Chronicle | Frana di Eberle

Quella cava dimenticata

Un mese fa la frana che ha distrutto l’hotel Eberle. La stessa parete rocciosa, nella prima metà del Novecento, ospitava una cava di porfido. Una ricostruzione storica.
La frana dell'Hotel Eberle
Foto: Gilberto Cavalli

È il pomeriggio del 5 gennaio, da pochi giorni Bolzano è ricoperta di neve, quando sopra all’Hotel Eberle si distacca una frana di proporzioni gigantesche che travolge l’ala ovest dell’albergo, nella parte finale della passeggiata di Sant’Osvaldo. Il distacco, spaventoso, è di 2-3mila metri cubi di materiale. Per fortuna non ci sono né morti né feriti: l’hotel è chiuso causa Covid e la famiglia dei proprietari riesce per miracolo a mettersi in salvo. I media rilanciano la notizia, le immagini della frana fanno il giro dell’Italia, e sui social impazzano le speculazioni sull’accaduto. Un ricercatore toscano di scienze geologiche posta un’immagine tridimensionale dell’Eberle tratta da Google Earth: “La morsicatura a forma di ‘m’ dietro all’albergo è sospetta” scrivono alcuni colleghi nei commenti. “Per me sono vecchie cave. Non ci sono evidenti tracce di scavo, ma la morfologia di quelle due nicchie è molto diversa rispetto al versante circostante” aggiunge uno di loro.

Il geologo della Provincia Volkmar Mair, ai microfoni di Stol, interrogato sulle caratteristiche del pendio conferma l’ipotesi: “Wir sehen hier eine Felswand (…) die früher als Steinbruch genutzt wird”. Eppure, nessuno a Bolzano ricorda l’esistenza di una cava a Santa Maddalena. A che periodo risale? Perché si trovava proprio in quel punto, sopra ai vigneti tra i più pregiati dell’Alto Adige? Proviamo a dare una risposta a queste domande, affidandoci ai documenti storici.

1906/7: La costruzione del trenino del Renon

Andiamo indietro nel tempo, a prima della fondazione dell’Eberle come “café Lintner” nel 1938. È una specie di caccia al tesoro: difficile trovare documenti dell’epoca che “registrino” la presenza di una cava di porfido. I piani regolatori erano meno dettagliati di quelli odierni, e gli storici hanno materiale limitato a disposizione. Vari indizi fanno una prova? Di certo le ipotesi sono varie.

 

Secondo un esperto contattato da Salto.bz, lo scavo in quel punto corrisponderebbe a una cava per la pietra da opera – ovvero muraglioni e rampe – della ferrovia del Renon, costruita nel 1906/7. Prima della funivia, il trenino che oggi unisce Collalbo a Soprabolzano/Maria Himmelfahrt scendeva sino a Bolzano. I resti del viadotto dismesso tra Rencio e Santa Maddalena si vedono ancora oggi. E nelle foto d’epoca del cantiere della cremagliera, si scorge la cava. Anche un articolo della Bozner Zeitung del 1911 riporta un commento sulla “St. Magdalena-Steinbruch” giudicato come un “pugno nell’occhio” nel paesaggio cittadino.

 

1933/1937: La passeggiata e una denuncia per “estrazione illecita”

Interpellato da Salto.bz, a proposito della cava a Eberle lo storico Hannes Obermair afferma di sapere della sua esistenza, ma senza particolari nozioni da condividere. A parte una: “Collegavo la cava, in una sua fase più avanzata, ma forse erroneamente, al completamento della Oswaldpromenade verso l’Eberle nel 1937, grazie al lascito di Karl Ritter von Müller”, con cui negli anni trenta furono finanziate varie opere pubbliche. Un’altra ipotesi è infatti che lo scavo sia servito (anche) per realizzare il prolungamento della passeggiata di Sant’Osvaldo verso est, avvenuto durante il regime fascista. La “Promenade Francesco Petrarca” inaugurata nel 1937 collegava Santa Maddalena alla passeggiata panoramica realizzata nei primi del Novecento sopra Dodiciville. Un anno dopo, il 2 ottobre 1938, verrà inaugurato il café Lintner.

 

Ma che su quel pendio, e in quel periodo, si estraesse porfido lo attesta anche un documento di qualche anno prima, conservato all’Archivio provinciale di Bolzano, tra gli atti degli enti minerari: “Porphyr: St. Magdalena/G. Bozen („Plonerhof“, Besitzer: Gregorio Pals), Anzeige von Francesco Lintner, Besitzer des Eberlehofs, wegen wildem Porphyrabbau, 1933”. Si tratta di una denuncia inviata all’Ufficio minerario di Trento che porta la firma di Franz Lintner, l’Eberle-Vater, colui che con la sorella Erna Lintner (nonna degli attuali proprietari) diede vita al café Lintner e poi all'albergo Eberle sulle passeggiate di Sant’Osvaldo:

Al di sopra dei vigneti del ricorrente è sita una particella boschiva con rocce di porfido di proprietà di Gregorio Pals, maso Ploner in S. Maddalena; questo Pals ultimamente cominciava a rompere i sassi del suo bosco, rivendendoli a diversi architetti della città. Però la particella (…) è talmente erta e ripida, che la maggior parte del materiale cade minacciando così gravemente i terreni del sottoscritto. (…) Poche notti fa cascò da quella cava illecita un sasso di per lo meno 3 metri cubi, e solo per caso fortuito si fermò qualche metro sopra (...); se questa fortuna non ci fosse stata, può figurarsi le conseguenze derivanti da quel mostro.

Le particelle catastali citate nella denuncia – la numero 520 e 521 – sono esattamente quelle boschive al di sopra dell’attuale hotel Eberle. 

1960: Tra giovani ladri e vicini cavatori

Per ritrovare una traccia documentale della cava, facciamo un salto in avanti di quasi trent’anni. Fascismo e conflitto mondiale sono ancora un ricordo molto fresco, ma con il dopoguerra anche in Sudtirolo si creano le basi per un nuovo benessere. Il caffè riapre nel 1945, diventa il punto di ritrovo di passeggiate ed eventi della piccola comunità di Santa Maddalena. E fa da sfondo pure a piccoli inconvenienti: il Dolomiten dell’11 febbraio 1960 dà notizia di un furto al Café Lintner. I giovani ladri sono "colti in flagrante dal proprietario" Karl Zisser (marito di Erna) che in quel momento si trova coi cavatori nella cava a fianco dell'albergo:

I giovani ladri hanno rotto la porta e poi sono scappati con i dolci e le bottiglie di liquore nel bar. A causa delle bevande alcoliche, gli ospiti non invitati sono entrati presto in uno stato d'animo allegro, trascurarando tutte le precauzioni. Il proprietario del locale, il signor Zisser, si stava recando alla vicina cava, dove alcuni operai stavano lavorando per spostare dei blocchi di pietra, quando improvvisamente si è accorto dell'intrusione nel locale. Gli intrusi sono stati trattenuti fino all'arrivo della polizia, che nel frattempo era stata informata, e infine portati via. I tre ragazzi, che hanno tra i 16 e i 18 anni, dovranno rispondere a un tribunale minorile.

 

Il resto è storia recente. Nello stesso anno avvengono i primi lavori di ristrutturazione che portano alla nascita del Gasthaus Eberle, riaperto nel novembre 1960. Nei primi anni duemila, invece, l'ampliamento più recente con la realizzazione dell'ala ovest ora distrutta dalla frana. Dopo un passato glorioso, il futuro resta un interrogativo: da curiosità per storici e appassionati, le vicende dell'Eberle passano a essere materia per geologi e geologhe, cui spetterà l'ultima parola sul pendio dove un tempo si estraeva il porfido.