Politics | L'intervista

“Io sindaco? È presto per dirlo”

Claudio Corrarati, presidente del Cna, su una sua possibile candidatura a primo cittadino di Bolzano, sugli errori della politica, sul futuro della città.

Chiusa, con qualche batticuore, la faticosa fase dello Spagnolli-ter, si torna a parlare di nuove investiture. Nella liturgia del toto-nomi degli aspiranti candidati alla poltrona di sindaco quella di Claudio Corrarati, presidente dell’unione artigiani (Cna), è un’opzione che, da qualche tempo, ciclicamente, rispunta inesorabile. Un’ipotesi che tuttavia il diretto interessato preferisce al momento non prendere in considerazione.

Corrarati, perché non vuole parlare di una sua eventuale candidatura a sindaco di Bolzano?
Cerco di mantenere un rispettoso distacco da quello che sta accadendo nel panorama politico in questi giorni. La prima reazione della mia famiglia di fronte alla possibilità di candidarmi è stata una grossa risata seguita da un eloquente “ma chi te lo fa fare”. Per ora parto dai consigli di chi mi sta vicino, in più ho un ruolo preciso che mi è stato affidato dalle aziende e che intendo onorare. 

Ma non esclude una sua discesa in campo.
Vede, volendo fare un parallelismo con la mia attività lavorativa, nelle valutazioni dei rischi utilizziamo la formula dei colori, il rosso, il giallo e il verde. Se noi applicassimo alla nostra città, la nostra provincia, le nostre aziende, le nostre famiglie questi colori potremmo stabilire chi soffre e chi invece sta meglio. Oggi credo che il problema della rappresentanza, economica, sindacale, politica, sia che si cerca di assecondare contemporaneamente tutti questi colori trovando un’unica soluzione. Il concetto di fondo è che occorre riavvicinare cittadini e politica, imprese e rappresentanza, perché dimentichiamo di fare progetti specifici che rispondano ad esigenze specifiche. Non possiamo trattare tutto con la stessa logica di azione, ecco perché credo di avere ancora molto da fare nella mia posizione e perché ora non ritengo opportuno pensare ad una carriera nell’amministrazione comunale.

Durante la sua ultima intervista a salto.bz si era augurato che il governo Spagnolli resistesse anche nella prospettiva di garantire una stabilità economica alla città. Un auspicio alla fine inascoltato.
La mancanza di continuità nel governare la città non è un’opzione che Bolzano può permettersi di accettare. Soprattutto la categoria economica vive un momento di perpetua incertezza perché non sa quali saranno le scelte che verranno prese in considerazione né ha idea della visione che si vuole avere della città. Questa instabilità crea enormi problemi alle imprese. Bisogna tener conto inoltre che il mercato fuori è così veloce che si rende necessario, nel corso di un anno, cambiare di frequente strategie e politiche aziendali e se dall’altra parte non abbiamo dei partner che garantiscano continuità amministrativa ed equilibrio sociale, e con i quali possiamo discutere e smussare quelle strategie, il problema diventa molto serio.

Che idea si è fatto, come privato cittadino e come rappresentante della categoria economica, di quanto successo recentemente nell’agorà politico bolzanino?
Sa, in questi ultimi anni è nato un nuovo mestiere: il “professore dei ruoli degli altri”, ognuno di noi è convinto di sapere come si faccia il sindaco, il presidente, il gestore di un’associazione. Molti di noi dimenticano però di essere ancora degli studenti in questo senso. Faccio quindi fatica a giudicare il lavoro degli altri, tuttavia è chiaro che, vista dall’esterno, sembra che ci sia stata in questi anni una maggiore preoccupazione nel voler mantenere le proprie cariche piuttosto che nell’ascoltare le esigenze della città anche mettendo a rischio quelle stesse cariche, cosa che ha inevitabilmente provocato la disaffezione delle persone alla politica. Preoccupiamoci di riconquistare quella fiducia altrimenti assisteremo nei prossimi mesi solo ad un costante elenco di probabili candidati e nessuno che poi vada a votarli.

Dunque il commissario era l’unica soluzione possibile in questa fase di transizione?
Il commissario ha il compito di gestire l’ordinaria amministrazione, pertanto in questa fase riuscirà verosimilmente a restituire ai cittadini un po’ di serenità e nel frattempo questo periodo potrà essere un'occasione di riflessione per chi ha condotto a questo epilogo la città. 

Crede che l’amministrazione si sia concentrata troppo sui grandi progetti trascurando altre, uguali priorità?
C’è sicuramente il vizio di chiudersi, come in una spirale negativa, sulle solite problematiche. La città ha bisogno di guardare avanti, puntando allo sviluppo e non adagiandosi sugli allori. La convinzione che nella nostra regione le cose vadano meglio rispetto alle altre può essere pericolosa. Quando c’è una diffusa difficoltà economica le aziende sono stimolate a cambiare e a fare un passo avanti, ma se di fronte a questa crisi, che inevitabilmente tocca anche la nostra realtà, il governo cittadino non percepisce questa urgenza di cambiamento, allora il meccanismo si inceppa. Prendiamo l’esempio dell’Areale ferroviario, per realizzare il progetto, come sappiamo, ci vorranno tempi molto lunghi, è necessario allora ricreare nuove areali nella nostra città perché non possiamo aspettare anni per far partire cantieri di milioni e milioni di euro che poi magari non riescono ad assicurare neanche una ricaduta concreta perché, nel frattempo, il mondo cambia e si evolve. Dobbiamo inoltre riprendere in mano i temi dei rifiuti e della viabilità e soprattutto ascoltare i cittadini.

A proposito di questo, cosa pensa dell’ipotesi referendum che sta circolando in questi giorni rispetto al progetto Benko?
Non possiamo negare che il coinvolgimento dei cittadini sia basilare in una democrazia partecipata, dobbiamo però fare attenzione a non delegare compiti e ruoli della politica al popolo spesso per timore di prendere decisioni e quindi di perdere consenso elettorale. Con questa logica ogni tema su cui possono nascere delle divergenze dovrebbe passare sotto la lente referendaria. Inoltre bisogna stare attenti a come vengono formulati i quesiti nei referendum che devono essere illustrati con estrema chiarezza. Il punto è che se le politiche economiche e di sviluppo di questo territorio venissero presentate con tale estrema trasparenza forse, in molto casi, non ci sarebbe nemmeno bisogno dei referendum.

Si dice che il futuro sia delle liste civiche, cosa ne pensa? Crede che chi non ha avuto finora incarichi politici possa dare un diverso apporto alla politica comunale?
La necessità di avere un minimo di conoscenza delle regole base della polis è un requisito chiave che va senz’altro ad associarsi allo spirito di volontariato del singolo nel mettersi al servizio del sistema politico per un periodo limitato, ben inteso. La preparazione politica può agevolare anche i dibattiti più accesi mantenendo un accettabile livello di confronto, specie sui contenuti. Ecco, anche in questo senso bisognerebbe ritornare ad avere un certo stile.