Tra innocenza e peccato
“Canova tra innocenza e peccato”, con questo titolo il Mart, museo d’arte moderna e contemporanea di Rovereto, dedica un importante allestimento ad Antonio Canova, uno dei più grandi scultori di tutti i tempi. La mostra è nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, presidente del Mart, ed è curata da Beatrice Avanzi e Denis Isaia. Oltre duecento opere di cui 14 capolavori dell’artista di cui si celebra quest’anno il secondo centenario dalla morte.
È anche un’ideale quello che si celebra. Un’ideale di bellezza ed equilibrio che ha influenzato profondamente i due secoli successivi alla morte dello scultore, come le opere in mostra esemplificano. Canova non lo aveva inventato, aveva solo afferrato il capo di un filo rosso che si dipanava nella storia dell’uomo e dell’arte dalla Grecia classica, con i corpi degli atleti e delle divinità di Fidia e Policleto, passando per la Roma imperiale per poi essere apparentemente dimenticato e tornare alla luce col Rinascimento ed infine col Neoclassicismo .
L’equilibrio formale e l’armonia dei corpi sono l’ideale che aleggia su tutta la mostra e che nei secoli ha incarnato il desiderio di rappresentare nell’involucro perfetto la tensione verso una perfezione anche morale, etica e civile. Buona parte delle opere di Canova furono prodotte in un lasso di tempo che va dalla Rivoluzione francese alla conclusione della parabola napoleonica, un periodo tumultuoso in cui le forme neoclassiche divennero la grammatica con cui l’arte raffigurava gli eroi contemporanei, la grandezza degli ideali repubblicani e poi napoleonici.
Ma dietro l’apparente purezza ed equilibrio dei marmi dello scultore si nasconde un’inquieta sensualità che la mostra amplifica circondando le statue di Canova con opere che polarizzano il dialogo tra una bellezza ideale ed una anti-canoviana, tra perfezione ed imperfezione, purezza e corruzione...insomma, “innocenza e peccato” appunto.
Accoglie il visitatore nel cortile interno del Mart “Amore e Psiche” di Fabio Viale, che sovverte l’ideale purezza del marmo tatuando le statue – lo fa anche all’interno con la “Venere Italica” – introducendo ad un dialogo che prosegue in tutte le sale della mostra, dove le opere di Canova sono circondate dalle fotografie dei più grandi fotografi del Novecento. All’indagine sulla perfezione della tecnica e della forma di Helmut Newton, Jean-Paul Goude, Robert Mapplethorpe, Edward Weston, Irving Penn e Horst P. Horst, fanno da controcanto i fotografi che hanno perseguito una ricerca opposta come Miroslav Tichy, Jan Saudek e Joel-Peter Witkin. Infine un’ultima sezione è dedicata ai fotografi che con i loro scatti hanno documentato e interpretato nel corso del tempo le opere dello scultore di Possagno: i fratelli Alinari, Aurelio Amendola, Paolo Marton, Massimo Listri e Luigi Spina.