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La nefasta ideologia della Vittoria

L'ignoranza delle alternative alla guerra omicida serve al profitto dell'industria militare. L’analisi di Enrico Peyretti: "O una via d'uscita o la fine dell'umanità".
guerra ucraina
Foto: atlantic council

Ho letto, passatomi da amici, l'articolo di Paolo Ghezzi, "Marco d'Assisi e il dovere della pace". Anni fa, ho ascoltato Ghezzi: per stimarlo basterebbero i suoi pregevoli scritti sulla Rosa Bianca, la più nota resistenza tedesca nonviolenta e culturale opposta al nazismo.
Non vedo proprio che Tarquinio, e chi oggi vuole la pace nonviolenta, tradiscano il diritto alla difesa di chi è aggredito (in questo caso l'Ucraina). Oltre che un diritto, la difesa è anche un dovere. La singola persona può rinunciare - come fece Gesù, e chi lo segue del tutto - a difendere se stessa con mezzi duri, per non duplicare l'offesa e la violenza, ma ha il dovere di difendere altri aggrediti. Difendere come? Tutto sta in questa domanda: drammatico dilemma che tutti abbiamo sofferto.

Quali enormi profitti economici sfruttano il diritto e il dolore? Ma soprattutto: nuove armi alimentano la guerra e le uccisioni, o avvicinano dialogo e trattative, e una soluzione giusta, come è sommamente necessario?

Col rispetto di chi sente in coscienza di dover dare armi, ci dobbiamo chiedere: in quali mani andranno veramente? Quali enormi profitti economici sfruttano il diritto e il dolore? Ma soprattutto: nuove armi alimentano la guerra e le uccisioni, o avvicinano dialogo e trattative, e una soluzione giusta, come è sommamente necessario?
La soluzione del dare armi è troppo facile e di corta visione. I dubbi sul rispetto della Costituzione italiana sono autorevoli. Il Parlamento non è stato pienamente informato.

 

La fornitura di armi, e tutto l'atteggiamento della Nato e dell'Europa allineata, è dentro l'ideologia nefasta della vittoria, nuovamente sbandierata. Non vogliono solo la difesa, respingere l'aggressione, ma la vittoria. Ora, la vittoria bellica è sempre vittoria di chi più uccide e distrugge, non di chi ha diritto e ragione. Bobbio: «La guerra è l'antitesi del diritto». La vittoria bellica produce la guerra successiva, come abbiamo sempre visto. Il nazismo è stato vinto con la guerra, ma Gandhi avvertiva gli inglesi, il 7 luglio 1940: «Voi volete eliminare il nazismo. Ma non vi riuscirete mai adottando i suoi stessi metodi. La guerra può essere vinta solo diventando più spietati». Diversi studiosi si chiedono paradossalmente "Chi ha vinto la seconda guerra mondiale?". Giuliano Pontara vede alcune “tendenze naziste” presenti nei nostri modi di vivere, precedenti e seguenti il nazismo storico. Egli individua, riassuntivamente, otto componenti di questa vecchia e nuova “barbarie”: 1. la visione del mondo come teatro di una spietata lotta per la supremazia; 2. il diritto assoluto del più forte; 3. lo svincolamento da ogni limite morale; 4. l'elitismo (diritto di dominio che una élite si attribuisce in quanto “superiore”); 5. il disprezzo per il debole; 6. la glorificazione della violenza; 7. il dovere assoluto di obbedienza; 8. il dogmatismo fanatico. Le nuove violenze del XXI secolo sono espressione di queste tendenze (cfr G. Pontara, L'antibarbarie, Ed. Gruppo Abele, 2019, p. 26 ss e 313 ss).

Siamo ad un passaggio davvero epocale: o una via d'uscita, o la fine quasi totale dell'umanità

A me dispiace il tono ironico usato da Ghezzi verso Tarquinio e verso lo spirito di Assisi. Siamo ad un passaggio davvero epocale: o una via d'uscita, o la fine quasi totale dell'umanità. La riflessione morale-politica più profonda vede che - dal 6 agosto 1945, dalla Pacem interris ("alienum a ratione"), fino a papa Francesco che esprime la più avanzata coscienza, e invita i giovani a opporre alla guerra obiezione di coscienza (messaggio a Praga 11-13 luglio) - la "guerra giusta" non esiste più. Non è più possibile giustificare una guerra, oggi, sul ciglio del baratro totale. Il mezzo-guerra ha effetti che rendono impossibile ogni fine giusto. Ogni soldato ucciso, come ogni bambino traumatizzato, e ogni casa distrutta, escludono la guerra dai mezzi umani, anche prima della minaccia nucleare.

Non conoscono, o non vogliono conoscere, le possibilità della resistenza popolare nonviolenta, delle lotte giuste nonviolente

Il punto è che una grave ignoranza condiziona i politici, come l'opinione e l'informazione dominante: non conoscono, o non vogliono conoscere, le possibilità della resistenza popolare nonviolenta, delle lotte giuste nonviolente. Queste non sono utopie lontane, per un altro mondo, ma sono esperienze storiche: allego una bibliografia storica, pur incompleta. Paolo Ghezzi la conosce. La politica e la cultura hanno la colpa di non assumere e promuovere le iniziative volontarie di pace attiva - interposizione, mediazione, difesa civile - presenti nel mondo. L'ignoranza delle alternative alla guerra omicida è utile al profitto dell'industria militare omicida.