Economy | Energia

Cogenerazione da biomassa: quale futuro?

Un convegno di Unibz in questi giorni fa il punto su questa tecnologia e sulle strategie economiche che nel futuro la possono rendere più sostenibile.
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Foto: unibz

μCHP 16 micro cogeneration through biomass gasification”. Questo è il titolo del convegno organizzato dal prof. Marco Baratieri, responsabile del laboratorio Bioenergy & Biofuels e docente di Fisica Tecnica Industriale alla Facoltà di Scienze e Tecnologie. Al convegno in programma all’Università di Bolzano il 2 e il 3 dicembre 2016 partecipano alcuni dei maggiori esperti nazionali e internazionali del settore. Al prof. Baratieri abbiamo chiesto di spiegarci qual è l’attuale stato dell’arte di questa tecnologia per la produzione di energia, sia elettrica e termica

Prof. Baratieri, quasi sono le novità in merito che vengono analizzate durante il convegno? 
Marco Baratieri - Rispetto alla tecnologia della gassificazione da biomassa andremo a toccare soprattutto quelli che sono al momento gli elementi critici del sistema. In questo periodo infatti in Europa la produzione di colore ed energia elettrica da questa fonte sta un po’ soffrendo. Questo perché gli incentivi nazionali che sostengono la vendita dell’energia elettrica da fonti rinnovabili sono diminuiti molto. In molti paesi sono stati addirittura eliminati. In Italia in realtà stanno resistendo un po’ e in particolare l’Alto Adige in questo senso è stato molto ricettivo. In provincia di Bolzano negli ultimi anni sono nati circa 40 impianti e questo sicuramente è un caso unico in Italia. 

Quali sono gli elementi nello specifico critici che vengono sottoposti ad esame durante il convegno?
Sostanzialmente concentriamo l’attenzione su quelle che al momento sono le concrete prospettive future di sviluppo per il settore. Gli incentivi in Italia cominceranno a diminuire perché di fatto sono come le rotelle della bicicletta per i più piccoli. Ad un certo punto devono essere tolte e il bimbo deve essere in grado di stare in equilibrio. La questione ora è allora quella di cercare quali sono gli elementi che potrebbero far sopravvivere questo tipo di tecnologia una volta esaurita l’epoca degli incentivi. 

 

In ottica futura quali sono gli elementi chiave da considerare?
Prima di tutto la scala piccola. Funzionano bene gli impianti che effettuano una produzione decentralizzata sul territorio. E il nostro convegno è proprio focalizzato sulle tecnologie di piccola scala e cioè qualche decina di edifici con micro reti per il riscaldamento. Al momento ragioniamo su impianti da 200 chilowatt, ma aumentando la scala si potrebbe pensare di servire anche piccoli paesi fino ad un migliaio di abitanti. 

In Alto Adige ci sono già dei progetti pilota in questo senso?
I 40 impianti autorizzati si reggono in parte sulla vendita di energia elettrica ed incentivi. La sfida è quella di capire come si può riuscire a rendere questi impianti autonomi dal punto di vista del business plan. 
Metà del nostro convegno è poi dedicata in particolare ai sottoprodotti della tecnologia utilizzata. Come ad esempio la carbonella che si produce a fine processo che al momento è un residuo. All’università di Bolzano ma non solo da noi si stanno facendo in questa fase diversi studi per cercare di capire come si può riutilizzare questa carbonella, trasformandola da rifiuto a prodotto. L’idea è quella di sensibilizzare sia a livello di ricercatori ed accademici che di progettisti e impiantisti. 

Lei ha parlato di gruppi di edifici e piccoli paesi. Queste tecnologie sarebbero applicabili anche in agricoltura, magari dai consorzi che già esistono in Alto Adige?
Senz’altro. Esistono già degli esempi di impianti di teleriscaldamento che nascono da consorzi, non solo di cittadini ma anche agricoli. In sostanza dove in agricoltura esistono scarti, lì è presente anche una risorsa. Per ora siccome l’Alto Adige è ricco di materia prima che proviene dai boschi è lì che ci si sta soffermando. Ma in realtà in futuro anche i residui agricoli ad esempio dalla potature potrebbero essere valorizzati. 

 

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale quali sono le prospettive legate a queste tecnologie?
La carbonella viene anche denominata bio char. E viene candidata come possibile ammendante nei terreni agricoli, (ovvero un fertilizzante che migliora le caratteristiche fisiche del suolo ndr). Se ne parla a livello globale e durante il convegno analizziamo le criticità di questa prospettiva. Come i problemi legati alla tossicità del materiale e agli inquinanti. Cercando di andare in questa tematica. L’idea è quella di chiudere il cerchio: il consorzio agricolo si dota di un impianto il cui sottoprodotto in realtà è una risorsa per la coltivazione. Su questa tematica abbiamo progetti attivi in università, presso la facoltà di Scienze e Tecnologia. La Provincia di Bolzano ha predisposto degli appositi finanziamenti in merito perché ritiene questa una tematica sensibile.