A perdere. Un gioco senza amore

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Partire da ragazza da Milano, che la si ami o la si odi, capitale dai mille tentacoli, città dei tanti record, un conglomerato di opportunità e di fascino, che l’autrice Alessandra Limetti ha vissuto da casa propria, poi arrivare in Alto Adige, alle Dolomiti, presa da una nuova vita, sorpresa dall’incanto della montagna, compresa di desideri, di passioni, di sentimenti, di tragedia che ha saputo esprimere con la penna nel suo primo libro “A perdere, Un gioco senza amore”, alla ricerca forse di un’armonia assoluta.
Dopo avere ammirato la copertina permeata di tonalità verde giada, che ritrae una giovane donna a là Hopper seduta sola ad un tavolo di un bar mentre guarda “fuori”, in attesa, il lettore s’imbatte nell’articolata introduzione del libro dell’attrice, vocologa, docente, scrittrice, milanese di nascita ma altoatesina d’adozione Alessandra Limetti “A perdere. Un gioco senza amore” edito dalla Casa Editrice Athesia, 2023. Il libro, che si è trasformato anche in un interessante testo drammaturgico messo in scena dal Teatro Stabile di Bolzano, ha già ottenuto alcuni riconoscimenti importanti, fra cui il premio Ginevra allo Switzerland International Literary Prize, il primo premio alla VII edizione del Premio Mondoscrittura Città di Ciampino e selezionato alla Biennale di Sondrio per la sezione letteratura.
L’introduzione è scomposta in sotto-introduzioni che immettono una dopo l’altra, come quadri di una esposizione, nell’atmosfera del libro e che servono da invito al lettore. Subito in terza pagina la dichiarazione dell’autrice che l’opera è da considerarsi di fantasia, pur tratta da storie vere; a seguire la dedica “A mia madre”. In premessa il testo originale francese della canzone di Edith Piaf composta da Norbert Glanzberg e Henri Contet “Padam Padam”, termine onomatopeico che riecheggia il battito del cuore con il significato di “tutto e niente”; segue l’indice e poi un’introduzione di tre pagine dell’autrice. Proseguendo, il testo della poesia della poetessa russa perseguitata dal regime stalinista Anna Achmatova “Lo stormo bianco”. Prima dell’avvio del primo capitolo un’altra nota, struggente, dell’autrice, a metà strada fra la dedica e la confessione, come se in qualche modo l’autrice volesse sì farci entrare in medias res ma anche, da subito, anticipare il suo ruolo, quello di vittima, mescolando in poche righe la propria giovinezza, gli studi faticosi appena terminati, un originario clima di agiatezza economica che si spezzerà, l’innamoramento e il primo assegno consegnato al proprio innamorato all’età di venticinque anni, per amore, appunto.
Alessandra Limetti lascia il lettore con un ultimo messaggio, una speranza di rinascita
Il libro narra diversi episodi della vita di coppia e famigliare di un giocatore d’azzardo, in cui la protagonista-donna-moglie-madre lotta con tutte le forze per fronteggiare e soddisfare le continue richieste di denaro del marito, rapacizzato da una forma grave di ludopatia, ora risparmiando su tutto, ora privandosi di oggetti cari, di famiglia, ora inventandosi nuovi primi, secondi e terzi lavori. Si mischiano i sentimenti, l’amore coniugale con i suoi diritti e i suoi doveri, il senso di protezione materna, il dramma del non sapere e quello dell’inanità, la disistima di sé, l’angosciante sorpresa della donna, per anni ignara della condizione di dipendenza da gioco d’azzardo del marito. Si sente lo sfogo dell’urlo di rabbia per il tradimento della fiducia, per le continue menzogne. Si tocca lo sforzo del mettersi in discussione della protagonista, di sopportare, per tentare di ricucire, di rimediare. L’autrice intervalla i capitoli con documentati frammenti di studi, di ricerche sul gioco d’azzardo. Il libro viene così arricchito da questi apporti scientifici, trasformandosi in un genere letterario intermedio, originale. Attraverso una prosa scorrevole il lettore esplora il vissuto della protagonista, ne segue lo stesso percorso, tratto dopo tratto, pagina dopo pagina. Immagina se stesso invisibile accompagnare la donna, soffrire con lei per le sue miserie, condividere la fatica di allevare i figli da sola, partecipare alla vendita dell’appartamento della madre della protagonista per appianare i debiti da gioco, assistere alla sua necessità di dire bugie a figli e conoscenti per nascondere una verità scottante, provare con lei la vergogna al supermercato perché il bancomat rifiuta i pagamenti, e poi vi sono momenti in cui il lettore riesce a rallegrarsi con lei per i rari successi, quando ci sono, e ne è appagato.
La scoperta degli ammanchi di denaro sul conto corrente della protagonista gestito dall’uomo arriva nel capitolo 7 dal titolo Un gioco privo di amore con la confessione resa dall’uomo: “Ho un vizio non bello”. “Gioco”. “Gioco: una parola bella, sporcata per sempre”. Lo stupore misto a sopraffazione che affronta la protagonista al disvelarsi del lato oscuro dell’uomo.
Nel capitolo 23 intitolato Venirne fuori in cui avviene la svolta, un kairos: “Alzo gli occhi. La persona davanti a me mi porge un fazzoletto e un brandello di empatia…La guardo, mi guarda. Un lampo di comprensione. La marea si è ritirata. Ce la posso fare… Forse non da sole, ma se ne esce vive. Se ne esce” segna l’epilogo del cammino dell’autrice e il lettore tira un sospiro di sollievo.
Il gioco d’azzardo viene descritto come il centro della vita dell’uomo, l’unico possibile della sua esistenza, secondo il giocatore, un valore dal potere salvifico. Tutto il resto, il rapporto con la moglie, con la famiglia, con i figli, le amicizie, le prospettive di lavoro, di carriera divengono marginali, periferici, anzi nocivi, un peso. Più che vincere conta giocare, come per l’Aleksej Ivanovic dostoevskiano (in nota: “La roulette è l’unica via di scampo, la sola salvezza” Fjodor Dostoevskj, Il Giocatore, Newton Compton Editori, XIII ed., 20219, Cap. III pag. 39).
A pagina 129, un’illustrazione dell’artista Graziana Pizzini “Oscurità” (tecnica mista su tela) quale interpretazione artistica su suggestione del libro di Alessandra Limetti, congeda il lettore con un afflato artistico, così come lo ha introdotto nell’incipit del volume.
La ricca postfazione è affidata a Paolo Belletati, psicologo e psicoterapeuta, che si occupa da anni di clinica dell’azzardo, che ci offre uno spaccato fatto di cifre, statistiche, analisi, diagnosi, terapie, che informano sulle reali dimensioni del fenomeno. Le ricerche rivelano che accanto al singolo individuo dipendente da gioco d’azzardo, una psicopatologia che colpisce lo 0,8% e il 1,4% della popolazione adulta, vi sono tra e 7 e le 10 persone perlopiù familiari, ma anche colleghi di lavoro, parenti, amici che condividono le conseguenze psicologiche ed economiche della malattia, coinvolgendo così il 10% della popolazione adulta.
Alessandra Limetti lascia il lettore con un ultimo messaggio, una speranza di rinascita, attraverso l’aiuto dell’Altro, delle Altre, degli Altri che nei Ringraziamenti di pagina 142 e 143 sono numerosi. L’approdo del libro è dunque la gratitudine. I riconoscimenti espressi dall’autrice nei confronti di amiche e amici simboleggiano perfettamente lo spirito che abita l’autrice nel finale della narrazione, che qui si racchiude nel motto latino: “Amicitia semper prodest, (amor aliquando etiam nocet)” * in nota Seneca. Epistulae ad Lucilium. Paragrafo 35, Libro 4. -
Un "articolo ospite" della rivista "Il Cristallo" / A perdere. Un gioco senza amore di Alessandra Limetti, Ed. Athesia, 2023, pp. 143