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Ogni genitore dovrebbe sapere che…

Incontro informativo a Bolzano sul tema della violenza digitale sui minori. “Diamo ai nostri figli gli strumenti per difendersi”.

Se si dovesse individuare una parola sola come leitmotiv della serata informativa “Minori e violenza digitale” tenutasi ieri - 3 febbraio - nella Sala di rappresentanza del comune di Bolzano, quella parola sarebbe probabilmente “responsabilità”. Responsabilità nell’agire sulla formazione digitale dei minori; responsabilità nel vigilare assennatamente (e cioè in maniera apparentemente indiretta) sui propri figli, esploratori solitari del web; responsabilità nel fornire gli strumenti necessari per gestire un mezzo che ha numerose potenzialità e altrettanti rischi, responsabilità di costruire un dialogo educativo efficace.

Declinazioni diverse di uno stesso concetto eppure tutte appropriate, specie dal momento che tematiche come il sopruso digitale nei confronti dei minori “non sono state ancora del tutto codificate”, come ha sottolineato Fulvio Coslovi, segretario provinciale del Coisp (il sindacato di polizia), uno dei relatori della serata, moderata da Marina Bruccoleri dell’associazione Il Germoglio/La Strada-Der Weg. “Parole come ‘revenge porn’ o ‘cyberbullismo’ – ha detto Coslovi – non sono ancora decifrabili da tutti, il guaio è che le mura domestiche sono state ormai dematerializzate da internet e quando questo diventa strumento di adescamento e violenza, oltre alle persone offese, anche chi si occupa di indagare su questi fatti spesso ne risente riportando quelle che in gergo chiamiamo ‘cicatrici operative’”.

C’è bisogno di un lavoro di prevenzione costante – ha poi aggiunto l’assessore alle Politiche Sociali e ai Giovani Mauro Randi –, una collaborazione fra i genitori e le persone che possono fornire gli strumenti necessari per reagire e combattere questo fenomeno”. Giuseppe Tricarico, dirigente della squadra mobile della questura di Bolzano, ha successivamente evidenziato come spesso proprio il web sia la piattaforma preferita dai “predatori sessuali che mirano a carpire la fiducia delle vittime e quindi a soddisfare i loro più bassi istinti”. Il 40% dei minori fra i 9 e i 12 anni, ha spiegato Tricarico, possiede un profilo Facebook, e un altro dato è opportuno tenere a mente: non sempre l’adescatore è uno sconosciuto ma una “persona vicina al minore che utilizza lo strumento della rete per blandire la sua vittima al fine di ottenere un rapporto di natura sessuale”.

Due novità legislative, tuttavia, sembrano contrastare finalmente il fenomeno: la prima è che la legge ora consente di punire gli adescatori, “sembra paradossale – ha continuato il dirigente della squadra mobile – ma fino al 2012 non era punibile il mero adescamento”; e l'altra è esplicata dall’articolo 602 quater del codice penale, e cioè “quando i delitti previsti dalla presente sezione sono commessi in danno di un minore degli anni diciotto, il colpevole non può invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età della persona offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile”.

A fronte delle circa 500 denunce penali che ogni anno riceve la procura minorile per i reati commessi da ragazzi che non hanno ancora raggiunto la maggiore età, ha affermato un'altra relatrice, Antonella Fava, Procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni di Bolzano, sono quasi il triplo invece le segnalazioni che riguardano situazioni di pregiudizio o di disagio minorile (riferito a una fascia di età che va da 0 a 18). “Molti genitori – ha detto il procuratore – spesso chiudono un occhio rispetto al fatto che i propri figli sotto i 13 anni abbiano un profilo Facebook, pur sapendo che è uno strumento potenzialmente pericoloso, così come anche Whatsapp o i classici giochi che crediamo innocui ma che sono comunque collegati a una rete globale da cui possono arrivare messaggi i cui contenuti non sono sempre adatti ai minori. Invito i genitori a informarsi di più, anche se mi rendo conto che non è facile perché i nostri figli in quanto a strumenti informatici sono notoriamente più avanti di noi”.

A chiudere la serata il prof. Giuseppe Maiolo (Il Germoglio), psicanalista, che ha illustrato da un punto di vista sociologico e psicologico gli effetti del web sui minori partendo da due categorizzazioni necessarie: i cosiddetti nativi digitali (i nati nel momento della massima diffusione di internet e cioè dal 1993 in poi) da una parte e i migranti digitali (gli adulti, per intenderci) dall’altra e della loro difficile interazione. “I minori – ha avvertito Maiolo – devono essere in grado di riconoscere il pericolo e per farlo occorre unire le risorse e le forze, perché il problema della violenza digitale purtroppo è destinato a crescere in maniera esponenziale e abbiamo ancora pochi strumenti per intervenire e per curare”.