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In cerca di droga nei giorni del virus

I tossicodipendenti alle prese con servizi ridotti, sostanze più care, paura del contagio. Previte, street worker: “I problemi veri ci saranno alla fine dell’emergenza”.
Droga
Foto: upi

Cerco droga”. Così sulle autocertificazioni - necessarie per spostarsi durante le restrizioni governative finalizzate a contenere la diffusione del contagio - qualcuno giustifica per iscritto, candidamente, la propria presenza in strada nei giorni del coronavirus. E fioccano le denunce. Come del resto è successo di recente anche a Bolzano dove tre giovani pusteresi, durante un controllo delle forze dell’ordine, hanno detto di essere venuti nel capoluogo per acquistare sostanze stupefacenti. Perché nelle città dense di architetture disabitate lo spaccio non si è certo fermato. Casomai trova, giocoforza, luoghi alternativi, inconsueti dove compiersi.

 

L’altra faccia del coronavirus

 

In questa fase emergenziale l’universo di servizi che ruota attorno alle dipendenze si è ridotto. La questura ha rinviato le consegne dei permessi di soggiorno, i ragazzi che attendevano un posto in una comunità di recupero dovranno pazientare ancora (sine die), il tribunale dei minori e quello ordinario hanno sospeso le proprie attività. “A causa dell’attuale situazione i tossicodipendenti rischiano un pesante contraccolpo fisico e psicologico e non si sta facendo abbastanza per loro”, osserva Sergio Previte, operatore sociale di strada. “Queste persone stanno vivendo in una specie di limbo, per ora resistono ma bisognerà vedere se manterranno forza e volontà anche nelle prossime settimane”.

 

Le persistenti lacune istituzionali, intanto, pesano sul già difficile corso degli eventi. Come noto nel 2017 la riduzione del danno (RdD), e cioè tutte quelle prassi che mirano a ridurre i danni correlati all’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope, è entrata nei cosiddetti LEA (Livelli essenziali di assistenza). I LEA della RdD - che includono, tra le altre cose, il drug checking, la distribuzione di naloxone (un medicinale che nel giro di qualche secondo blocca gli effetti dell’overdose), l’attivazione del peer support - rendono questi interventi garantiti ed esigibili. O almeno dovrebbero. Perché in realtà in Italia vengono effettuati a macchia di leopardo. Bolzano, come già evidenziato in un precedente articolo su salto.bz, non ha ancora raggiunto uno standard sufficiente in questo senso. E cosa comporta ciò, specialmente in un momento di emergenza sanitaria come quello corrente? “Le unità di strada si muovono piuttosto alla cieca. Se invece ci fosse un sistema sanitario strutturato tutti avremmo accesso ai dispositivi di protezione, saremmo tutelati noi come operatori (e le nostre famiglie) così come le persone a cui prestiamo assistenza, e invece manca la certezza della prestazione - argomenta Previte -. Ora che la nostra presenza è più importante che mai, lasciare per strada, senza un aiuto, queste persone è quasi come abdicare alla propria mission”.

 

Effetti indesiderati

 

Se il mercato delle sostanze rallenta la sua attività, con le misure di emergenza in atto, non significa che le potenziali ripercussioni sullo stato psicofisico dei tossicodipendenti si annullino. Tutto il contrario. Maggiore, per esempio, è la possibilità di trovare eroina o cocaina tagliate male (mischiate cioè con altre sostanze, anche pericolose). “Lasciando da parte l’utilizzo ludico - dice l’operatore sociale - chi ha necessità di drogarsi perché ha problemi di dipendenza conclamata come riesce oggi a fare ‘scorta’? Si tratta di persone completamente allo sbando”. E il guaio è che possono innescarsi tutta una serie di rischi legati all’astinenza forzata o alla mancata protezione, specie per chi fa uso di cocaina o eroina. C’è chi tende a isolarsi maggiormente. Ed è l’ultima cosa che, per esempio, un assuntore di oppiacei dovrebbe fare.

Ho visto tanta gente in crisi d’astinenza perché non in grado di procurarsi la droga, molti ricorrono agli alcolici come auto-cura

“Una delle informazioni basilari sulla riduzione del danno che diamo - spiega Previte - è di non assumere sostanze da soli, perché se si va in overdose, se la sostanza è tagliata male oppure ha un principio attivo troppo alto, non si riesce ad autosomministrarsi il naloxone”. Gli oppiacei, peraltro, inducono una depressione del sistema respiratorio, e il Covid-19 potrebbe quindi peggiorare una respirazione già compromessa. Oggi la maggiore difficoltà di approvvigionamento delle sostanze, il calo dell’offerta e l’aumento dei prezzi appiattiscono di fatto la curva del consumo. I problemi veri, tuttavia, potrebbero presentarsi dopo la fine dell’emergenza, avverte lo street worker. “Quando le persone potranno tornare ad avere un accesso più facile alle sostanze, uno degli effetti plausibili sarà il rischio di overdose perché la soglia personale di tolleranza sarà nel frattempo scesa”.

 

Se manca la “roba”

 

La tensione in strada sta inevitabilmente salendo. Oltre un centinaio sono al momento i senza fissa dimora. “Ho visto tanta gente in crisi d’astinenza perché non in grado di procurarsi la droga, molti ricorrono quindi agli alcolici come auto-cura, del resto basta entrare in un supermercato per acquistarli - chiosa l’operatore sociale -. Si passa quindi da un abuso a un altro, il fine è sempre quello di sballarsi”. Non è un caso, di conseguenza, che il Ser.D., il Servizio per le Dipendenze dell’Azienda sanitaria altoatesina, stia registrando un boom di accessi in questo periodo. 

 

Nel quadro d’insieme, all’interno del perimetro emotivo, c’è anche naturalmente la paura del contagio da Covid-19. L’incontro fra gli operatori sociali e i tossicodipendenti già notoriamente rapido diventa ora anche sporadico dal momento che questi ultimi per andare a caccia di sostanze abbandonano i “vecchi avamposti” per battere la città sfidando i divieti. “Per questo motivo quando entriamo in contatto con queste persone cerchiamo di dare un’informazione precisa e mirata - afferma Previte -. Insistiamo sull’importanza delle confezioni sterili e di non scambiare strumenti atti al consumo come pipe, bong, siringhe, spinelli, sigarette; e sulla necessità di avere estrema accortezza riguardo alle modalità di scambio della sostanza, soprattutto nel caso di eroina e cocaina le dosi vengono nascoste dai pusher in bocca e ciò amplifica il pericolo di trasmissione di malattie. Di questi tempi, in particolare, una prospettiva inquietante”.