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Sport è soprattutto responsabilità sociale

Mattinata con Giovanni Esposito sui valori economico, sociale, ambientale della pratica sportiva.

Quando leggiamo, scriviamo, commentiamo di sport puntiamo quasi esclusivamente al risultato, al record, alla prestazione. Ma l'attività non ha solo un valore sportivo, ma anche economico, sociale, ambientale. Giovanni Esposito della scuola dello sport del Coni, ex atleta nel badminton, ha tenuto oggi un corso su responsabilità sociale e deontologia del giornalista sportivo alla Kolpinghaus di Bolzano. L'incontro è stato organizzato dall'Ussi Trentino Alto Adige, l'associazione dei giornalisti sportivi della nostra regione.

Esposito ha esordito sottolineando come lo sport del terzo millennio sia molto diverso anche rispetto a dieci o venti anni fa. «Aziende ed associazioni sanno che se non c'è attenzione alla comunità il rischio sul lungo periodo è quello di un boicottaggio». La responsabilità sociale non è più un greenwashing anni Settanta, ma oggi conviene anche alle aziende ed è sempre più richiesta dai consumatori/utenti. «Nel Terzo settore c'è sempre più consapevolezza – spiega – di come quanto si fa sia importante per il diritto di cittadinanza».

Nel leggere il bilancio di responsabilità sociale della Federazione Italiana Giuoco Calcio, firmato Carlo Tavecchio, anche al giornalista può sorgere il dubbio che sia un blablabla. Ma anche l'intervista a Nevio Scala, che assieme ai Barilla vuol far ripartire il Parma dalla serie D secondo un nuovo paradigma, fa capire che il valore della medaglia, del risultato, un po' alla volta viene a contare meno. Un cambio di paradigma che servirà anche ai giornalisti, abituati a propinare paginate di “gossip calcistici” e che dovranno sempre più valutare la loro responsabilità sociale.

Nel febbraio 2015 una pubblicazione dell'Istat, “Noi Italia”, ha incluso le statistiche sullo sport all'interno della famiglia “cultura e tempo libero”. Un aspetto che sottolinea la trasversalità dello sport che è qualità della vita, stato di salute, valori, realizzazione personale, sviluppo relazioni sociali. Bolzano e Trento in questa classifica sono in vetta, avvicinandosi più a valori nordeuropei. Soddisfatto anche Esposito, che a Bolzano si è trovato a correre nella normalità e non ad essere visto come un marziano. Giovanni Esposito scrive di atletica per Il Tempo di Roma ed ha citato un piccolo episodio. Gianmarco Tamberi ieri ha saltato in alto 2 metri e 34 centimetri, record italiano. «Sarebbe bello se ne seguisse la storia, le aspirazioni per il futuro, capire da dove viene, non solo il risultato».

Il Coni veniva finanziato a suo tempo dal Totocalcio, prima dell'arrivo di slot, gratta e vinci, lotto ogni pochi minuti. Poi è arrivato il finanziamento pubblico, 410 milioni annui. Ed in questo modo anche l'attenzione è passata di più sulle ricadute sociali dello sport.

«In Italia – spiega Esposito – 3 figli su 4 praticano sport se i loro genitori sono sportivi. Sono dimostrate anche le correlazioni fra l'attività fisica e la crescita della capacità di attenzione».

Cominciano ad avere maggiore attenzione quindi anche i bilanci sociali delle federazioni: volley, pallacanestro, anche la federazione motociclistica che da 7 anni fa uscire un documento sulla propria responsabilità sociale. Sport che vuol sempre più dire benessere fisico e stato di salute dei cittadini. Ne dovrà tenere conto quindi della sostenibilità e della responsabilità sociale anche la candidatura olimpica di Roma per il 2024, che dovrà sfidare anche Baku, Azerbaijan, dove si sono appena tenuti i primi giochi europei.

Interessante la spiegazione di Esposito sul “modello del campanile” applicato allo sport: all'agonismo di alto livello ed all'elite sportiva ci si arriva attraverso una bella fetta di attività competitiva, ma altrettanta di attività ricreativa. Tradotto, se andiamo più spesso in bici al lavoro possiamo portare più ciclisti al Tour de France.

Esposito ha espresso una critica nei confronti della gestione tecnica dei ragazzi nello sport. «Spesso la maglia del “talento” è troppo stretta, troppo presto si “scartano” i ragazzi non valorizzandone il potenziale. I tecnici più formati dovrebbero lavorare con i più giovani». Lo sport del Terzo millennio si basa sul volontariato, che va gratificato e incoraggiato, ma nei vari “libri bianchi” c'è anche l'attenzione diretta verso la salute. «Un 1% in più di persone che abbandonano l'inattività vuol dire risparmi in spesa sanitaria per 1,5miliardi di euro».

In termini di responsabilità sociale c'è una linea guida, che per ora non porta però alla certificazione. Si tratta della Iso 26000, adottata per esempio dalle federazioni volley e nuoto. Ed in questa direzione vanno anche i bandi di Erasmus 2020, finanziamenti europei sullo sport che potrebbero interessare tante associazioni e società a livello locale.

Per i grandi eventi invece la strada che potrebbe essere scelta è quella della Iso 20121, una certificazione di sostenibilità ad esempio adottata per i mondiali di canottaggio under 23 a Pavia. Per i Giochi Olimpici di Londra 2012 c'è stata una commissione indipendente che doveva valutare il comitato organizzativo sulla sua attenzione verso gli aspetti sociali ed ha fatto uscire una pubblicazione “From vision to reality”.