Culture | Sounddesign

Il potere comunicativo del suono

Mathis Carion è sound designer e music composer: manipola il suono e compone effetti sonori e tracce audio, per rendere lo storytelling e la comunicazione visiva più esperienziale ed efficace.
mathis carion
Foto: mathis carion
  • Viviamo in un’era in cui predomina la dimensione visual come strumento comunicativo primario. La fotografia, il cinema, la televisione e, in seguito, il lancio ed il successo dei social network come Instagram, hanno dato ulteriore impulso all'importanza dello storytelling visivo. Di conseguenza, negli anni è cambiato il nostro modo di percepire e recepire un messaggio o una sensazione: specialmente nel mondo della pubblicità, si ha dato molto valore al potere delle immagini che, infatti, garantiscono una comunicazione molto più diretta ed efficace. Vi siete mai chiesti, però, che effetto avrebbe guardare un film, un documentario, uno spot pubblicitario senza colonna sonora? Ne abbiamo parlato con Mathis Carion, bolzanino classe ‘98, che lavora come sound designer e music composer.

     

    SALTO: Sei un “Sound Designer e Music Composer”: ci spieghi che cosa significa? 

    Mathis Carion: Compongo e produco musica ed effetti sonori per i media visivi e per eventi: in altre parole, mi occupo di sonorizzare un elemento visivo – un video, uno spot pubblicitario, un documentario, un’installazione audiovisiva – al fine di facilitarne lo storytelling e di realizzare un’esperienza totalmente immersiva. Altre volte, invece, si tratta di riuscire a ricreare un vero e proprio “soundscape”, cioè un paesaggio sonoro.

    Collaboro con marchi provenienti da settori molto differenti, dai quali vengo commissionato per la ricerca, realizzazione e produzione di colonne sonore o effetti sonori ad hoc, che siano coerenti, cioè, con la parte visiva o grafica a disposizione.

    Lo scopo del mio lavoro è, in primo luogo, riuscire a raccontare la storia di un marchio o di un prodotto tramite la sonorizzazione della parte grafica o visiva che sta alla base del progetto creativo. Ciò avviene tramite la ricerca, composizione e manipolazione di effetti sonori o la produzione di tracce musicali specifiche. In secondo luogo, gli elementi sonori o musicali selezionati e riprodotti, rappresentano gli “ingredienti” chiave che utilizzo per riuscire a rafforzare la comunicazione visiva e, quindi, per ricreare un’esperienza che risulti quanto più immersiva e coinvolgente per il fruitore. Il fine ultimo consiste, infatti, nel riuscire a garantire una comunicazione ancora più immediata ed efficace in termini di messaggio, concept e sensazioni che il cliente intende trasmettere al fruitore finale.

    Quali sono le principali difficoltà che incontri nel tuo lavoro? 

    Le difficoltà possono essere molteplici. In primis, è necessario comprendere le richieste e le necessità del mio cliente: quale storia desidera raccontare e come la vuole “rappresentare”? Intende trasmettere un messaggio oppure una determinata sensazione? Occorre attenersi ad un mood particolare, identificativo del marchio? 

    Sono dettagli importanti che, tuttavia, molti committenti sottovalutano in quanto, spesso, non possiedono grandi conoscenze sul mondo audio e musicale e, soprattutto, consapevolezza sul potere del suono. Talvolta risulta difficile, quindi, riuscire a tradurre in linguaggio musicale le richieste che mi vengono fatte. In secondo luogo, occorre mantenere una certa coerenza con la parte visiva o grafica che mi viene fornita come supporto, ricercando uno o più elementi sonori che si prestino bene ad essa. Infine, è fondamentale rispettare lo stile, i valori del brand, la sua identità ed eventuale linea editoriale.

    È evidente, comunque, che l’aspetto più difficile e importante del mio lavoro consista nel valorizzare e rafforzare l'elemento visivo al punto da riuscire a trasportare il fruitore in una dimensione immersiva ed esperienziale, talvolta immaginaria, ancora più elevata e potente.

    Per realizzare questo genere di progetti creativi, non occorre necessariamente possedere un’attrezzatura tecnica professionale. Potenzialmente possono bastare un paio di cuffie e un laptop da pochi soldi. Il segreto consiste nell’avere l’intuizione e la creatività giuste.

    Tra i progetti a cui hai lavorato, ne ricordi uno particolarmente sfidante? E quello più gratificante?

    È difficile per me individuare un progetto soltanto perché ognuno ha avuto esigenze e sfide diverse e, quindi, sono stati stimolanti e divertenti per ragioni differenti. 

    Personalmente trovo che, in generale, sia molto sfidante lavorare a progetti in cui devo riuscire a dare “voce” a concetti astratti o intangibili. Per esempio, ho collaborato con Pandora per la realizzazione di un’installazione audiovisiva dal titolo “Stargazing”, che univa design, arte multimediale e spazi interattivi: uno show di luci per il quale ho dovuto realizzare una musica ad hoc, che richiamasse le stelle, lo spazio e il Natale e che fosse in linea con i movimenti che le luci disegnavano sull’installazione fisica. 

    Queste sono le domande che mi sono posto per riuscire ad immaginare il suono di concetti astratti o “muti”: che suono fa una stella? Che suono fa un desiderio che dalla nostra testa si sposta verso il cielo? Quando mi dedico a progetti simili, la fase di pre-produzione risulta più lunga e complessa. In questo caso, ad esempio, per riuscire ad immaginare e riprodurre il suono di una stella, ho svolto una lunga ricerca per poi attingere alla simbologia “acustica” della cultura pop del Natale. Rimanere coerenti con il modello culturale di riferimento, e a valori culturalmente condivisi, aiuta infatti a toccare con più facilità l’immaginario delle persone da un punto di vista sia concettuale sia sensoriale.

  • (c) Youtube

  • Tra tutti, però, quello più gratificante è stato un documentario che ho realizzato per Campari: sebbene fosse uno dei primi e più complessi progetti a cui ho lavorato, e io fossi ancora alle prime armi, sono riuscito ad eseguirlo tutto in cuffia e lavorando con un laptop di scarsa qualità. 

    Il documentario narrava del viaggio esclusivo vissuto dai migliori mixologist al mondo, alla scoperta dell’Amazzonia come laboratorio alchemico per scovare nuovi ingredienti e utilizzarli nell’invenzione di cocktail mistici. Per realizzare la colonna sonora del documentario, abbiamo campionato i suoni della foresta – come i versi di animali, il fruscio delle foglie, il croscio del fiume – il vocio del mercato di Manhaus e i canti degli sciamani indigeni, per poi utilizzarli in maniera creativa per arricchire le tracce della composizione musicale finale e renderla ancora più coinvolgente ed esperienziale.

  • (c) Youtube

  • Quale potere ha la dimensione uditiva rispetto a quella visiva? 

    Il potere comunicativo del suono è molto elevato. Permette di raccontare e spiegare persino concetti astratti o intangibili, grazie alla capacità intrinseca di riuscire a toccare il nostro immaginario e subconscio, e di trasmetterci delle sensazioni in maniera involontaria e molto più diretta.

    Il potere del suono o della musica viene spesso ignorato. Oggigiorno viviamo in una società in cui predomina un modello sociale e culturale improntato sull’immagine e sull’estetica. Tendiamo a credere che la dimensione visiva, rispetto a quella uditiva, abbia un impatto maggiore nella comunicazione.

    In realtà, però, non ci si rende conto di quanto spesso la parte sonora incida forse maggiormente, influenzando in misura significativa la comunicazione e la nostra percezione: la scelta e l’utilizzo di uno specifico brano musicale o effetto sonoro, infatti, è in grado sia di valorizzare le immagini, il video o lo scenario visualizzato sia di enfatizzare le sensazioni provate. Amplificando il potere comunicativo delle immagini, si riesce infatti a coinvolgere in misura maggiore il fruitore finale, spesso a livello subconscio.

    Verosimilmente possiamo ottenere l’effetto contrario, invece, utilizzando un effetto sonoro discordante rispetto alla dimensione visiva o grafica. Immaginiamoci, ad esempio, di trovarci, una sera, nel cuore di Venezia. Alziamo gli occhi al cielo per goderci il panorama stellato. Improvvisamente, però, un martello pneumatico proveniente da un cantere poco distante riprende i suoi lavori: ecco che quello stesso scenario non avrà più lo stesso effetto su di noi, il fascino di quella stessa esperienza viene compromessa da un elemento di disturbo, un rumore assordante, in netto contrasto con l’immagine che abbiamo di fronte. Da questo banale esempio riusciamo a capire, sia quanto a volte la sola dimensione visiva in sé non sia sufficiente per garantire l’effetto e l’obiettivo della nostra comunicazione, sia quanto la coerenza è un aspetto fondamentale in termini di impatto del suono sulle nostre esperienze, sensazioni e sul nostro immaginario.

    Come ti sei avvicinato al mondo del sound design?

    Fin da piccolo sono stato appassionato alla musica. Ho iniziato suonando la chitarra. Sono passato, poi, alla tastiera, alla registrazione anche di altri strumenti, per approdare poi nel mondo della produzione e dell’elettronica. Quando mi sono trasferito a Milano per gli studi universitari, dove mi sono iscritto a ingegneria del suono, ho iniziato a dedicarmi anche all’autoraggio e alla produzione musicale per alcuni artisti. Grazie a questi primi progetti nel mondo discografico, ho potuto affinare molto le mie competenze tecniche. Ad essere sincero, posso dire di aver imparato molto con la pratica da autodidatta, cioè giocando qua e là con le basi musicali per puro divertimento.

    Un giorno, poi, accade che un amico mi commissiona un primo progetto: mi chiede di comporre della musica per un suo video, ed è così che, piano piano, ho preso seriamente in considerazione l’idea di fare della mia passione un vero e proprio lavoro. Ho iniziato per gioco, registrando brani musicali nella mia camera, poi dedicandomi alla produzione musicale per alcuni piccoli artisti e ora, invece, vengo commissionato da marchi come Nike, Prada, Miu Miu, Pandora, Dior, Campari.

    La mia prima collaborazione per un grande brand è nata, in realtà, per pura casualità. Mi trovavo ad una festa, chiacchieravo con alcune persone appena conosciute a cui stavo cercando di spiegare – un po’ come sto facendo con voi – di che cosa mi occupassi, mostrando loro dei progetti creativi a cui stavo lavorando. Il giorno dopo ricevo una chiamata da uno di loro: era uno dei creativi di Prada che mi stava commissionando il primo vero progetto creativo. 

    In che settori creativi lavori? In quale ti piacerebbe cimentarti?

    Sono molto fortunato perché un sound designer può potenzialmente lavorare in qualsiasi ambito. 

    Generalmente collaboro con marchi nel settore della moda, tecnologia e cosmetica, dell’abbigliamento e anche nel settore degli eventi. Il suono è duttile, dunque può essere “lavorato” e plasmato per adattarsi a qualsiasi settore e prestarsi a qualsiasi esperienza. La “chiave” consiste sempre nell’avere l’intuizione giusta, ma anche nel selezionare gli “ingredienti” specifici, per riuscire a dare voce a questi progetti e per raggiungere l’obiettivo della comunicazione richiesta dal committente.

    Mi piacerebbe molto potermi cimentare in un progetto creativo per il settore automotive, da cui sono molto affascinato: trovo molto sfidante riuscire a “dare voce” al motore di un’auto elettrica, ad esempio, e di trovare il sound giusto per renderlo interessante e coinvolgente per il fruitore. 
     

    Al momento a cosa stai lavorando? 

    Sono impegnato in un progetto per il lancio di un prodotto Prada. 

    Più nello specifico, dovrò sonorizzare un video che mostra nel dettaglio i singoli passaggi del processo di realizzazione di una borsa.

    Il mio compito sarà, quindi, ricreare un ambiente sonoro che supporti e rafforzi questo storytelling e coinvolgere il fruitore interessato, garantendo un’esperienza percettiva e sensoriale grazie all’impiego di effetti sonori. A tal fine adotterò un approccio ASMR, richiamando i suoni e rumori caratteristici – spesso anche impercettibili – dei singoli passaggi di produzione e fabbricazione di una borsa: la fase di lavorazione, cucito, design; il taglio della pelle, la finitura; ma anche l’utilizzo dei vari strumenti adottati; e ancora, lo scorrere il rumore di una cerniera, e così via. La mia ambizione è di raccontare questa “storia” grazie alla riproduzione di suoni e rumori sottili, per riuscire, da un lato, a stimolare il fruitore attivando delle risposte sensoriali involontarie e, dall'altro, di rendere la comunicazione/messaggio del brand ancora più immediata ed efficace.