Environment | Clima

“Un accordo al ribasso”

La discussa COP29 di Baku si è chiusa senza cambiamenti significativi nella lotta per il clima, sostiene l'attivista e collaboratrice di EURAC Viola Ducati.
Cop29
Foto: privat
  • Ad una settimana dalla conclusione della Conferenza delle Parti (Cop29),  tenutasi a Baku, in Azerbaigian, continua a far discutere l’accordo raggiunto tra i vari paesi. La più importante conferenza annuale per il contrasto al cambiamento climatico si è chiusa con un compromesso al ribasso, molto lontano dalle richieste dei paesi del global south, decisi, ormai da anni, nel chiedere un maggiore impegno, soprattutto finanziario, alle nazioni sviluppate. I 300 miliardi trovati nell’accordo scontentano di molto i paesi più poveri, che ritengono tale cifra del tutto inadeguata a far fronte alle continue emergenze e agli interventi strutturali necessari per contrastare gli effetti del riscaldamento globale, ma nella discussa ventinovesima edizione della Cop, dedicata proprio alla finanza climatica, molti sono stati i segnali di generale pessimismo, dall’elezione di Donald Trump al discorso di apertura della presidenza azera…ne parliamo con l’attivista e collaboratrice di EURAC, Viola Ducati, presente a Baku per seguire le negoziazioni. 

    SALTO: La Cop di quest’anno sembra essere stata l’ennesima occasione mancata, a partire dalla decisione di ospitare l’evento a Baku? 

    Viola Ducati: Le iniziali perplessità sulla scelta dell’Azerbaigian si sono dimostrate subito degne di fondamento, la presidenza azera si è presto qualificata come una leadership aggressiva ed arrogante, poco incline agli accordi e alla mediazione. Il tutto in un clima molto repressivo, con ampie restrizioni per i partecipanti e una forte presenza di polizia.

  • L'attivista Viola Ducati: "Nonostante l’anno scorso gli spazi fossero ridotti e la società civile fosse stata ampiamente esclusa, in questa edizione la partecipazione è stata ulteriormente ristretta". Foto: privat

    Un passo indietro anche rispetto alla COP28 del 2023 a Dubai? 

    Nonostante l’anno scorso gli spazi fossero ridotti e la società civile fosse stata ampiamente esclusa, in questa edizione la partecipazione è stata ulteriormente ristretta, riconducendo tutti in spazi chiusi e angusti, non permettendo di fare la consueta marcia per il clima e cercando di isolare e frammentare le azioni di protesta. 

    Eppure questa COP era attesa, soprattutto per il tema dei fondi? 

    L’argomento principale della COP è stata proprio la finanza climatica e la ridefinizione di flussi finanziari dai paesi sviluppati verso il global south. I paesi più poveri avevano chiesto aiuti nell’ordine dei trilioni, mentre l’accordo trovato prevede che circa 300 miliardi  vengano versati ogni anno sotto forma di contributi o prestiti con bassi interessi, un accordo al ribasso e insufficiente a detta di tutti i paesi che più soffrono il cambiamento climatico. Difficilmente, però, si può sperare in un aumento delle risorse, considerando gli ultimi sviluppi politici mondiali e le difficoltà che i paesi sviluppati hanno sul fronte interno; inoltre, dobbiamo ricordare che, per ora, l’unico obiettivo veramente raggiunto è stato quello dei 100 miliardi annui. 

    La recente elezione di Trump alla Casa Bianca ha influito sui negoziati? 

    Le politiche di Trump, considerando anche il primo mandato, sono di allontanamento dagli accordi e dagli impegni mondiali assunti dagli USA, questo si traduce in meno fondi e un profilo molto più basso e meno attivo degli Stati Uniti anche tra le fila delle organizzazioni ONU. Questo potrebbe favorire il ruolo della Cina, protagonista di un forte dibattito, poiché, nonostante sia ormai la nazione più inquinante al mondo a livello di emissioni assolute, nelle statistiche ONU è considerata ancora come un paese in via di sviluppo, classificazione che rende meno gravosi i suoi obblighi. 

     

    Le Alpi però non sono state quasi per niente rappresentate

     

    L’Italia ha giocato un ruolo importante in questa COP? 

    La squadra di negoziatori, composta soprattutto da tecnici, si è rivelata molto preparata, mentre la parte politica non ha saputo dimostrare la stessa capacità ed influenza. Al contrario, ha dato sfoggio di una certa incoerenza di fondo, vista anche l’amplissima presenza di aziende italiane dell’energia fossile e la sponsorizzazione del Piano Mattei, definito un piano di pace, che, però, ospita al suo interno molte contraddizioni, come denunciano spesso le organizzazioni del global south, le quali si vedono proporre finanziamenti solamente verso aree o progetti in maniera unilaterale, senza una vera possibilità di discussione su problematiche, territori e popolazioni.

  • Viola Ducati, in camicia azzurra nella foto: "A Baku l’Italia era il secondo paese per numero di lobbisti, ma questo è dovuto principalmente ai partenariati che le aziende italiane intrattengono con l’Azerbaigian". Foto: privat

    In molti hanno denunciato la presenza dei lobbisti dei combustibili fossili…

    A Baku l’Italia era il secondo paese per numero di lobbisti, ma questo è dovuto principalmente ai partenariati che le aziende italiane intrattengono con l’Azerbaigian, uno dei più grandi paesi esportatori di gas e petrolio. E proprio tali esportazioni sono stati al centro di una visione molto morbida sull’abbandono dell’energia fossile e degli allevamenti intensivi, ci sono state, infatti, molte discussioni sull’importanza di promuovere le tecnologie e molto poche, invece, sulla necessità di fare delle rinunce, per sostenere anche metodi alternativi di produzione, come nel caso dell’agricoltura. 

    Il tema della montagna ha avuto uno suo spazio? 

    A differenza della COP28 la montagna è diventata oggetto di diversi panel: anche grazie all’azione dei paesi delle catene asiatiche, come Nepal, Buthan e Pakistan si è parlato di scioglimento dei ghiacciai, di risorse idriche e di sicurezza dei territori…le Alpi però non sono state quasi per niente rappresentate, una mancanza molto grave se pensiamo che si tratta dell’area montana abitata più grande al mondo. 

     

    Il Piano Mattei, definito un piano di pace, ospita però al suo interno molte contraddizioni

     

    Il deludente accordo raggiunto ha lasciato molta aspettativa per la prossima COP, che si svolgerà in Brasile? 

    Dop 3 COP consecutive organizzate da paesi esportatori di petrolio per i petrolieri, la scelta del Brasile sta generando molta attesa, anche riguardo alle possibilità per la società civile, più libera di dar voce alle proprie proteste e proposte in un paese in cui non vige un regime repressivo come quello di Baku, Dubai o Sharm El-Sheikh. I piani al ribasso di questo accordo rischiano, però, di rovinare la conferenza del 2025, viste le conseguenti difficoltà nel darsi degli obiettivi raggiungibili. 

    Le COP hanno quindi perso la loro utilità? 

    E’ una domanda che ci si pone spesso, ma si deve anche dire che non ci sono altri strumenti oltre a questi importanti spazi di confronto in cui ogni paese ha lo stesso peso, in cui è possibile partecipare ad un processo negoziale e stringere alleanze, anche per realtà che non possono facilmente accedere ad altri tavoli. Rimane, però, la questione principale della natura non coercitiva e della mancanza di sanzioni per gli accordi non rispettati e per gli obiettivi non  raggiunti: un passo fondamentale per accrescerne l’efficacia.  

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Josef Fulterer Tue, 12/03/2024 - 08:11

"IM LETTN der Süd-spanischen Provinzen," wären die noblen abgehobenen Teilnehmer der KLIMA-KONFERENZ "zu anderen ERGEBNISSEN gekommen, als im voll-klimatisierten Bacu!"

Tue, 12/03/2024 - 08:11 Permalink