Politics | l'intervista

"E perché non ai trentini?"

Francesco Palermo sulla doppia cittadinanza ai sudtirolesi: criticità giuridiche e rischi per la convivenza. “Croazia e Slovenia, l'Italia ha sbagliato”.
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Foto: Luca Sticcotti

Una norma che creerebbe una serie notevole di problemi giuridici e che dal punto di vista politico e sociale potrebbe mettere a rischio, in Alto Adige, il delicato equilibrio nella convivenza. Francesco Palermo, giurista e senatore, preferisce esaminare sotto il profilo tecnico la questione della doppia cittadinanza per i sudtirolesi, riemersa con la lettera al primo ministro austriaco Kurz firmata da 19 consiglieri provinciali di Bolzano.

Dalla sua valutazione emergono però anche delle riflessioni sull’opportunità di un provvedimento che, a detta del docente di diritto costituzionale all'università di Verona, resta di difficile attuazione. Palermo, tuttavia, prende di mira l’Italia che ha concesso la cittadinanza alle minoranze nazionali in Croazia e Slovenia, attirandosi le rimostranze internazionali e dei rispettivi governi. “Di fronte a critiche feroci, l’Italia è andata avanti lo stesso, fregandosene” afferma il direttore dell’Istituto per lo studio del federalismo di Eurac Research che, eletto come indipendente per Pd, Svp e Patt e invitato a ricandidarsi alle prossime politiche, non ha ancora sciolto le riserve su cosa farà.

Salto.bz La doppia cittadinanza italiana e austriaca in Alto Adige è una questione molto complessa. Da dove si comincia per dare un giudizio che consideri tutti gli aspetti in gioco?

Francesco Palermo: Ci sono valutazioni di ordine tecnico e politico. Io vorrei limitarmi alle prime, dato che per le seconde ci sono già altre persone che preferiscono la contrapposizione ideologica. Cominciando con il diritto interno austriaco, la legge attuale di Vienna non prevede la doppia cittadinanza. Non solo, sanziona chi, come è successo ad alcuni cittadini turchi che avevano votato al referendum costituzionale turco voluto da Erdogan, non avevano comunicato la doppia appartenenza. Ovviamente gli austriaci possono decidere di cambiare la legge ordinaria in vigore, ma in questo caso bisogna vedere quali conseguenze avrebbe e quali categorie sarebbero toccate.

Ci sono valutazioni di ordine tecnico e politico. Io vorrei limitarmi alle prime, dato che per le seconde ci sono già altre persone che preferiscono la contrapposizione ideologica

Limitarsi a concedere la cittadinanza austriaca agli altoatesini di lingua tedesca potrebbe sembrare semplice, non trova?

In realtà non lo è affatto. La richiesta, da quanto so, riguarda tutti i cittadini i cui antenati diretti erano cittadini dell’impero austroungarico nel 1918. Ma all’epoca l’impero copriva mezza Europa, anche il Trentino. Quindi, quali cittadini consideriamo? Gli altoatesini, tutti, o solo quelli di lingua tedesca? E perché non anche i trentini? E ungheresi e sloveni? Dato che il diritto varrebbe per tutti, limitarlo su base etnica sarebbe una discriminazione palese. Al contrario, senza limitazioni vorrebbe dire che l’Austria si troverebbe a concedere la cittadinanza a mezzo continente, raddoppiando il numero dei suoi cittadini.

Quali cittadini consideriamo? Gli altoatesini, tutti, o solo quelli di lingua tedesca? E perché non anche i trentini? E ungheresi e sloveni?

Un ginepraio giuridico dunque.

E non è finita, perché bisogna valutare cosa comporta la cittadinanza. Uno status tout court, con il diritto di voto, oppure no, quindi discriminando chi non può? E ancora: esentando dall’obbligo di pagare le tasse in Austria, quindi dando un trattamento di maggior favore? Ecco, prima di fare affermazioni di tipo politico vanno elencati tutti i punti della questione.

Dal punto di vista tecnico giuridico, quindi, per lei la doppia cittadinanza è inattuabile?

Io mi limito a constatare che creerebbe molti problemi giuridici, in primis a Vienna, poi a Roma. Non ho menzionato prima il servizio militare, che in Austria è obbligatorio. A me interessa restare nel merito. E ci sono problemi a livello internazionale.

I sostenitori però parlano di una proposta in linea con lo “spirito europeo”. Non condivide?

Primo, già negli anni Cinquanta la corte di giustizia dell’Aja aveva ritenuto non conforme al diritto internazionale la concessione della cittadinanza collettiva. Ma questa dello spirito europeo è una retorica della Svp. Chi è cittadino di uno Stato comunitario è già cittadino europeo. Inoltre, dal 1976 in Austria vale una legge che parifica gli altoatesini tedeschi e ladini della provincia di Bolzano ai fini della richiesta della cittadinanza, se uno si trasferisce nel Paese, e ai fini universitari. La tutela c’è già.

Riguardo alla convivenza, che impatto avrebbe in Alto Adige il provvedimento, se diventasse veramente effettivo?

Sarebbe una cosa pesante. Dato che gli equilibri sono delicati, sarebbe come un elefante nel negozio di cristalleria. Casomai avrebbe senso un percorso insieme. Ma con il governo italiano non ne ha parlato nessuno. E nemmeno con gli italiani di Bolzano. Se si fanno azioni unilaterali su base etnica qualche problema c’è. Per giunta con la lettera di alcuni.

In Alto Adige gli equilibri della convivenza sono delicati. La doppia cittadinanza sarebbe come un elefante in un negozio di cristalleria

L’Svp è divisa al suo interno. Nessuno della giunta ha firmato e Kompatscher stesso si è trovato in imbarazzo, mentre Achammer, che ha incontrato Kurz a Vienna, ha provato a mediare. La Volkspartei è soggetta a spinte contrapposte.

Quello della paura di perdere terreno a destra per l’Svp è un problema non risolto. Non posso dire se la Volkspartei sbaglia o meno, ma credo che non sapendo come comportarsi di sicuro non ci guadagna.

Kompatscher ha ricordato che quello che viene chiesto all’Austria l’Italia lo ha già fatto, con la cittadinanza concessa in Sudamerica a chi ha origini italiane e con le minoranze nazionali in Slovenia e Croazia. Quindi, perché non può fare la stessa cosa anche Vienna per i sudtirolesi?

Quello che ha fatto l’Italia per me è sbagliato, ma con due differenze. Il tema del diritto di voto è stato risolto con l’individuazione, nel 2001, dei collegi esteri. A mio avviso una boiata stratosferica, ma almeno è stata data una compatibilità costituzionale. Riguardo alla cittadinanza in Slovenia e Croazia, le critiche a Roma dai rispettivi governi sono state feroci, ed è intervenuto anche il Consiglio d’Europa. L’Italia è andata avanti fregandosene.