Society | kalašnikov&valeriana

Anche un po’ meno... caramelline

La lotta è una necessità di moltə. Per altrə è una scelta. È tempo di accantonare i nostri privilegi e schierarci a fianco di chi combatte per una società più giusta.
manifestazione, diritti, razzismo, giustizia
Foto: Unsplash

Ognunə di noi vive in una bolla, sia nella vita reale che nella vita online. Così anch’io sono circondata prevalentemente da persone che condividono i miei valori e la mia lotta per una società più giusta per tuttə. Eppure mi capita di sentirmi dire (soprattutto da uomini, ma non solo): “ok, ma anche un po’ meno… con questa modalità rischi di ottenere l’effetto contrario e passare dalla parte del torto”. Sono cresciuta con questo “un po’ meno” e per buona parte della mia vita ho comunque cercato di essere conciliante, di spiegarmi senza urtare troppo chi avevo di fronte. Con un grande sforzo di decostruzione di proprio questo preconcetto che mi voleva sì determinata, ma non troppo, ora sono in grado di affermare le mie idee, incanalare la rabbia del mio vissuto e portare le mie nozioni con molta chiarezza. E questo ha inevitabilmente ripercussioni sul mondo che mi circonda. L’invito ad una moderazione mi urta parecchio, soprattutto se arriva da chi può scegliere di essere solidale nella lotta contro il patriarcato. Per loro è una scelta, per me invece è una necessità per poter vivere la mia vita in modo autodeterminato. L’argomento dell’ “eh, ma non siamo tutti così e io non agisco in modo violento” rende complici. Non sei così? Esci dalla difensiva e agisci. Prendi consapevolezza di come tu stessə sei parte del sistema e continui a riprodurlo. Assumiti la tua responsabilità mostrandoti solidale, appoggiando la lotta per il cambiamento e utilizzando i tuoi privilegi per chi subisce discriminazioni spesso multiple. Un po’ come ad esempio le femministe bianche e privilegiate escono dalla loro bolla e sostengono la lotta delle femministe nere e soggette a un’intersezione di discriminazioni.

Troppo spesso la lotta femminista viene ancora confusa con una lotta contro gli uomini quando in realtà è la lotta per cambiare un sistema sociale che penalizza buona parte di noi tuttə


Guardiamoci intorno (gli esempi, senza pretesa di completezza, fanno riferimento a dati ISTAT e/o a fatti di cronaca): In Italia, ogni 72 ore viene uccisa una donna per mano di un famigliare. 1 donna su 3 vive violenza fisica o sessuale nella sua vita. Il 76% delle donne (cioè chi si fa carico dell’invisibile lavoro di cura) in anzianità vive sotto la soglia di povertà. Le iniziative di empowerment femminile si scontrano con il soffitto di cristallo: nonostante il 19,4% delle donne abbia un grado d’istruzione universitario (per gli uomini la percentuale si è assestata a 13,6%), solo il 0,1% ricopre ruoli dirigenziali (0,7% degli uomini). La giornalista di fama internazionale deve preoccuparsi della sua ricrescita, l’astronauta nello spazio giustificarsi per non stare a casa con ə figlə, le ragazze adeguare il loro corpo agli standard diffusi ma coprirli adeguatamente. Ci sarebbero un’infinità di esempi, abbiamo tutto questo sotto gli occhi ogni giorno eppure non lo vediamo. Figuriamoci se lo combattiamo. 
Troppo spesso la lotta femminista viene ancora confusa con una lotta contro gli uomini quando in realtà è la lotta per cambiare un sistema sociale che penalizza buona parte di noi tuttə, uomini inclusi. Ben vengano le svariate iniziative per raggiungere una parità, ma a me ricordano le caramelline come premi consolatori in una lotteria. Le quote rosa o le campagne per avvicinare giovani ragazze a studi scientifici sono tentativi (insufficienti) di correggere le ingiustizie esistenti. Un po’ come tanti piccoli cerotti per fermare un’emorragia. Ma davvero la soluzione è creare i presupposti perché anche le donne possano vivere e lavorare in modo frustrante come già fa gran parte degli uomini? Non sarebbe invece arrivato il momento di affrontare le radici di questa immensità di ingiustizie anziché anestetizzarci in una corsa al consumismo che continua a alimentare un sistema tossico? 

È finito il tempo dei compromessi e della diplomazia

Ecco dunque perché ho deciso di prendere in mano la mia emancipazione e i miei privilegi e di usare gli strumenti a mia disposizione per lottare. Lo voglio fare con fermezza, con chiarezza, con molto rumore perché nessuno possa girarsi dall’altra parte. È finito il tempo dei compromessi e della diplomazia, perché a forza di caramelline e moderatezza stiamo tornando in dietro anziché evolverci finalmente. Ed è arrivato il tempo, perché voi che “non siete così” facciate altrettanto e prendiate posizione in modo inequivocabile, visibile e udibile. Perché, non dimentichiamolo, chi tace acconsente.