“La sanità è in affanno”
salto.bz: Cristina Masera, segretaria generale della Cgil/Agb, la sanità è un argomento critico in Alto Adige per diverse ragioni. Qual è il giudizio del sindacato sui problemi attuali del comparto salute in provincia?
Cristina Masera: a nostro giudizio la sanità in Alto Adige è in affanno. Pertanto, come Cgil/Agb ci aspettiamo che venga data piena attuazione, il prima possibile, alla legge provinciale dell’aprile 2017, sulla struttura organizzativa del servizio sanitario.
Dopo due anni il risultato per l’applicazione della legge è insufficiente?
È così. Fino ad ora non è stata nominata la figura del direttore dell’unità organizzativa per il governo clinico e quindi, dopo due anni, non sono stati fatti passi avanti per la riorganizzazione degli ospedali.
Occorre colmare i ritardi?
Certamente. Si metta mano per recuperare il tempo perso. È un rammarico perché a volte le decisioni prese sono importanti, come questa a livello politico, ma se non si realizzano la sanità non avanza.
I “mali” additati del settore sanitario in Alto Adige sono numerosi: dalle liste d’attesa alla prevenzione fino al completamento degli organici. Da dove si parte?
Ad esempio dall’informatica. Vale lo stesso discorso fatto prima. Abbiamo parlato recentemente con il nuovo assessore Thomas Widmann e ci ha detto che la digitalizzazione, con la messa in rete delle strutture, è prevista entro due anni. Io però ho lavorato tanto in sanità e molte volte ho sentito dire ‘tra due anni’. Spero che questo sia il biennio buono. Capisco che ci sia un nuovo assessore e un nuovo direttore generale, ma non si può più aspettare.
Il personale è uno dei nodi più discussi.
Sì. I dipendenti sono pochi e c’è il problema del rinnovo del contratto. Logico che chi si reca sul posto di lavoro ogni giorno perda motivazione. Mancano sia medici che infermieri e in questo la riorganizzazione potrebbe aiutare. Non vedo alternative, occorre essere più efficienti, più in rete, tra le sedi ospedaliere e non. La legge su tale fronte è stata lungimirante, bisogna renderla concreta, altrimenti serve a poco.
La riorganizzazione implica anche che non tutti i servizi possano essere “sotto casa” del cittadino?
È giusto che i servizi siano sotto casa, ma non tutti. Sia per gli standard di qualità che per le regole internazionali sulla sicurezza. Nella chirurgia vediamo la qualità delle operazioni e per l’oncologia l’Alto Adige vanta la certificazione. Dunque, occorre continuare in questa direzione. C’è però questa lentezza nel muoversi. Noi diciamo: andiamo avanti, non fermiamoci.
Sulle liste d’attesa qualche risultato si è avuto, concorda?
Sì. L’Alto Adige si sta adeguando alle direttive previste dal ministero a livello nazionale. Intanto c’è stato un enorme recupero degli spazi visita grazie all’introduzione dell’obbligo di disdetta, pena il pagamento della penale. Educando i cittadini a disdire si è avuto un grande risparmio di appuntamenti recuperati.
Un taglio per le attese?
Da quanto ho sentito, si tratta di migliaia di appuntamenti recuperati e quindi ore di attesa in meno, nelle diverse specialità mediche. La modalità introdotta ha avuto un buon effetto.
Su un argomento come la prevenzione la provincia di Bolzano è considerata debole. La Cgil/Agb ha una richiesta in merito?
Siamo senza dubbio in basso riguardo a questo parametro, che rappresenta un punto di caduta per un territorio che è invece in alto per tanti altri aspetti sanitari. La prevenzione è un investimento sulla salute futura della popolazione, quindi è fondamentale. Occorre evitare di cronicizzare alcune malattie e in questo senso sono partiti alcuni progetti, vedi per i diabetici. È bene che ne partano altri, ma mancano figure importanti per la prevenzione sul territorio. Il riferimento è alle assistenti e agli assistenti sanitari: la Provincia - e su questo protestiamo - non fa partire il corso alla Claudiana. Un’opportunità ad esempio per chi è di madrelingua tedesca, visto che tale figura in Austria è assente. In generale, sono i professionisti che confrontandosi con la popolazione possono aiutare a sviluppare la cultura della prevenzione.
Anche sui vaccini?
Sicuramente. Abbiamo il problema in Alto Adige della presenza di 2.000 bambini non vaccinati. Vedo che si cerca una via morbida, ed è giusto perché la repressione avrebbe poco senso, ma con le assistenti sanitarie si potrebbe fare un salto di qualità nella prevenzione.
Per il personale ci sono segnali incoraggianti dalla controparte, la Provincia?
Alle diverse categorie della sanità, che in provincia conta 8.500-8.700 dipendenti, di cui circa mille medici, sono state fatte proposte irricevibili. Il contratto ha bisogno di essere rinnovato ed è chiaro che i lavoratori, già in pochi, non sono sereni. Attendiamo nuovi sviluppi.
Da più parti si segnala la difficoltà per il reperimento dei requisiti del bilinguismo. È un problema reale?
Su questo devo dire che la possibilità di avere contratti a tempo determinato fino a tre anni, accompagnando le persone allo studio del tedesco, è stato un obiettivo raggiunto. Certo, le istituzioni dovrebbero praticare costantemente la facoltà di fare concorsi a tempo indeterminato. Spesso i ragazzi qui si laureano in infermieristica alla Claudiana e negli ultimi mesi prima della fine dei corsi ci sono gli ospedali svizzeri che vengono a farsi pubblicità. Gli stipendi alti del Paese elvetico sono una fonte indubbia di attrazione, ma con una prospettiva di stabilizzazione tanti rimarrebbero nel proprio territorio.
La concorrenza con altri territori non avviene solo per il personale, ma anche per i servizi. È così ad esempio per il bando relativo alla Cup, Centrale unica di prenotazione. Cosa teme il sindacato?
Noi crediamo in un fatto importante: non vanno pubblicati bandi internazionali o europei per esternalizzare il servizio. Perché se è vero che la gara sulla carta fa risparmiare, alla fine a conti fatti si spende di più. Il lavoro va tenuto in Alto Adige, sia perché ne beneficiano i lavoratori del territorio, sia perché ciò consente di avere un ritorno della tassazione a livello locale. Se tutto questo fosse portato fuori, in altre regioni oppure all’estero, ci perderemmo due volte.
Il vostro no è inamovibile?
Sì. Tutti quelli elencati sono elementi da considerare attentamente prima di fare certe valutazioni. Ci eravamo opposti strenuamente all’ex direttore Schael, quando aveva valutato l’idea. Spero ora che le ragioni siano stati comprese.