Politics | Alleanze

Vent'anni dopo

Dopo quattro giunte rette da una maggioranza di centrosinistra a Bolzano si apre un nuovo capitolo nella politica comunale.

Con la nomina di un commissario, per ora provvisorio e presto definitivo, la vicenda politica del comune di Bolzano trova un punto fermo che permette forse un'analisi meno condizionata dall'accavallarsi continuo, negli ultimi mesi,di   avvenimenti e (piccoli) colpi di scena. La prima osservazione che viene spontanea è che forse molti osservatori e protagonisti di questa storia stanno attribuendo al cosiddetto "fattore Benko" una rilevanza che non meriterebbe, finendone come ipnotizzati e trascurando altri elementi che invece meritano qualche riflessione.

Con la campagna elettorale per le comunali del maggio scorso è terminato un ciclo politico durato vent'anni e contraddistinto, nel capoluogo altoatesino ma non solo, dall'alleanza tra la Suedtiroler Volkspartei, il centro-sinistra italiano e i Verdi. Un'intesa politica nata sulle ceneri delle vecchie maggioranze di centro-sinistra- Svp, spazzate via con la prima Repubblica, cementata sicuramente dall'obiettivo principale di impedire un'affermazione della destra anti-autonomista, ma capace di esprimere, con le due giunte Salghetti e con quelle guidate da Luigi Spagnolli un potenziale non indifferente di idee per il cambiamento della città, per il suo sviluppo in chiave ambientale, di reggere il non sempre facile confronto con il crescente strapotere della Provincia. Una maggioranza capace non solo di superare, sia pur con qualche patema d'animo, il passaggio difficile della vittoria del sindaco di centrodestra Giovanni  Benussi , nella primavera del 2005, ma di porsi come modello anche per altri comuni altoatesini, da Laives a Bressanone, sino a Merano. Sono cambiati i nomi dei partiti, molti protagonisti si sono fatti da parte per un motivo o per l'altro, ma il quadro politico è rimasto sempre sostanzialmente quello iniziale.

Con il senno di poi par di capire, adesso, che il primo segnale che qualcosa si stava incrinando, in quell'assetto, arrivò cinque anni or sono proprio da Merano. La Suedtiroler Volkspartei, approfittando di alcune incertezze e contraddizioni tra i vecchi alleati, scaricò all'opposizione senza troppi complimenti il Partito Democratico e i Verdi, facendo maggioranza con il centrodestra italiano. Parve allora solo una storiella locale ed invece, probabilmente, non era che un preavviso di quel che sarebbe avvenuto su scala ben maggiore.

Lo si è capito nella scorsa primavera quando dopo mesi di manovre e di incertezze, si sono tirate le file in vista delle alleanze per le comunali bolzanini. La Suedtiroler Volkspartei e il sindaco uscente hanno fatto capire in maniera netta che nella coalizione che si candidava a governare nuovamente la città non ci sarebbe stato più posto né per i verdi né per gli altri componenti della cosiddetta ala "ecosociale". Al loro posto, tra le liste di sostegno a Spagnolli, una formazione a lui intitolata e innervata soprattutto da transfughi del centrodestra guidati dall'onnipresente consigliere provinciale Elena Artioli. Non si è mai ben capito, tra l'altro, se su questa scelta di fondo ci sia stata una posizione ufficiale netta e precisa da parte del Partito Democratico, squassato all'epoca da violentissime diatribe interne proprio sulla ricandidatura di Spagnolli. La cosa comunque è passata agli atti di una campagna elettorale giocata in modo confuso, più sui temi della sicurezza individuale che su altre questioni di maggior respiro.

Il responso delle urne ha confermato come la produzione diabolica di coperchi sia ben lungi dall'essere stata avviata. A Merano, proprio nel "laboratorio" che aveva anticipato l'esclusione dalla stanza dei bottoni delle sinistre e dei Verdi, questi ultimi hanno fatto Bingo conquistando addirittura la carica di primo cittadino e relegando la Suedtiroler Volkspartei nel ruolo di ruota di scorta di una maggioranza ben diversa da quella ipotizzata. Il ribaltone è riuscito invece, in un clima da congiura medioevale, in quel di Laives dove a fare le spese della nuova politica di alleanze della SVP e dell'apertura alla destra italiana è stata addirittura la sindaca uscente e segretaria del PD  Liliana Di Fede.

Quel che è successo a Bolzano lo sappiamo più o meno tutti. L'apertura al centro, con il tentativo di recuperare la massa di voti lasciata libera dall'implosione del centrodestra, è fallita. Era un progetto sul quale il sindaco uscente si era impegnato ormai da alcuni anni e che in effetti, in teoria, poteva apparire tutt'altro che sbagliato. Solo che la lista civica si è rivelata uno strumento troppo debole e troppo svalutato per adempiere al compito che le era stato assegnato. I voti e i seggi raccolti, complice anche il non esaltante risultato del Partito Democratico e della stessa Suedtiroler Volkspartei non sono stati per nulla sufficienti a compensare quelli venuti a mancare con l'esclusione delle sinistre.

Il resto è cronaca di queste ultime settimane, con i tentativi, l'uno meno convincente dell'altro, di recuperare in extremis un rapporto con gli ex alleati, prima esclusi e poi blanditi, in un canovaccio sempre meno credibile, nel quale il tema Benko ha finito in effetti per giocare un ruolo molto superiore alla sua reale importanza.

Arrivati a questo punto, non resta che cercare di ipotizzare quali potrebbero essere a questo punto i possibili sviluppi della situazione. Con l'ovvia premessa che da qui a maggio, quando si voterà, molte cose potrebbero cambiare, alcuni elementi possono essere delineati sin d'ora.

Molti politici in questi giorni, sembrano attribuire un potere salvifico e taumaturgico a un possibile cambiamento di una legge elettorale della quale non si erano mai lamentati sino a qualche settimana fa. In realtà, come ho già scritto in tempi non sospetti sulle pagine di Salto, la normativa attuale è un accrocchio pasticciato tra maggioritario e proporzionale, ma ha funzionato senza problemi per vent'anni, nel periodo cioè in cui c'era una maggioranza politica solida. Ha messo a nudo i propri limiti nel momento in cui la maggioranza si è liquefatta. Non è detto che gli aggiustamenti da effettuare in corsa possano poi essere decisivi. Anche obbligando i candidati , ad esempio con l'introduzione di una soglia , a cercare fusioni ad alleanze, nulla impedirà che, in un quadro politico nel quale i partiti sono quasi del tutto scomparsi e sulla scena si muovono solo singoli individui o ristrettissimi gruppi di sodali, le divisioni si ripropongano immutate il giorno dopo il voto.

Il fatto è che, come si è detto sopra, un'alleanza politica c'era e adesso è scomparsa. Non dispiacerebbe poter sapere quali sono i motivi di queste scelte e quindi quali sono i nuovi indirizzi su cui si intende avviare il futuro del capoluogo. In attesa che l'arcano ci venga rivelato accontentiamoci del poco che sappiamo.

Alle prossime elezioni potremo probabilmente dimenticarci lo schema che aveva funzionato sino ad ora: un sindaco espresso dall'area centrista della coalizione, sostenuto sin dal primo turno di votazione dalla Suedtiroler Volkspartei e dalle sinistre. Se, come probabile, resterà l'elezione diretta del sindaco, al primo turno ci saranno molti più candidati che parteciperanno  con l'ambizione di andare quanto meno al ballottaggio. La SVP tornerà a presentare un suo candidato e e ci saranno ovviamente anche Verdi ed ecosociali, forse divisi o forse uniti, oltre naturalmente ai5Stelle e a qualche outsider di belle speranze. La destra infine: qui la scommessa si giocherà tutta sulla possibilità di individuare un candidato capace di ripetere a Bolzano, e non sarà cosa per nulla semplice, l'exploit riuscito in quel di Laives a Christian Bianchi.

Per completare il quadro non resterebbe che parlare del PD e per farlo bisognerebbe capire se i maggiorenti del partito abbiano ben chiaro il rischio che incombe sulle loro fortune politiche. Di quell'alleanza durata vent'anni il Partito Democratico non era solo l'azionista di riferimento ma anche il perno indispensabile, lo snodo che teneva assieme le pulsioni centriste dell'alleato sudtirolese e le fughe in avanti delle sinistre ecologiste. Saltata l'alleanza, finisce anche la necessità di imbarcare  in nuove maggioranze  un PD profondamente diviso al suo interno e che ha già dovuto incassare alcuni duri colpi dalla periferia altoatesina. L'addio di Luigi Spagnolli apre una fase in cui ulteriori errori potrebbero avere un esito catastrofico.