Society | Tagebuch aus Alpbach
La diversità delle esperienze

Foto: EFA/Matteo Vegetti
Con oggi, sono dodici giorni che sono ad Alpbach e posso ormai confermare la sensazione che avevo nei primi giorni: questo forum è completamente diverso da quello che immaginavo. Nonostante avessi letto a fondo il programma, avessi studiato gli speaker e avessi chiesto a partecipanti delle precedenti edizioni, una volta arrivata sono rimasta completamente sorpresa, nel bene e nel male. Ho quindi pensato di usare questa edizione del diario per raccogliere tre consigli per futuri partecipanti. Sono spunti personali, in cui non tutti necessariamente si ritroveranno, ma che possono aiutare a vivere al meglio il forum, mantenendo uno spirito critico ma senza farsi limitare da esso.
Consiglio numero 1: evita i palchi grandi, vai in cerca degli eventi più piccoli.
Il programma del forum è uno dei più ricchi che io abbia mai visto ad una conferenza internazionale. Viene creato dal board di EFA in collaborazione con i vari club, che da anni partecipano attivamente nella costruzione dell’evento, provando ad ampliare la diversità degli interventi. (Oggi ad esempio c’è stato l’Alpbach Pride, alla sua seconda edizione grazie ai club che si sono attivati negli scorsi anni per inserirlo nel programma generale). I panel sono organizzati in diversi luoghi: nelle sale del centro congressi di Alpbach, negli spazi esterni, nei locali e hotel del paese, oppure nelle malghe attorno. Ci sono quindi diversi formati che vanno dall’incontro più classico, con grandi numeri e minori interazioni con il pubblico, all’escursione in montagna con piccoli gruppi e un dialogo più diretto con i vari speaker, ai workshop interattivi. A questo si aggiunge la possibilità, specialmente durante la seconda settimana, di organizzare delle fireside chat, delle discussioni fuori programma organizzate da partecipanti o club assieme agli speaker che sono più piaciuti. Il mio consiglio spassionato è quindi quello di andare a ricercare momenti più ristretti, lontani dall’enorme Herz-Kremenak-Saal.
Una precisazione: i panel più grandi non hanno nulla di sbagliato in sé, ma la sensazione, dopo questi giorni, è che quelli siano momenti in cui il forum finisce per ricalcare maggiormente alcuni aspetti problematici della nostra società. Gli esperti sul palco sono quasi tutti uomini, vecchi e bianchi. Lo spazio per un ascolto vero e reale dei più giovani è molto limitato. Il tempo per una pluralità di voci e un dialogo spontaneo e non dettato da discorsi già scritti non solo è quasi sempre insufficiente, ma viene assorbito dal bisogno di protagonismo dei vari attori sul palco.
Gli esperti sul palco sono quasi tutti uomini, vecchi e bianchi.
E purtroppo anche i temi, in questi momenti frontali e allargati, finiscono per essere trattati in maniera poco – o per niente – controversa. In tutti questi giorni, oltretutto, non mi è mai capitato di sentire parlare, su quel palco, di rifugiati, di rider, di stage non pagati, di disuguaglianze di genere e di classe, di rotta balcanica, di povertà giovanile o di sistema pensionistico. Nei momenti più ristretti invece, grazie alla possibilità di sperimentare nelle modalità e tra gli speaker, il dialogo è diventato sempre, dal mio punto di vista, molto più interessante.
Consiglio numero 2: evita le cose che sai già.
Che sia nella scelta dei seminari o delle discussioni da seguire, il mio consiglio è quello di provare a sperimentare campi nuovi. La bellezza di questo forum nasce soprattutto dalla diversità delle esperienze, conoscenze e identità delle persone che vi partecipano. Questo rende perciò possibile venire a contatto con temi e discussioni che difficilmente nei nostri ambienti, amicali o lavorativi, possiamo ottenere. E non solo le discussioni diventano più variegate nei temi, ma anche nelle diverse opinioni che vengono messe sul tavolo. Qui viene quindi un altro consiglio implicito: non avere paura di dire cose sbagliate. Una delle cose che sto maggiormente apprezzando di questo forum è la caratteristica di comunità educante. Qui c’è la possibilità di imparare cose nuove – e soprattutto l’opportunità di lavorare sulla decostruzione personale degli stereotipi interni – grazie a persone che ci raccontano o ci correggono. Stando qua si scopre che ci sono così tante cose che non sappiamo che si torna con ancora più voglia di leggere, ricercare e informarsi.
Consiglio numero 3: studia gli speaker, fai domande scomode.
A questo forum c’è la possibilità di incontrare tantissimi speaker di fama internazionale. Ci si può ritrovare a colazione con premi Nobel o a pochi passi da ministri e famosi attivisti. Se da un lato si tratta di un’opportunità unica per discutere direttamente con persone incredibili, dall’altra questo crea il rischio di rendere il dibattito meno critico. Davanti a queste figure, specie se le si conosce e li si ammira – e soprattutto se le si vorrebbe incontrare nuovamente in futuro, magari per ragioni professionali – il rischio è quello di andare semplicemente alla ricerca della loro approvazione. Il consiglio, anche in questo caso, è di studiare e approfondire le persone che si incontreranno, per essere in grado di porre anche domande più scomode e complesse.
Davanti a queste figure, specie se le si conosce e li si ammira – e soprattutto se le si vorrebbe incontrare nuovamente in futuro, magari per ragioni professionali – il rischio è quello di andare semplicemente alla ricerca della loro approvazione.
Detto questo, la cosa importante da tenere a mente è il fatto che il forum è un’esperienza tanto unica quanto personale. Ognuno proverà e sentirà cose diverse e quindi non si può più di tanto generalizzare. In questi giorni però ho avuto la conferma del fatto che i giovani presenti ad EFA non partecipano semplicemente per ascoltare o formarsi, ma soprattutto per portare le loro esperienze, i loro studi, la loro professionalità. E questo perché non siamo solo la nostra età, – così come non basta essere giovani per voler cambiare le cose. Quindi, qualunque sia la maniera con cui ciascuno deciderà di partecipare al forum, ciò che conta, almeno per me, è riuscire a creare una nuova narrazione, propria e collettiva, del perché siamo qui, a lavorare per una nuova Europa.
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