico, tecnologico o emozionale, ma lo è anche per il pubblico cinematografico visto che è sua la sceneggiatura (in coppia con la moglie, Vendela Vida) di American Life di Sam Mendes del 2009 e di Nel paese delle creature selvagge di Spike Jonze del 2008. I protagonisti dei suoi romanzi si imbattono sempre in situazioni di vita pubblico-privata assai intricate e il loro inventore non manca nell’accompagnarli verso un esito – diciamo – un po’ più umano. Basta pensare a Il cerchio (Mondadori, 2013) in cui ci si tuffa in un mondo totalmente digitalizzato assieme a una giovane rampante e I vostri padri dove sono? I profeti forse vivono per sempre? in cui prende di mira il mondo politico americano cosiddetto alternativo mettendolo a nudo (Mondadori 2014).
Soprattutto Alan trova il tempo per riflettere sulla propria un po’ disastrosa vita privata, che nel film si vede tramite una serie di flashback.
Nel nostro caso la storia è quella di Alan Calay, un cinquantenne degli Usa, divorziato con una figlia all’università e sull’orlo della bancarotta, il quale viene inviato in Arabia Saudita per conto della ditta informatica con cui lavora. Deve presentare un nuovo programma per conferenze svolgibili anche a distanza grazie alla tecnica dell’ologramma, e lo deve mostrare niente di meno che al re della King Abdullah Economic City, una futura città avveniristica in mezzo al deserto, ancora tutta da costruire. Infatti, lui e i suoi giovanissimi collaboratori sono ospitati in una tenda gigantesca sotto il sole cocente e in mezzo al nulla per preparare il tutto. Mentre i suoi collaboratori ci dormono anche, Alan Clay è ospite di uno dei tanti alberghi di lusso a Gedda. Il lavoro stagna ma non per il clima caldo ma perché il re non c’è mai, è in giro altrove per viaggi di affari e così il gruppetto rimane in attesa nella terra di nessuno. Soprattutto Alan trova il tempo per riflettere sulla propria un po’ disastrosa vita privata, che nel film si vede tramite una serie di flashback.
Un giorno, Alan si sveglia in ritardo per prendere la navetta messa a disposizione della compagnia araba e prende un taxi. Yusef, che lo guida, è un giovane cittadino arabo dalle larghe vedute e siccome Alan passa le notti tormentate e richiamerà spesso Yusef per recarsi in taxi sul posto di lavoro, svegliandosi tardi, tra i due nasce un’amicizia: così l’autista lo “guiderà” anche nell’affrontare i suoi problemi introducendolo sempre di più nella vita quotidiana del luogo.
Abbiamo parlato tanto della storia del film fin qui, e quasi nulla delle immagini: Tom Twyker è un regista soprattutto di action movies (ricordiamo il primo, Lola corre del 1998 e soprattutto The international che aprì la Berlinale nel 2009) per cui pone attenzione sulla suspense, sul ritmo e sull’azione, appunto. Sequenze memorabili rimangono forse la perlustrazione di Alan Clay, fatta tutto da solo, nel primo caso nel deserto, un po’ inverosimile è vero, dove si visualizza nel paesaggio esterno il suo paesaggio interno e nel secondo quando rimane chiuso in un ipotetico palazzo in fase di costruzione dove incontra la cosiddetta gleba del mondo edilizio…
Poi, il film prende la direzione della love story, anche un po’ kitsch...
...se pensiamo al primo incontro ravvicinato tra i due sott’acqua, filmato al ralenti. Infatti, Alan Clay non porterà a casa l’affare milionario per la propria ditta, quello - per ironia della sorte - spetta a un informatico cinese che aveva offerto a un prezzo più basso un programma analogo, dico “ironia della sorte” perché lo stesso Clay aveva fatto chiudere una storica fabbrica di biciclette negli Usa per farla trasferire in Cina dove la forza lavoro era molto più a buon prezzo, lasciando quindi a casa tantissime persone. Un fatto che conosciamo grazie a uno dei tanti flashback che raccontano la vita passata di Alan Clay e che, a giudicare dalla sua crisi personale, alla fine gravava non poco sulla sua coscienza. Da buona tradizione americana, Tom Twyker - che è anche l’autore della sceneggiatura basata sul libro di Eggers - ha calcato sul lieto fine strizzando l’occhio allo spettatore: Alan si è innamorato della bella dottoressa araba, molto sexy con lo sguardo degli occhi neri sottolineato dal kajal nero, che aveva incontrato all’ospedale durante una visita per un (presunto?) tumore alla schiena (che a dire di lei era soltanto il male psichico che stava uscendo dalla sua anima) e ha deciso di rimanere in Arabia Saudita dove ha anche trovato un lavoro.